L’Unione europea ha annunciato un accordo sul carbon border adjustment, meccanismo di compensazione della CO2 alle frontiere esterne.
Perché in Europa il prezzo della CO2 è ai suoi massimi storici e cosa significa per la transizione ecologica
In Europa inquinare costa di più: nel sistema di scambio di quote di emissione, il prezzo della CO2 ha superato i 50 euro a tonnellata.
Prima della pandemia da coronavirus, il prezzo della CO2 sul mercato europeo (Ets Ue) si attestava sui 20 euro a tonnellata. A inizio maggio ha sfondato i 50 euro a tonnellata, per la prima volta dalla sua fondazione nel 2005, per toccare un nuovo record di 56,34 euro a tonnellata lunedì 17 maggio. In sintesi, inquinare in Europa costa sempre di più. Un’ascesa che, secondo diversi analisti, è destinata a continuare.
Cos’è l’Emissions trading system (Ets)
Previsto dall’articolo 17 del protocollo di Kyoto, l’emission trading può essere immaginato come una Borsa in cui la valuta non è l’euro o il dollaro bensì le emissioni di CO2 equivalente. Il venditore è colui che riduce le proprie emissioni o assorbe gas serra e quindi merita un corrispettivo economico. L’acquirente invece è colui che, dopo aver emesso grandi quantità di CO2, compra dei carbon credit per appianare il suo debito con il Pianeta. Questo processo di compensazione si chiama carbon offsetting.
Il più grande mercato regolamentato dalla CO2 è lo scambio di quote di emissione dell’Unione europea (Ets Ue). Istituito nel 2005, è attivo nei 27 paesi dell’Unione (il Regno Unito né uscito con la Brexit), più l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Coinvolge oltre 10mila centrali energetiche e impianti industriali e le compagnie aeree che collegano tali paesi, interessando circa il 45 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione.
Sulla base del principio cap and trade, fissa un tetto alla quantità di gas serra che questi impianti possono emettere. Entro tale limite, che si abbassa nel tempo, le imprese ricevono, acquistano e scambiano quote di emissione. A fine anno devono restituirne un numero sufficiente a coprire le proprie emissioni; in caso contrario, sono soggette a pesanti multe. Un’azienda virtuosa, che riduce il suo impatto sul clima, può conservare le quote inutilizzate oppure venderle. Finora gli impianti coperti dallo schema Ets hanno ridotto le proprie emissioni di circa il 35 per cento tra il 2005 e il 2019, con l’obiettivo di sforbiciarle del 43 per cento entro il 2030.
Il 2021 è un anno chiave per il taglio alle emissioni in Europa
Fino a qualche mese fa, in pochi avrebbero immaginato che il prezzo della CO2 potesse superare così presto i 50 euro a tonnellata. Nel 2020 aveva subìto un primo brusco calo con lo scoppio della pandemia, per poi risollevarsi mentre la Commissione di Ursula von der Leyen annuncia il suo ambizioso piano sul clima, fino a raggiungere i 33 euro a tonnellata di dicembre. Nel complesso, la media per il 2020 si è attestata sui 25 euro a tonnellata.
La Review of carbon markets per il 2020, pubblicata dalla società di ricerca Refinitiv, proponeva di tenere gli occhi puntati sul pacchetto “fit for 55” con cui la Commissione a giugno 2021 proporrà di rivedere l’intera legislazione sull’energia e sul clima per renderla coerente con l’obiettivo di sforbiciare le emissioni del 55 per cento in meno di un decennio. Per quest’anno ipotizzava comunque una media intorno ai 40 euro a tonnellata. Un gruppo di 303 professionisti del settore, interpellati sempre da Refinitiv, concorda sul fatto che il sistema Eu Ets risulti più efficace per l’abbattimento delle emissioni rispetto alle misure introdotte dai singoli stati membri.
Cosa sta succedendo al prezzo della CO2
Come possiamo interpretare il fatto che il prezzo della CO2 abbia già sfondato la soglia dei 50 euro a tonnellata? Secondo Andreas Kluth, opinionista di Bloomberg, è una bella notizia che può essere spiegata con la forte domanda da parte degli impianti industriali inquinanti e di banche ed hedge fund che fanno attività speculative sui permessi di emissioni. È una bella notizia anche perché questo prezzo salirà ancora man mano che il tetto alle emissioni verrà abbassato, e con il tempo il meccanismo verrà esteso fino a coprire altri soggetti che finora ne sono stati esclusi. Tutto questo non potrà che incentivare gli investimenti in tecnologie verdi. Secondo l’editoriale, però, siamo nel bel mezzo di un percorso che ci deve portare verso un traguardo ben più ambizioso: un prezzo della CO2 valido su scala globale, senza interferenze dovute alle scelte politiche dei singoli stati e delle banche centrali.
Anche Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, di recente ha invitato a lasciare che il prezzo della CO2 si auto-regoli. “È un mercato e dovremmo stare molto, molto attenti a non intervenire perché ciò creerebbe un prezzo non basato sul mercato, e questo finirebbe assolutamente per intaccare la credibilità del sistema di scambio delle emissioni”, ha dichiarato durante un evento digitale. In merito al superamento della soglia simbolica dei 50 euro a tonnellata, ha aggiunto: “Se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi, credo che il prezzo debba essere ancora più alto. Ma è il mercato a decidere”. Secondo alcuni analisti, una quotazione superiore ai 100 euro a tonnellata potrebbe rendere le tecnologie a basse emissioni nettamente più competitive rispetto a quelle convenzionali e inquinanti.
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