Da Genova a Barcellona, i portuali vogliono bloccare l’invio di armi a Israele

I portuali italiani e non solo stanno alzando la voce contro l’esportazione di armi a Israele. Tra scioperi, presidi e blocco delle navi.

  • Il Collettivo autonomo lavoratori portuali ha indetto un presidio nel porto di Genova per bloccare le esportazioni di armi verso Israele.
  • Casi simili ci sono già stati in questi giorni in Spagna, Belgio e Stati Uniti.
  • Nel 2022 Israele ha ricevuto armi italiane per circa 9,3 milioni di euro.

La guerra tra Israele e Hamas è entrata anche nei porti italiani e internazionali. Da giorni i sindacati italiani legati ai portuali, in particolare in città come Genova, si stanno mobilitando per bloccare le spedizioni di armi via mare a Israele. “Non vogliamo partecipare al massacro”, il messaggio che si legge sui volantini di protesta, in riferimento all’offensiva bellica israeliana su Gaza, che in un mese avrebbe già causato oltre 10mila morti. E manifestazioni di questo tipo sono in corso anche all’estero, dalla Spagna al Belgio, fino agli Stati Uniti.

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Proteste portuali contro l’invio di armi a Israele © Ray Chavez/MediaNews Group/The Mercury News via Getty Images

Portuali italiani contro le armi a Israele

“La catena logistica è necessaria ad alimentare i conflitti rifornendoli di armamenti e noi non vogliamo fare parte di questo ingranaggio”. Lo scrive in un comunicato il Calp, Collettivo autonomo lavoratori portuali, nell’annunciare la mobilitazione nel porto di Genova per bloccare l’invio di armi a Israele.

Dal 7 ottobre Israele ha dato il via a una violenta offensiva militare contro la Striscia di Gaza, dopo l’attacco terroristico di Hamas in suolo israeliano che ha causato circa 1.400 morti e la presa in ostaggio di oltre 200 persone. Le bombe di Israele in questo mese hanno colpito obiettivi strategici come i rifugi e i tunnel utilizzati da Hamas, ma anche molte strutture civili – scuole, ospedali, centri umanitari. A un mese dall’inizio dell’offensiva, il bilancio diffuso dal ministero della Salute di Gaza è di oltre 10mila palestinesi uccisi, di cui 4mila bambini. E a perdere la vita sono stati anche 88 dipendenti dell’Onu, il numero più alto di sempre in un singolo conflitto.

I portuali genovesi non ci stanno a partecipare, indirettamente, a questo massacro. E vogliono bloccare le navi marittime che proprio dal porto ligure si apprestano ad attraversare il Mediterraneo per rifornire di armi il governo di Tel Aviv. Per il 10 novembre è stato indetto un presidio alla porta del porto di San Benigno a Genova, volto a bloccare la sua operatività e ostacolare quindi la logistica di guerra. Un’azione che non è nuova per il collettivo: nel 2021 i portuali genovesi assieme a quelli di Livorno e Napoli erano riusciti a bloccare la spedizione di un carico di missili italiani diretto proprio a Israele.

Il volume delle armi e degli armamenti venduti dall’Italia a Israele è ingente. Come sottolinea il sito di fact-checking Pagella Politica, “tra il 2013 e il 2022 le aziende italiane hanno venduto a Israele armamenti per un valore pari a quasi 120 milioni di euro”. Nel 2022 Israele ha ricevuto armi italiane per circa 9,3 milioni di euro, compresi razzi e altre apparecchiature da guerra. La stessa tipologia di quelle che in queste settimane Israele sta usando su Gaza, con poca distinzione tra obiettivi militari e civili.

Blocchi portuali anche all’estero

L’Italia non è l’unico paese in cui i portuali stanno facendo sentire il loro dissenso. Anche all’estero, lì dove il volume delle esportazioni di armi verso Israele è ingente, negli ultimi giorni ci sono stati presidi e manifestazioni.

A Oakland, in California, manifestanti pro Palestina e portuali sono riusciti a bloccare la partenza di una nave carica di armi dirette a Israele. Qualcosa di simile nelle scorse ore è successo anche a Tacoma, nello stato di Washington. Gli Stati Uniti sono il principale esportatore di armi verso Israele, a cui segue la Germania: nel periodo tra il 2018 e il 2022, Israele ha importato armi per un totale di 2,7 miliardi di dollari dai due paesi. 

Proprio il ruolo di primo piano della Germania ha causato altre proteste: alcuni sindacati dei portuali in Belgio hanno annunciato che incroceranno le braccia di fronte alle spedizioni di armi tedesche dirette a Israele, che spesso partono proprio dai porti del Belgio. Un dissenso che è arrivato anche in Spagna, precisamente a Barcellona. I portuali hanno detto che si rifiutano di caricare le navi con armi dirette a Israele, chiedendo un cessate il fuoco immediato a Gaza.

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