Il Parlamento ha approvato in prima lettura l’elezione diretta del presidente del Consiglio e in via definitiva l’autonomia. Tra le preoccupazioni dei critici, anche quelle sull’ambiente.
- Settimana campale per le riforme istituzionali in Italia: primo ok all’elezione diretta del presidente del Consiglio, via libera definitivo all’autonomia differenziata.
- La prima riforma centralizza il potere nelle mani del premier, la seconda invece lo delega alle Regioni: sembrerebbe una contraddizione ma sono le due facce della stessa maggioranza.
- Tra le preoccupazioni dei critici, anche quelle sull’ambiente: come si tutela lo stesso habitat con regole diverse da una regione all’altra?
Quella in corso sarà ricordata come la settimana in cui il potere politico, in Italia, diventa più centralizzato e, allo stesso tempo, anche più decentrato. Sembrerebbe un paradosso, e in parte effettivamente lo è, ma è proprio così: nella stessa settimana infatti, anzi a distanza di pochissime ore, il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge sul premierato, ovvero sull’elezione diretta del presidente del Consiglio, che conferirà ai prossimi premier credenziali e poteri maggiori di quelli avuti finora.
Premierato e autonomia differenziata, così diverse così uguali
La Camera, subito dopo, ha licenziato invece – in via definitiva – il disegno di legge sull’autonomia differenziata, che permetterà anche alle Regioni a statuto ordinario di godere di poteri decisionali molto più ampi che in passato. Questi due provvedimenti, sebbene distinti, sono collegati e rappresentano una fase cruciale per il paese, oltre che le due facce della stessa medaglia, o meglio della stessa maggioranza.
Il ddl sul premierato
Il ddl sul premierato, elaborato dalla ministra per le Riforme istituzionali Elisabetta Casellati, mira all’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Dopo disordini e discussioni, il Senato ha votato con 109 sì, 77 no e un solo astenuto: il senatore sudtirolese di lingua tedesca, Meinhard Durnwalder, che si è detto “preoccupato per l’accentramento dei poteri verso il governo centrale, che potrebbe nuocere alle minoranze linguistiche che rappresento”. Elezione diretta del presidente del Consiglio, abolizione della figura dei senatori a vita, abbassamento del quorum per l’elezione del Capo dello Stato non più al terzo ma al sesto scrutinio, ma soprattutto depotenziamento del ruolo del presidente della Repubblica, molto più vincolato nello sciogliere le Camere e affidare nuovi incarichi per formare un governo: sono queste le principali novità presenti nella riforma del premierato, che l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito un “primo passo avanti che rafforza la democrazia” .
Di tutt’altro avviso le opposizioni, che hanno convocato una manifestazione in piazza a Roma, per protestare non solo contro il premierato, ma anche contro l’autonomia differenziata, che va nel senso opposto, quello di una decentralizzazione, ma che fa parte dello stesso pacchetto di riforme istituzionali. Al punto che i partiti di centrosinistra hanno parlato esplicitamente di “scambio” o perfino “baratto” all’interno della maggioranza, in cui Fratelli d’Italia, che ha da sempre una visione più centralista dello Stato, avrebbe portato a casa il premierato lasciando in cambio alla Lega, nata con posizioni secessioniste poi sfumate nel federalismo, l’autonomia delle Regioni.
La legge sull’autonomia differenziata
La legge sull’autonomia differenziata, pensata dal ministro Roberto Calderoli, è stata approvata in via definitiva (perché non si tratta di un decreto costituzionale e quindi non necessita di un doppio passaggio parlamentare) alla Camera con 172 sì, 99 contrari e 1 astenuto poche ore dopo il premierato, probabilmente per la felicità del senatore Durnwalder: il provvedimento concede maggiore autonomia alle regioni italiane, permettendo loro di gestire competenze su diverse materie (tra cui la sanità, ma anche l’ambiente) in modo differenziato rispetto al governo centrale, e soprattutto di poter disporre degli introiti fiscali generati sul proprio territorio. Il che vuol dire, per i critici della riforma, che le regioni più ricche avranno automaticamente più soldi da spendere di quelle più povere, e che dunque il divario tra nord e sud aumenterà automaticamente, spaccando il Paese. Tra i contro della legge, al momento, c’è anche il fatto che, seppur previsti, non siano stati ancora specificati i livelli essenziali di prestazioni che dovranno essere fornite in tutte le regioni, anche quelle che non si avvarranno dell’autonomia.
Tra i più preoccupati per l’attuazione dell’autonomia differenziata ci sono, in queste ore, anche i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, perché la legge impatterà anche sulla tutela dell’ambiente. Il Wwf per esempio sottolinea che avere due regioni limitrofe che condividono elementi elementi naturali come boschi, fiumi, fauna selvatica e falde idriche utilizzando regole diverse rischia di causare grosse incongruenze nella gestione dei territori, compromettendo la conservazione di specie e habitat.
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