Come nel resto d’Europa, anche in Italia si registrano proteste di agricoltori da nord a sud della penisola
I produttori agricoli chiedono un equo compenso, ma anche deroghe agli obblighi ecologici della Pac e il contrasto ai cibi sintetici.
Le associazioni ambientaliste e del biologico paventano il rischio di strumentazioni politiche e sottolineano come la soluzione stia proprio nella transizione ecologica.
Le proteste degli agricoltori che da mesi stanno agitando l’Europa sono scoppiate da una settimana anche in Italia, con cortei di trattori che da nord a sud della penisola creano disagi alla circolazione occupando caselli e arterie stradali.
Solo nei giorni scorsi in Lombardia gli agricoltori hanno manifestato con 250 trattori radunati al casello autostradale di Melegnano, nell’hinterland di Milano; in Toscana i trattori hanno occupato il casello di Valdichiana, sull’autostrada A1; in Sardegna i mezzi agricoli hanno bloccato il porto di Cagliari creando difficoltà al passaggio dei camion. Il 31 gennaio, gli agricoltori si sono mobilitati per manifestare a Fieragricola a Verona.
Le proteste degli agricoltori in Italia: chi manifesta e perché
I produttori agricoli autonomi che protestano si sono riuniti sotto la sigla Cra (Comitato agricoltori traditi), mentre altre manifestazioni sono organizzate dal coordinamento Riscatto agricolo che ha diffuso un manifesto in dieci punti: “Chiediamo con forza che venga corrisposto il giusto valore dei nostri prodotti – si legge nel testo – Oggi la maggior parte dei frutti del nostro lavoro è sottopagato, i ricavi sono abbondantemente inferiori ai costi di produzione e questo, purtroppo, perdura da decenni: non vogliamo contributi, chiediamo solo dignità del giusto prezzo”. Nell’elenco delle richieste degli agricoltori ci sono la revisione del green deal europeo, l’eliminazione dell’obbligo di non coltivare il 4 per cento dei terreni, la detassazione di Irpef e Imu, il mantenimento delle agevolazioni per il carburante agricolo, l’eliminazione dell’iva su alcuni prodotti alimentari primari, il contrasto ai cibi sintetici.
Lollobrigida: “Governo dalla parte degli agricoltori contro le scelte folli dell’Unione europea”
“Il governo Meloni è dalla parte degli agricoltori, senza se e senza ma – ha commentato in un post Facebook il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida – In Italia non c’è un governo da convincere come in altre nazioni. Sappiamo bene quel che va fatto. Le politiche dell’Unione europea, avallate dai governi che ci hanno preceduto, sono state semplicemente folli. Hanno fatto scelte tese a diminuire la produzione e le terre coltivate in cambio di sussidi sempre più bassi, utilizzando la sostenibilità ambientale come una clava”.
Qualche punto di chiarezza per capire che in Italia la situazione è differente perché il Governo Meloni è dalla parte…
Il ministro ha aggiunto anche un commento in merito all’obiettivo ecologico di ridurre i pesticidi alludendo alla volontà di favorire gli ogm: “L’utilizzo degli agrofarmaci è necessario a garanzia di produzioni fino al momento in cui si avranno piante più forti, in grado di resistere alle fitopatie e ad altre forme di aggressione: cancellare le cure senza alternative non significa migliorare l’ambiente, ma cancellare le produzioni europee sostituendole con prodotti che arrivano da Paesi terzi, e che usano pesticidi in quantità nettamente superiore ai nostri agricoltori”. Lollobrigida ha poi elencato quanto fatto dal governo per il settore, tra cui il mantenimento dei benefici sul carburante agricolo, il divieto per la carne sintetica, lo schieramento contro la direttiva emissioni che paragonava le stalle a industrie in termini di inquinamento.
Coldiretti: “Eliminare l’obbligo europeo di non coltivare il 4 per cento delle terre”
Coldiretti, che finora non si era unita alle proteste in quanto essa stessa bersaglio delle manifestazioni (a Viterbo i protestanti hanno bruciato una bandiera dell’associazione), ha comunicato che scenderà in piazza a Bruxelles l’1 febbraio, in occasione del Vertice europeo straordinario sul bilancio dell’Ue, dove la Commissione europea presenterà la proposta per la deroga alle norme Ue sull’obbligo di mantenere il 4 per cento di terreni incolti previsto dalla Politica agricola comune (Pac) per favorire la biodiversità e migliorare la qualità del suolo. “È necessario che quest’obbligo sia cancellato. Non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare. Serve una decisa svolta nelle politiche Europee per valorizzare le proprie terre fertili e fermare le importazioni sleali per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno”. Per rispondere alle proteste, la Commissione Ue ha già annunciato che concederà una deroga agli agricoltori sull’obbligo di lasciare i terreni incolti.
Le associazioni ambientaliste: “La transizione ecologica è il rimedio ai problemi”
Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica come Slow Food e Federbio comprendono le proteste degli agricoltori, ma spiegano che la soluzione risiede proprio nella transizione ecologica e sottolineano il rischio di strumentalizzazioni politiche delle manifestazioni.
Nina Wolff, membro del consiglio internazionale di Slow Food, ha commentato: “Le proteste si svolgono in un contesto di decenni di politica agricola sbagliata, che noi critichiamo fortemente. I nostri agricoltori hanno bisogno di prezzi equi per i loro prodotti, di politiche lungimiranti e impegni di finanziamento sicuri, che oggi ancora mancano, per ristrutturare l’agricoltura nel rispetto del clima e degli animali. La transizione verso la sostenibilità è urgente, ma deve essere inclusiva e consentire a tutti di fare la propria parte”. E ancora: “Ci opponiamo alla strumentalizzazione delle proteste da parte di gruppi di estrema destra che dichiarano di rappresentare gli agricoltori con il solo intento di raccogliere voti in vista delle elezioni europee del 2024, mettendo così in ombra l’importante discussione pubblica sulla necessaria transizione dei sistemi alimentari”.
La presidente di Federbio Mariagrazia Mammuccini, intervistata da L’Huffington Post,ha dichiarato di comprendere il disagio degli agricoltori che dal punto di vista economico sono l’anello deboile della catena con la Pac che ha premiato le aziende di grandi dimensioni e penalizzato le piccole, sostenendo chi fa largo uso di chimica di sintesi e investendo poco nell’innovazione green, una politica che ha rallentato la ricerca di soluzioni adatte a risolvere i problemi attuali. Per la presidente, però, “prendersela con il green deal vuol dire scambiare il rimedio con la causa del male. La soluzione è quella di aiutare gli agricoltori durante la fase della transizione green, “l’unica che permette di salvare gli elementi senza i quali l’agricoltura non potrà mai guadagnare: un suolo fertile, la diversità genetica, la disponibilità di acqua”.
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