Il presidente della Fifa Gianni Infantino sulle critiche ai Mondiali in Qatar: “Mi sento gay, disabile, lavoratore migrante. Dall’Europa tanta ipocrisia”.
Aveva chiesto alle federazioni impegnate nel torneo di parlare solo di calcio, e non di diritti umani, civili e ambientali. Ma alla vigilia dell’inizio dei Mondiali di calcio in Qatar, pressato dalle inchieste, dalle proteste e dalle iniziative di boicottaggio di tifosi, amministrazioni pubbliche, società civile, il presidente della Fifa Gianni Infantino è passato contemporaneamente alla difesa e al contrattacco, nel corso di una lunga conferenza stampa che doveva essere semplicemente di presentazione del torneo, al via domani con la partita inaugurale tra Qatar ed Ecuador.
Arabo, africano, gay, migrante
Sin dall’esordio, è stato chiaro però che quella del presidente della Fifa non sarebbe stata una conferenza stampa di routine. Per rispondere alle accuse di violazioni dei diritti umani da parte della Fifa e degli organizzatori qatarini nei confronti dei migranti proveniente dall’Asia e costretti a lavorare con turni e in condizioni massacranti per realizzare le infrastrutture per Qatar 2022, Infantino ha tirato in mezzo il proprio stesso passato di emigrante. “Oggi mi sento qatarino. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento un lavoratore migrante”.
Infantino ha paragonato la situazione dei lavoratori edili del Qatar di oggi a quella dei suoi genitori italiani venuti a stabilirsi in Svizzera negli anni ’60: “Le condizioni erano difficili. Quando sono arrivato in Qatar per la prima volta sei anni fa, alcune cose che ho visto mi hanno ricordato la mia infanzia. Ma proprio come la Svizzera anni fa, il Qatar ha fatto progressi”. E poi: “Ovviamente io non sono qatarino, non sono arabo, africano, gay, lavoratore migrante. Ma so cosa vuol dire essere discriminato. Io stesso sono stato bullizzato”.
L’ipocrisia dell’Europa
L’approccio empatico cede però poi il passo all’attacco, alla stampa occidentale e anche all’Europa stessa, accusate di ipocrisia: “In questi anni abbiamo assistito a una doppia morale da parte di europei e occidentali. Eppure sono gli europei che dovrebbero scusarsi per quello che hanno fatto nel mondo negli ultimi tremila anni”. Secondo Infantino “il Qatar ha dato opportunità di lavoro a migliaia di lavoratori. Noi nel mondo occidentale, invece, chiudiamo i confini. Noi non permettiamo l’ingresso nei nostri Paesi in maniera legale. E spesso i migranti vivono in condizioni che non sono certo le migliori. Per questo molti migranti sono costretti a cercare strade non legali per arrivare in Europa. E solo pochi sopravvivono. Così come sono pochi quelli che davvero si occupano dei destini di queste persone, e in particolare di quello dei bambini”. Il Qatar invece, secondo Infantino, “dà loro un futuro”.
Un futuro che però non avranno gli oltre 6.500 lavoratori provenienti per la maggior parte da Pakistan, India, Sri Lanka, Bangladesh, e morti negli ultimi dieci anni per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture necessarie a disputare un Mondiale nel deserto. Per i familiari delle vittime Amnesty International ha chiesto una compensazione economica, fin qui negata dal governo qatariota, e sul quale nemmeno questa volta la Fifa si è espressa, come fa notare il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury.
Infantino piuttosto ha assicurato che in Qatar “c’è già un Ufficio permanente che si occupa dei lavoratori dei migranti, le compensazioni esistono”. E poi ha annunciato che la Fifa creerà un fondo dedicato alla creazione di un polo di eccellenza del lavoro in collaborazione con l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) per sviluppare pratiche migliori in materia di lavoro e sostenere l’adesione ai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani. Il fondo “sarà finanziato da una percentuale delle entrate commerciali generate attraverso la competizione”.
Per i diritti Lgbtq+ “è questione di tempo”
Anche i diritti delle persone omosessuali, uno dei punti su cui il Qatar viene fortemente criticato, è stato al centro del meeting Fifa a Doha. “Ho parlato di questo tema più volte con le autorità del Qatar: qui ognuno è benvenuto. Certo alcuni preferiscono stare a casa a criticare perché qui non è permesso vivere in pubblico la propria omosessualità, ma si tratta di un processo che richiede anni. Mio padre probabilmente avrebbe avuto una opinione diversa dalla mia sull’omosessualità, così come sicuramente mio figlio ha una opinione diversa dalla mia. Proviamo a convincere gli altri costruendo relazioni, aiutando, non dividendo, ma piuttosto unendo”.
Ma il momento di maggiore impatto, riguardo alla questione Lgbtqi+, è stato il coming out di Bryan Swanson, capo ufficio stampa della Fifa, che per tutto il tempo della conferenza stampa era stato seduto accanto a Infantino: “Sono qui, in questa posizione privilegiata, su un palco gobale, come persona gay, come uomo libero in Qatar. Abbiamo ricevuto rassicurazioni sul fatto che ognuno è benvenuto. Solo perché Gianni Infantino non è gay, questo non vuol dire che non gli importi di questo tema”. In realtà in Qatar le coppie gay non sono riconosciute in alcun modo, e la sodomia è punita con la reclusione da uno a tre anni. Solamente pochi giorni fa l’ambasciatore qatarino dei Mondiali Khalid Salman aveva parlato dell’omosessualità come di un “disagio psichico”.
E il rispetto dell’ambiente?
Nessun cenno, invece, alla questione dei diritti ambientali, anche questi decisamente calpestati per l’organizzazione dei mondiali in Qatar, tra aria condizionata negli stadi all’aperto e navette aeree quotidiane tra Doha e Dubai, si stima che in meno di un mese di torneo verranno emesse quantità di C02 pari a quelle prodotte in un paese come l’Islanda in otto anni interi. Inoltre l’impronta carbonica degli stadi realizzati per l’occasione – secondo Carbon market watch – è di almeno 1,4 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni prodotte in un anno da 180mila famiglie statunitensi per il consumo di energia.
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