Più di 500 personesi sono riunite davanti alla Casa Bianca a Washington lunedì 11 ottobre, nella giornata che segna l’Indigenous peoples’ day, per protestare contro le decisioni prese dall’amministrazione Biden in ambito ambientale. I manifestanti hanno chiesto al governo, in particolare, di bloccare i progetti legati all’uso dei combustibili fossili che danneggiano le comunità dei nativi americani in tutti gli Stati Uniti, dai monti Appalachi della costa est alle terre incontaminate dell’Alaska.
L’Indigenous people’s day
Le proteste sono state organizzate da Build back fossil free, una coalizione formata da centinaia di attivisti provenienti da diverse associazioni locali e nazionali. Secondo quanto riportato dal gruppo, 135 persone sono state arrestate per aver stazionato nei pressi della Casa Bianca dopo che la polizia aveva ordinato alla folla di disperdersi.
La data scelta per l’avvio delle proteste non è casuale: negli Stati Uniti l’11 ottobre si festeggia infatti l’Indigenous peoples’ day, una giornata dedicata alla cultura delle popolazioni native americane. Il presidente Joe Biden è stato il primo a riconoscere questa ricorrenza. In origine infatti l’11 ottobre corrispondeva con il Columbus day, giorno dedicato a Cristoforo Colombo, ma di recente una serie di stati e città americane hanno seguito l’esempio di Biden e sostituito la festività – oggi controversa a causa dei massacri perpetrati dagli europei ai danni delle popolazioni che già occupavano il suolo americano nel XV secolo – alla celebrazione delle culture indigene.
Le proteste a Washington
Le proteste sono state in gran parte pacifiche, ma non sono mancati episodi di tensione: alcuni manifestanti, per esempio, hanno denunciato l’utilizzo da parte delle polizia dei long range acoustic device (lrad), dispositivi acustici che emettono un suono molto fastidioso con l’obiettivo di disperdere le folle. Inoltre, come riportato dal quotidiano britannico Guardian, le parole “Expect us” sono state scritte con la vernice sul basamento di una statua di Andrew Jackson, il settimo presidente americano tristemente noto – fra le altre cose – per le politiche di violenza attuate nei confronti dei nativi americani.
La citazione arriva dal motto “Respect us, or expect us” (rispettateci o aspettateci) utilizzato dalle donne native in Minnesota per protestare contro il piano da 9 miliardi di dollari della compagnia petrolifera canadese Enbridge per potenziare uno dei suoi impianti.
I rappresentanti delle popolazioni indigene hanno protestato contro la scarsa considerazione mostrata dal governo americano verso le loro richieste e priorità, soprattutto per quanto riguarda le tematiche ambientali: molti siti estrattivi, infatti, mettono in pericolo territori storicamente occupati dai nativi, che lottano per preservarne l’integrità.
Secondo molti l’amministrazione Biden non sta tenendo fede alle tante promesse sul tema fatte in campagna elettorale. “Biden ha puntato molto sulla lotta contro i cambiamenti climatici, la sua elezione si è basata sulle persone di colore e sugli indigeni. Ma quando si arriva al punto, le nostre vite vengono ancora sacrificate in favore del petrolio o del gas naturale”, ha detto per esempio Siqiñiq Maupin, direttore di Sovereign Inupiat for a Living Arctic, un gruppo dell’Alaska che si batte per proteggere le terre dei nativi dalle trivellazioni.
People vs fossil fuels, il movimento alla base delle proteste, ha avanzato richieste specifiche, chiedendo al presidente Biden di prendere posizione per bloccare i progetti legati ai combustibili fossili, dichiarare una situazione di “emergenza climatica” e lanciare quindi una “giusta rivoluzione con le energie rinnovabili”.
Gli occhi sono puntati sulla Casa Bianca, e le decisioni Biden nel corso dei prossimi mesi potrebbero essere cruciali per definire l’immagine che il presidente lascerà di sé in seguito alla fine del suo mandato.
Bolsonaro riceve la medaglia al merito indigeno. Una scelta assurda del governo brasiliano che non tiene conto delle accuse di genocidio nei confronti del presidente.
Impossibile non restare affascinati dalla vita dei popoli indigeni, così intimamente connessa alla natura e così lontana dal nostro quotidiano. Possiamo raggiungerli con la fantasia e vedere il mondo con i loro occhi grazie alle straordinarie immagini del calendario 2022 “We, the people” di Survival International, il movimento globale che lotta per i loro diritti.
Il presidente cileno Sebastián Piñera ha dichiarato lo stato di emergenza e schierato l’esercito in quattro province nel sud del paese in seguito a una serie di scontri fra le forze dell’ordine e il popolo indigeno dei Mapuche. La misura straordinaria resterà in vigore per almeno due settimane e autorizzerà le forze armate a “fornire appoggio logistico, tecnologico e nelle comunicazioni, così come nelle operazioni di