La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
L’obiettivo del progetto è monitorare la popolazione di lupi che popolano l’alta Valle del Fiume Taro e combattere la disinformazione su questo prezioso predatore.
Il lupo (Canis lupus italicus), dopo aver sfiorato l’estinzione mezzo secolo fa, sta vivendo una naturale fase di espansione in tutto il territorio italiano e sta lentamente tornando nei luoghi da cui era stato scacciato a colpi di fucile e veleno. Il ritorno di questo schivo predatore è indiscutibilmente una buona notizia, oltre ad arricchire di fascino le nostre foreste, è infatti indispensabile per il ripristino di importanti processi ecologici, detti cascate trofiche.
Lo studio e il monitoraggio di questi animali è complicato, forse memori delle sofferenze che la nostra specie ha inflitto alla loro, evitano per quanto possibile il contatto con l’uomo. In alcune aree non è inoltre in corso nessuna attività istituzionale di monitoraggio della specie. Una di queste è la Valle del Taro, territorio coperto da ampi boschi, solcato da torrenti e frastagliato da rupi scoscese che sorge tra il Mar Ligure e la Pianura Padana, nell’Appennino Settentrionale. Per sopperire a questa lacuna l’associazione Io non ho paura del lupo, nata poco più di un anno fa, ha deciso di avviare un’indagine sulla presenza del grande predatore, anche per raccontare il lupo in maniera equilibrata. La specie è infatti troppe volte vittima della cattiva stampa ed è spesso malvista da allevatori e cacciatori.
L’associazione ha iniziato a monitorare i lupi attraverso l’utilizzo di video trappole, analizzando una piccola area del territorio, con l’obiettivo di stimarne la popolazione presente. Le foto e i filmati hanno permesso di raccontare le storie di Codino, Sottiletta, Zena, Recco e Ombra, questi i nomi assegnati ad alcuni dei lupi che popolano la valle. Oltre allo studio sul campo, Io non ho paura del lupo si sta adoperando per mitigare il conflitto tra predatore e allevatori e per promuovere la conoscenza e il rispetto per questi animali.
Tutte queste attività, finora svolte come volontariato e contando su scarse risorse economiche, sono però onerose, per questo l’associazione ha pensato di lanciare un progetto di crowdfunding che prende il nome dell’associazione stessa. “Questo progetto di citizen science dedicato al lupo, si potrà realizzare solo grazie al supporto di appassionati e semplici cittadini – si legge in un comunicato dell’associazione – al fine di ottenere dati come la stima della popolazione di lupo presente, valutare l’estensione dei branchi sul territorio e rilevare le nascite e l’accrescimento dei cuccioli”.
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Il progetto prevede un monitoraggio della durata di due anni, dal 1 maggio 2018 al 30 aprile 2020, periodo che comprende due cicli riproduttivi del lupo. La raccolta fondi, lanciata sulla piattaforma di crowfunding Produzioni dal basso, punta a raccogliere 65mila euro che saranno impiegati per l’acquisto di nuove attrezzature e di un piccolo mezzo fuoristrada usato, per coprire le spese del progetto e per la campagna di comunicazione.
L’attività di censimento, spiega l’associazione, è necessaria per contribuire efficacemente alla tutela della specie al fine di favorire la convivenza con le attività umane. La supervisione del progetto, a cui partecipano appassionati, ma anche biologi, naturalisti, docenti universitari, agricoltori e allevatori, sarà affidata ad un comitato scientifico. I dati raccolti saranno infine messi a disposizione delle istituzioni, facendo di questo progetto il primo esempio in Italia di semplici cittadini che contribuiscono attivamente alla salvaguardia di una specie di cruciale importanza come il lupo appenninico.
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