L’aumento degli incendi li rende più vulnerabili anche all’azione erosiva dell’acqua. La prevenzione è dunque necessaria per la loro salute.
Prevenire è meglio che curare, parliamo di incendi. Il caso di Mompantero
Prevenire gli incendi conviene. Inoltre, per Pefc, i boschi certificati sono interessati in misura fino a 9 volte inferiore dai roghi.
Val di Susa, 2017. Una serie di incendi divora 4.000 ettari di prati e boschi. L’incendio più grande è quello di Mompantero, dove quasi 2.000 ettari di bosco vengono avvolti dalle fiamme. Il fuoco è così intenso che in alcune aree sparisce il 100 per cento della vegetazione.
Val Susa, 2023. Sono passati cinque anni da quel terribile disastro e LifeGate è stata invitata sul luogo dell’incendio per farsi raccontare cosa si sta facendo lato “prevenzione”. Perché è un fatto che spegnere un incendio costa fino a otto volte di più che prevenirlo. Un monito da tenere bene a mente in questa estate caratterizzata da nuove ondate di calore. E incendi, come sta dimostrando la Grecia in questo luglio da record e come ha dimostrato l’Italia negli scorsi anni.
Una consapevolezza che gli enti pubblici stanno imparando a maturare: la corretta gestione dei boschi, infatti, è fondamentale per proteggere il patrimonio verde italiano da incendi devastanti. Secondo Pefc Italia (Pefc sta per Programme for the endorsement of forest certification schemes), l’organizzazione che promuove la gestione sostenibile delle risorse boschive attraverso l’omonima certificazione ambientale, la prevenzione degli incendi passa attraverso una gestione attiva dei boschi: è il modo più sicuro ed economico per proteggere i nostri polmoni verdi dall’azione distruttiva delle fiamme.
Cosa si intende per “gestione attiva” dei boschi
Cosa si intende per “gestione attiva”? “Significa valorizzare i boschi, gestirli, senza abbandonarli”, ci racconta Giorgio Talachini, titolare de La Foresta soc. coop. di Susa, in provincia di Torino, una delle poche aziende sul territorio che fanno, appunto, gestione attiva dei boschi sul territorio. “Per decenni abbiamo tagliato legna con l’unico scopo di arderla. Invece ci sono un 20-30 per cento di legna che possono essere utilizzati per altri scopi, come per esempio nel campo dell’edilizia. Il fatto di non alimentare questa fetta di mercato ha fatto sì che le segherie italiane non ci siano più: tutta la produzione di questo tipo è stata spostata all’estero. Noi importiamo semilavorati, così come importiamo la legna da ardere. Insomma, i nostri boschi non sono valorizzati, per cui dobbiamo invertire questa tendenza”.
Creare una cultura del bosco, far capire che se i tronchi vengono tagliati c’è un disegno di gestione della risorsa dietro, non si tratta di fare tagli indiscriminati e basta. Questo è il senso delle parole di Talachini. Se vediamo un bulldozer nel bosco, quindi, non è detto che si tratti di deforestazione. Anzi, curare un bosco significa prevenire gli incendi, oltre che nutrire un distretto commerciale.
