- Migliaia di manifestanti sono tornati a protestare in varie città della Georgia contro la decisione del governo di sospendere per quattro anni i colloqui di adesione all’Unione europea.
- Nella capitale Tbilisi le manifestazioni sono state violentemente represse della polizia. Almeno 224 gli arresti, decine i feriti.
- La presidente Salomé Zourabichvili ha sostenuto i manifestanti e denunciato l’illegittimità del nuovo parlamento, annunciando che non si dimetterà allo scadere del suo mandato previsto a fine dicembre 2024.
Sono notti insonni a Tbilisi. La capitale della Georgia è stata sconvolta ancora una volta dalle proteste. Il primo dicembre, per la quarta notte consecutiva, migliaia di manifestanti si sono riuniti davanti alla sede del parlamento per dire “no” alla decisione del governo di sospendere fino al 2028 i colloqui per l’adesione all’Unione europea. La frenata verso l’avvicinamento all’Ue era stata annunciata il 28 novembre dal primo ministro Irakli Kobakhidze, in risposta alla decisione del parlamento europeo di non riconoscere i risultati delle elezioni parlamentari del 26 ottobre scorso. Secondo Bruxelles, infatti, il voto georgiano sarebbe stato influenzato da presunte irregolarità e per questo dovrebbe essere ripetuto sotto la supervisione internazionale.
In precedenza, nel luglio scorso, l’Unione europea aveva a sua volta sospeso il processo di adesione della Georgia in risposta all’approvazione di una controversa legge sull'”influenza straniera”, di ispirazione russa, interrompendo anche un finanziamento di 30 milioni di euro per gli aiuti militari.
Adesso i membri del parlamento europeo hanno chiesto sanzioni contro i funzionari del governo georgiano.
Il partito di maggioranza Sogno georgiano, riconfermato con il 53,9 per cento dei voti, ha accusato l’Ue di voler “organizzare una rivoluzione nel Paese” e di utilizzare i negoziati di adesione per “ricattare” la Georgia.
“Abbiamo deciso di non mettere in agenda la questione dell’apertura dei negoziati con l’Unione europea fino alla fine del 2028 — ha detto il primo ministro Irakli Kobakhidze —. Inoltre, rifiutiamo qualsiasi sovvenzione di bilancio da parte dell’Unione europea fino alla fine del 2028”.
La violenta repressione Tbilisi e altre città
Lo stop ai colloqui con Bruxelles ha portato decine di migliaia di manifestanti a scendere in strada a Tbilisi e in altre città del Paese: a Batumi, Kutaisi, Ozurgeti, Rustavi e Zugdidi. La gente sventolava bandiere dell’Ue e non si è fermata nemmeno davanti agli idranti e ai gas lacrimogeni usati a Tbilisi dalle forze dell’ordine per disperdere la folla. Secondo il Ministero degli Interni georgiano, i dimostranti avrebbero lanciato fuochi d’artificio, pietre e bottiglie di vetro contro la polizia, e nei quattro giorni di proteste sarebbero state detenute almeno 224 persone. Decine i ricoveri in ospedale.
Come riporta la stampa locale, le forze dell’ordine avrebbero reagito con violenza non solo contro i manifestanti, ma anche contro i giornalisti, picchiati e colpiti con spray al peperoncino.
Perché la gente protesta da mesi
È da mesi che a Tbilisi la gente scende in strada a protestare. Le tensioni erano iniziate in primavera, dopo che il partito al governo Sogno georgiano aveva approvato una nuova legge sulla “trasparenza dell’influenza straniera”: una normativa simile a quella già usata dal Cremlino per reprimere il dissenso.
Questo paese del Caucaso, ex repubblica sovietica, considera che il 20 per cento del proprio territorio (cioè le regioni separatiste dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud) siano sotto occupazione militare russa.
Dopo il crollo dell’Urss la Georgia con i suoi 3,7 milioni di abitanti si è orientata verso Occidente e nel 2023 ha ottenuto lo status di Paese candidato all’Unione europea.
Ma l’opposizione interna e i governi occidentali accusano il partito al governo Sogno georgiano di voler abbandonare la strada verso Bruxelles, nonostante le dichiarazioni ufficiali e il fatto che l’adesione all’Ue sia sancita dalla Costituzione.
