Secondo il dossier Stop Pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente, su 4.682 campioni di alimenti, il 48 per cento contiene residui di sostanze chimiche.
Uno studio ha proiettato la produzione di pomodori negli scenari futuri del clima stimando un calo medio del 6 per cento entro il 2050.
La coltivazione di pomodori con cui l’industria ottiene salse e derivati si concentra in un ristretto numero di regioni del mondo. Oggi Stati Uniti, Italia e Cina detengono il 65 per cento della produzione mondiale, ma i cambiamenti climatici potrebbero causare, in questi paesi, una perdita media del 6 per cento delle coltivazioni entro il 2050.
A dirlo uno studio pubblicato su Nature Food e condotto da un team di ricercatori danesi, statunitensi e italiani tra cui Davide Cammarano, professore nel dipartimento di Agroecologia della Aarhus university in Danimarca, Domenico Ronga, professore associato in Agronomia dell’università di Salerno, e Alex Ruane del Goddard institute for space studies della Nasa.
Mentre diversi studi hanno già esaminato gli effetti dei cambiamenti climatici su colture cerealicole come grano e mais, questo è tra i primi a concentrarsi su una coltivazione ortofrutticola, il pomodoro da industria coltivato in campo, e a farlo su scala globale paragonando i tre principali paesi produttori. I ricercatori hanno valutato l’andamento dei raccolti in caso di emissioni di gas serra contenute, alte o molto alte secondo gli scenari Ipcc più aggiornati e, per ciascuno scenario, hanno considerato cinque modelli climatici con diversa temperatura e piovosità.
Secondo le proiezioni dello studio, entro il 2050 la produzione di pomodoro negli Stati Uniti, Italia e Cina diminuirà in media del 6 per cento rispetto al periodo 1980-2009. Nello scenario più pessimistico, con un aumento medio della temperatura dell’aria di circa 2,6 gradi centigradi entro il 2070 e di 5 gradi entro il 2100, la produzione globale potrebbe subire un calo del 60 per cento rispetto ai valori di riferimento.
La geografia della coltivazione dei pomodori da trasformazione potrebbe cambiare nei prossimi decenni spostandosi quindi nelle aree più fredde e vedendo penalizzata maggiormente l’Italia.
Nel nostro paese, per ogni grado di aumento della temperatura la produzione potrebbe calare in media di 0,4 tonnellate per ettaro nel foggiano – con una diminuzione complessiva delle rese del 18 per cento entro il 2050 – e di 0,3 tonnellate per ettaro in Emilia Romagna. In uno scenario di clima rovente, con le piante che diminuiscono la produttività a causa delle alte temperature, l’irrigazione dovrà aumentare da 25 a 150 millimetri di acqua per ettaro a fronte però di una sempre minore disponibilità di questa risorsa a causa della siccità.
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