Il crollo dell’inquinamento atmosferico causato dal lockdown, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, ha evitato almeno 15mila vite umane in 12 grandi città dall’India all’Europa. I dati elaborati dal Centre for research on energy and clean air (Crea) e riportati dall’Economist, rivelano come la diminuzione degli inquinanti atmosferici legati ai trasporti e alle industrie abbia giovato alla qualità dell’aria e salvato da malattie e morte precoce migliaia di persone.
Ma il ritorno alla cosiddetta normalità, post Covid-19, come ha rivelato il Traffic index, monitoraggio globale attuato dalla multinazionale TomTom, conferma che l’aumento della congestione urbana nei grandi centri sta già tornando ai livelli pre-pandemia. Mentre l’intensificazione del traffico veicolare, la riapertura delle fabbriche e la diffidenza nell’uso dei mezzi pubblici stanno facendo risalire alle stelle i livelli degli inquinanti cancerogeni. Esattamente come prima della crisi.
For the first time in decades, residents of Jalandhar in northern India were able to see the Himalayan mountains this spring https://t.co/M2I15dasb8
Abbiamo ancora sotto gli occhi le immagini del riscatto della natura dalla pressione antropica, durante il lockdown, riprese anche dai satelliti. Nelle aree più inquinate del mondo come in India, il blocco delle attività ha addirittura permesso, per la prima volta dopo decenni, agli abitanti di Jalandhar, nel nord dell’India, di vedere le montagne innevate dell’Himalaya, a 160 km di distanza. E i dati hanno confermato il crollo degli inquinanti. A Delhi, una delle grandi città più inquinate del mondo, l’NO2 (biossido di azoto) è sceso drasticamente durante il lockdown, da 46 microgrammi per metro cubo a marzo a 17 microgrammi all’inizio di aprile.
A Roma il calo dell’inquinamento ha salvato la vita a 1.259 persone, secondo il Crea
Secondo i ricercatori del Crea, organizzazione indipendente che studia proprio gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle nostre vite, grazie al fermo totale del traffico e dell’industria, tra il primo gennaio 2020 e il 25 agosto, circa 4.600 persone a Delhi sono scampate alla morte a causa dell’inquinamento dell’aria. Un numero drammaticamente simile a quello dei deceduti a causa del Sars-Cov-2, purtroppo ancora in aumento.
Analogamente, i livelli di NO2 a Londra sono scesi da 36 microgrammi per metro cubo a marzo, a 24 due settimane dopo. Anche qui, gli epidemiologi hanno calcolato almeno 1.227 vite umane salvate dalla mortalità precoce per inquinamento atmosferico, 1259 per la nostra capitale Roma e 1486 per Parigi.
Il modello elaborato dal Crea ha messo a sistema tutti i fattori che incidono sulla qualità dell’inquinamento dell’aria: oltre alle attività umane, anche le condizioni atmosferiche. Modello che ha rivelato come i livelli di biossido di azoto (NO2) siano diminuiti di circa il 27 per cento già dieci giorni dopo che i governi avevano emesso le restrizioni domiciliari, rispetto allo stesso periodo del biennio 2017-19. I livelli di particolato ultrafine (Pm2,5), cancerogeno, sono diminuiti in media di circa il 5 per cento dei campioni relativi alle 12 città prese in esame. Ovvero Delhi, Bangalore in India; Parigi, Roma, Londra, Madrid, Berlino, Brussels e Varsavia in Europa; New York, Los Angeles e Santiago nelle Americhe.
Breaking: Nitrogen dioxide pollution in European capitals has rebounded sharply as the COVID-19 restrictions are eased, with Paris facing the largest increase, and Budapest and Oslo exceeding their pre-crisis levels, when controlling for weather. pic.twitter.com/wmqz4wfRBc
— Centre for Research on Energy and Clean Air (@CREACleanAir) June 24, 2020
Anche in Italia allo studio i dati su decessi, agenti inquinanti e Covid-19
Dati che confermano quanto rilevato in Italia anche dall’analisi Life PrepAir sulla qualità dell’aria nel bacino padano nelle settimane di emergenza coronavirus. Secondo le Agenzie regionali per l’ambiente di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia la diminuzione del traffico ha fatto scendere del 30-40 per cento gli ossidi di azoto (NOx) e tra il 7 ed il 14 per cento il Pm10. Come fanno rilevare sempre i ricercatori del Crea, in un altro report non ancora sottoposto a peer-reviewed (revisione tra pari, sistema di controllo reciproco tra scienziati sugli studi), si stanno studiando i collegamenti tra l’esposizione all’NO2 e i decessi dovuti a Covid-19.
Anche l’Istituto superiore di sanità italiano ha iniziato a monitorare le connessioni tra inquinamento atmosferico e Covid-19 affermando che “l’incertezza che ancora riguarda molti aspetti di questa epidemia richiede quindi una certa cautela e un approfondimento delle eventuali relazioni causa-effetto”.
How air pollution worsens the COVID-19 pandemic: our new briefing and literature review sums up what we know about the influence of air pollution on the crisis. https://t.co/N9U1BszFJu
— Centre for Research on Energy and Clean Air (@CREACleanAir) April 24, 2020
Ma un dato di fatto è certo: l’inquinamento atmosferico causa gravi infezioni respiratorie e aumenta il rischio di asma, malattie cardiache, ipertensione e cancro ai polmoni. Tutte condizioni di salute che, se preesistenti nei cittadini, peggiorano i sintomi del Covid-19.
In Africa solo 15 stati hanno vaccinato il 10 per cento della popolazione entro settembre, centrando l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità.
I cani sarebbero più affidabili e veloci dei test rapidi per individuare la Covid-19 nel nostro organismo. E il loro aiuto è decisamente più economico.
L’accesso ai vaccini in Africa resta difficile così come la distribuzione. Il continente rappresenta solo l’1 per cento delle dosi somministrate nel mondo.
La sospensione dei brevetti permetterebbe a tutte le industrie di produrre i vaccini, ma serve l’approvazione dell’Organizzazione mondiale del commercio.