Qui entra in gioco la comunicazione: Pefc Italia ha fornito delle schede di approfondimento con azioni specifiche che amministrazioni e gestori privati devono mettere in atto per prevenire gli incendi. Perché per evitare di attivarsi solo in stato d’emergenza, spesso è sufficiente che i soggetti locali si attivino con azioni preventive molto semplici ma allo stesso tempo capaci di ridurre drasticamente il rischio di incendio nei boschi, nelle foreste e nelle aree verdi urbane. Tra le azioni possibili, queste cinque sono fondamentali:
- i boschi a rischio incendio devono essere gestiti e non lasciati a loro stessi: l’abbandono colturale è il problema del settore forestale italiano: il taglio degli alberi non è un evento negativo: se fatto in modo corretto infatti contribuisce a mantenere un equilibrio fra le varie componenti del bosco alimentando la crescita degli alberi più giovani a scapito di quelli malati e secchi (e quindi più a rischio incendio);
- la creazione di punti d’acqua e la presenza di una viabilità forestale sono necessari per intervenire prontamente in caso di incendio: a questo si aggiunge la costruzione di infrastrutture come punti di atterraggio per elicotteri;
- il sostegno, la formazione e il mantenimento di squadre specializzate nella lotta agli incendi boschivi e dei volontari antincendio boschivo sono una buona pratica da estendere a tutto il paese;
- la pulizia del sottobosco aiuta a controllare il problema degli incendi: Un bosco curato è meno soggetto al propagarsi delle fiamme e, allo stesso modo, devono essere curati i prati e tutte le aree verdi all’interno delle aree urbanizzate, la cui erba alta deve essere rimossa con regolarità. In alcune regioni, inoltre, la presenza di discariche abusive e di rifiuti abbandonati, anche nei boschi, costituisce un rischio per la salute in caso di incendio e talora può causare l’innesco stesso di incendi che poi coinvolgono le aree naturali e forestali: un ulteriore motivo per esigere il corretto smaltimento di ogni rifiuto;
- l’avvio di campagne di sensibilizzazione a favore dei cittadini è importante perché siano partecipi e consapevoli del fatto che il bosco, non soltanto produce ossigeno ed assorbe anidride carbonica, ma ha anche il compito di tutelare l’assetto idrogeologico del territorio. Ricordare ai cittadini quali sono le norme di sicurezza da rispettare quando ci si trova in bosco è importante per prevenire incendi di natura colposa.
Prevenzione incendi boschivi a costo zero: il caso virtuoso del progetto PRe-FEu
Tutta queste attenzioni alla prevenzione e alla gestione attiva si sono trasformate in un progetto finanziato dal Programma di sviluppo rurale (Psr) del Piemonte: il progetto si chiama PRe-FEu, un acronimo che sta per prevenzione degli incendi per le filiere del legno, avviato in val di Susa nel 2020 con l’obiettivo di mitigare il pericolo degli incendi e valorizzare la risorsa legno.
Una delle chiavi del progetto è creare infrastrutture verdi preventive, che raggiungano un’economia di scala in grado di garantire nel tempo la sostenibilità economica delle infrastrutture in termini di efficienza. “L’intervento nasce dalla necessità di mettere in sicurezza le valli alpine che in alcuni casi presentano un elevato rischio incendi a causa della continuità ed uniformità delle formazioni forestali e un potenziale per lo sviluppo di grandi incendi, estesi su notevoli superfici, nelle annate di siccità estrema”, spiega Roberta Berretti, ricercatrice del dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari (Disafa) dell’Università di Torino. La visione integrata di PRe-FEu mette sullo stesso piano la difesa del suolo e della biodiversità, la qualità dell’acqua, l’approvvigionamento del legno inteso come materia prima legno, la mitigazione del clima, il supporto alle attività antincendio e la sostenibilità economica.
Per farlo, il progetto (che coinvolge diversi attori, tra cui il Consorzio forestale Alta val Susa, le unioni dei comuni in Val Susa, la cooperativa La Foresta, il Disafa, il Sistema anticendi boschivi della regione Piemonte, le ditte forestali e le segherie locali e le associazioni di proprietari) lavora su di un’area pilota di circa 1.000 ettari in bassa val di Susa, certificata Pefc, e dove si sperimenta la prevenzione degli incendi attraverso l’uso di barriere verdi, composte da alberi vari e diversificati rispetto al bosco intorno.
Mompantero e la gestione del bosco bruciato
La prevenzione non solo interessa le aree a rischio incendi, ma anche quelle già bruciate. Nell’ottobre del 2017, infatti, il bosco di Mompantero, in val di Susa, è stato colpito da un enorme incendio, che ha interessato circa 2.000 ettari tra boschi e prati. La cooperativa La Foresta ha proceduto all’esbosco di 30mila metri cubi, costruendo rimorchi fatti apposta per passare tra le strette strade verso il Rocciamelone, dove sorge il santuario più alto d’Europa, meta quindi di intensi pellegrinaggi.