Secondo un sondaggio del National Democratic Institute, un’organizzazione non-profit statunitense, quasi l’80 per cento dei georgiani sostiene l’integrazione europea. E la figura che negli ultimi mesi è emersa come paladina del “sogno europeo” è la presidente Salomé Zourabichvili, che durante le proteste dei giorni scorsi si è unita ai manifestanti e ha esortato le forze dell’ordine a non usare la forza.
Non sorprende dunque che il prossimo braccio di ferro sarà proprio tra il governo e la presidente Zourabichvili.
La presidente rifiuta di dimettersi
La presidente Salomé Zourabichvili ha infatti dichiarato che non intende dimettersi alla scadenza del suo mandato, prevista per la fine di dicembre 2024, sostenendo che il nuovo parlamento, essendo illegittimo, non ha l’autorità per nominare un successore. Sia l’opposizione che Zourabichvili ritengono che le elezioni siano state truccate e la presidente ha esortato che vengano fatte pressioni sulla Corte costituzionale per annullare l’esito del voto.
Il primo ministro Irakli Kobakhidze ha detto di comprendere lo “stato emotivo” di Zourabichvili, ma che “ovviamente il 29 dicembre dovrà lasciare la sua residenza e consegnare questo edificio a un presidente legittimamente eletto”.
Nel frattempo Zourabichvili ha incontrato i membri dell’opposizione e ha detto che la protesta deve rimanere spontanea e auto-organizzata e ha promosso la creazione di un fondo pubblico che contribuirà a coprire le multe dei manifestanti.
Le reazioni di Washington e Bruxelles
Le polemiche e gli scontri hanno ovviamente varcato i confini nazionali, coinvolgendo anche gli altri grandi attori di questo confronto: gli Stati Uniti, l’Unione europea e la Russia.
Washington e Bruxelles hanno criticato non solo la risposta aggressiva della polizia, ma anche l’arretramento democratico e il “crescente autoritarismo” della Georgia. Elementi che hanno spinto gli Stati uniti a sospendere la loro partnership strategica con questo Paese del Caucaso. “La decisione del partito Sogno georgiano di sospendere il processo di adesione della Georgia all’Unione europea va contro la promessa fatta al popolo georgiano, sancita nella loro Costituzione, di perseguire una piena integrazione nell’Unione europea e nella Nato – si legge in una nota del Dipartimento di Stato degli Usa -. Ribadiamo il nostro appello al governo georgiano affinché ritorni sul percorso euro-atlantico, indaghi in modo trasparente su tutte le irregolarità delle elezioni parlamentari e abroghi le leggi anti-democratiche che limitano le libertà di assemblea ed espressione”.
Il nuovo capo della diplomazia dell’Ue, Kaja Kallas, ha detto che l’Europa è “al fianco del popolo georgiano”. “Condanniamo la violenza contro i manifestanti e ci rammarichiamo per i segnali del partito al governo di non voler perseguire il percorso della Georgia verso l’Ue e per il regresso democratico del Paese. Ciò avrà conseguenze dirette da parte dell’Ue”.
E mentre diversi diplomatici e funzionari pubblici hanno firmato delle lettere aperte in cui ribadiscono l’illegalità della sospensione dei colloqui con l’Ue, visto che l’obiettivo di entrare nell’Unione è sancito dalla Costituzione, il ministero degli Esteri della Georgia ha detto che ci sono Paesi stranieri che cercano di “interferire nel funzionamento delle istituzioni di uno Stato sovrano”.
Le reazioni di Mosca
Di interferenze straniere parla anche Mosca: il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha dichiarato che “c’è un evidente tentativo di destabilizzare la situazione. Abbiamo visto eventi simili in numerosi Paesi. Il parallelo più diretto è con gli eventi del Maidan in Ucraina. Sono presenti tutti i segnali di un tentativo per avviare una ‘rivoluzione arancione’”.
Peskov ha quindi aggiunto che si tratta di una questione interna alla Georgia e che il Cremlino non ha intenzione di intervenire in questi processi. “Le autorità georgiane stanno adottando misure per stabilizzare la situazione e riportare la calma”, ha concluso il rappresentante del Cremlino.
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