La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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A Nardò sono stati trovati i resti ben conservati di un dolicosàuro, è il primo fossile di questo tipo rinvenuto nell’Italia meridionale.
Alla fine del Mesozoico, circa cento milioni di anni fa, vivevano lucertole acquatiche, imparentate alla lontana con i varani e caratterizzate dal lungo collo, i dolicosàuri (Dolichosauridae). È stato rinvenuto in Puglia il fossile di un dolicosàuro conservato in maniera eccezionale e che presenta addirittura tracce di tessuti molli. I fossili di questi animali estinti sono rari e spesso incompleti, per questo la scoperta effettuata a Nardò, in provincia di Lecce, dai ricercatori coordinati dall’italiana Ilaria Paparella del dipartimento di Scienze biologiche dell’università di Alberta, ha un elevato valore scientifico.
L’animale, descritto sulla rivista Royal society open science, è stato battezzato Primitivus manduriensis in onore del vino pugliese Primitivo di Manduria. I resti fossili di questi rettili sono stati ritrovati in Europa, in Nordamerica e in Asia, quello pugliese è però il primo fossile di questo tipo rinvenuto nell’Italia meridionale.
Le eccellenti condizioni del fossile hanno permesso ai ricercatori di trovare, nello stomaco dell’animale, una lisca di pesce, ovvero i resti del suo ultimo pasto. L’eccezionale conservazione dei muscoli, della pelle, delle cartilagini e del contenuto dell’intestino, forniscono informazioni uniche sulla biologia di questi animali estinti.
La scoperta del fossile ha inoltre dimostrato l’incompletezza della nostra conoscenza delle distribuzioni temporali e spaziali dei dolicosàuri, postdatandone l’estinzione di almeno quindici milioni di anni. Le rocce da cui è stato estratto il fossile, che un tempo erano sommerse da acque poco profonde, risalgono al periodo Campaniano-Maastrichtiano, circa 70-75 milioni di anni fa. “Pensavamo che questo gruppo di lucertole fosse vissuto solo fino a 85 milioni di anni fa”, ha affermato la coordinatrice dello studio Ilaria Paparella. Sappiamo ora che questi rettili sono vissuti più a lungo del previsto e che, quantomeno in alcune aree, sono sopravvissuti quasi fino alla fine del Cretaceo.
I ricercatori ritengono che l’antico rettile, i cui resti sono ora ospitati nel museo di paleontologia dell’Università Sapienza di Roma, avesse uno stile di vita semi-acquatico, grazie alla peculiare struttura delle sue ossa pelviche era in grado sia di nuotare con abilità che di muoversi sulla terraferma. L’animale era lungo circa un metro, aveva la coda piatta e il muso appuntito mentre le zampe erano palmate e avevano dimensioni modeste.
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