“Ottobre non è una stagione di incendi, ma si arrivava da un’estate torrida, una delle più calde degli ultimi 70 anni. In quel periodo, per la prima volta, il Piemonte si è trovato a dover gestire 9.700 ettari di incendi”, sono i dati elencati da Berretti. Un evento eccezionale e con caratteristiche diverse, a seconda del bosco colpito. L’incendio più clamoroso è stato quello che si è concentrato a Mompantero, dove è sparito il 100 per cento di vegetazione in alcune aree, ma l’incendio è stato più ampio e ha coinvolto una striscia di foresta che va da Bussoleno a Venaus, per un totale di 4.000 ettari, di cui 2.500 forestati.
Dopo l’intervento delle istituzioni per contenere l’emergenza, è arrivato il momento della gestione del post-incendio. E della prevenzione per gli anni futuri: “L’aspetto innovativo è stato lasciare la necromassa (cioè il legno morto) sul posto, per mantenere alcune zone d’ombra. Il punto di partenza è che la natura ha il potenziale per ripartire da sola, quindi fare gestione significa valutare in quali zone lasciar fare al processo naturale e dove invece intervenire, per esempio ripiantumando gli alberi”, spiega Berretti. A 5 anni da quell’incendio, il lavoro di manutenzione del sito non è terminato. Ma se dovesse ricapitare in questa zona, le cose andrebbero diversamente e il fuoco potrà essere controllato: “ciò fa parte della cosiddetta silvicoltura di prevenzione: non possiamo annullare il rischio di incendio, ma diminuirlo sicuramente sì. E lo si può fare cambiando la dinamica del fuoco”.
Finanziamenti inadeguati
La gestione attiva e il monitoraggio del patrimonio forestale sono strategie fondamentali per limitare il rischio incendi e proteggere i boschi, ma purtroppo non ricevono ancora un finanziamento adeguato. Lo scorso anno, l’Europa occidentale ha subìto un’ondata di incendi boschivi a causa dell’ondata di calore di agosto e delle prolungate condizioni di siccità. Questi incendi hanno causato l’emissione di una quantità record di 6,4 miliardi di tonnellate di CO2, il livello più alto nei mesi estivi dal 2007. Anche l’Italia ha vissuto un’estate difficile nel 2022, con 451 incendi che hanno distrutto 58.751 ettari di bosco.
Per contrastare questa emergenza, l’Unione europea ha annunciato che raddoppierà la capacità della sua flotta antincendio rescUE, aumentando il numero di aeromobili da 13 a 28.
I boschi certificati bruciano meno
La pianificazione è quindi fatta di gestione attiva e prevenzione. Il concetto di silvicoltura adattativa è nuovo ma si sta imponendo come una necessità. I boschi non solo garantiscono l’equilibrio idrogeologico e producono ossigeno ma immagazzinano anche grandi quantità di CO2. Quando gli incendi distruggono questi boschi, grandi quantità di gas serra e polveri sottili vengono rilasciate nell’atmosfera, causando danni irreparabili all’ambiente.
I boschi gestiti in modo consapevole e certificati per la gestione forestale sostenibile sono interessati da incendi fino a nove volte in misura inferiore rispetto alle aree non certificate. Pefc Italia sottolinea che i boschi gestiti e certificati hanno una probabilità molto inferiore di essere interessati da incendi rispetto a quelli non certificati. Analizzando gli eventi del 2017, anno in cui gli incendi hanno colpito duramente il Paese, solo lo 0,24 per cento della superficie certificata è andato a fuoco, mentre l’1,24 per cento della superficie non certificata è stata interessata dagli incendi.
La minore incidenza di incendi nelle aree certificate è attribuita al monitoraggio costante, agli interventi di prevenzione e alla migliore accessibilità. Il 75 per cento degli incendi è dovuto ad azioni umane irresponsabili, oltre ai cambiamenti climatici, ma solo il 18 per cento dei boschi italiani è certificato.
La prevenzione degli incendi è una responsabilità condivisa e richiede un impegno costante da parte di tutti, dagli amministratori ai cittadini. Solo attraverso una gestione consapevole e attiva dei boschi e una maggiore sensibilizzazione si potrà proteggere il patrimonio forestale italiano da incendi devastanti e preservare l’ambiente per le future generazioni.
Ringraziamo Pefc Italia per averci invitati al press tour a Mompantero, da cui è nato questo contenuto.
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