Lunedì circa 900 mezzi agricoli hanno invaso il quartiere europeo. Come successo a inizio febbraio, la protesta dei trattori chiede all’Unione europea di fare un passo indietro sulle politiche agricole che colpirebbero la categoria.
La protesta dei trattori è tornata prepotentemente fra i palazzi dell’Unione europea a Bruxelles, dove gli agricoltori hanno messo a ferro e fuoco il quartiere europeo. Centinaia di mezzi agricoli si sono riversarti nelle vie del centro attaccando i palazzi istituzionali con lanci di uova e arance e appiccando roghi. L’azione dei manifestanti, che ha trovato la solidarietà del governo nelle parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha lanciato un messaggio ai ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea, riuniti nella capitale belga per discutere della Politica agricola comune (Pac).
La protesta dei trattori assedia il quartiere europeo
Secondo la polizia belga, sarebbero stati circa 900 i trattori che ieri, lunedì 26 febbraio, hanno messo a ferro e fuoco il quartiere delle istituzioni europee. La manifestazione è stata organizzata da Fugea (la Federazione degli allevatori belgi), Fwa (la Federazione vallone dell’agricoltura) e da Fja, la Federazione dei giovani agricoltori.
I trattori sono arrivati nel centro città in mattinata, fermandosi nella centrale rue de La Loi, proprio davanti al Consiglio europeo. Alcuni camion hanno scaricato decine di copertoni che sono stati incendiati, producendo alte colonne di fumo nero che hanno reso l’aria irrespirabile. La polizia ha azionati gli idranti per domare le fiamme. La protesta dei trattori ha poi cercato di forzare i posti di blocco, lanciando uova e arance contro l’edificio del Consiglio Ue prima di essere respinta dalla polizia con idranti e lacrimogeni. Alcuni mezzi agricoli hanno anche bloccato la via verso l’aeroporto, paralizzando il traffico. Le azioni dei manifestanti si sono protratte per tutta la notte sfociando in veri e propri episodi di guerriglia urbana.
Le ragioni della protesta
L’arrivo massiccio di mezzi agricoli dalle campagne è avvenuto in occasione della riunione dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea, riuniti per discutere la Pac. Le ragioni della protesta sono le stesse di qualche settimana fa. I manifestanti sostengono che le regole comunitarie penalizzino il loro settore, soprattutto quelle relative all’energia e all’ambiente: “Vorremmo che fossero ragionevoli con noi, che venissero con noi per un giorno a lavorare sul campo, o con i cavalli o con gli animali per vedere che non è molto facile per noi a causa delle regole che ci impongono. Per questo vogliamo parlare con loro”, ha detto Marieke Van De Vivere, un’agricoltrice della zona di Gand a Euronews.
A inizio febbraio centinaia di trattori erano giunti a Bruxelles gettando letame contro i palazzi e dando fuoco a balle di paglia. In quell’occasione avevano ottenuto alcune concessioni da Bruxelles. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva infatti accantonato la Sur, la proposta di regolamento sui pesticidi, che puntava alla riduzione del 50 per cento entro il 2030 dell’uso dei fitofarmaci, largamente utilizzati in agricoltura ma i cui effetti sulla salute dell’uomo e dei terreni è dibattuta.
Il sostegno agli agricoltori da parte del governo italiano
Contestualmente agli eventi di Bruxelles sono arrivate parole di sostegno alle richieste dei manifestanti da parte del governo italiano. La premier Giorgia Meloni ha affrontato la questione attraverso un videomessaggio inviato all”Assemblea di Confagricoltura a Bruxelles, affermando che sull’agricoltura il governo “ha fatto sentire la voce italiana su tanti dossier e l’orientamento è progressivamente cambiato. Penso alle norme sulle emissioni, sugli imballaggi, sui fitofarmaci, sulla rotazione forzata o sulla messa a riposo obbligatoria dei terreni. Certo, non tutte le questioni sono risolte, ma io credo davvero che il cammino di marcia sia evidente. E che il buon senso stia iniziando a prevalere”. Meloni ha confermato il sosegno agli agricoltori già espresso a inizio febbraio, dicendo che “non lottano per i privilegi ma per il proprio lavoro”.
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