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Il più esotico dei musei di Parigi: il musée du quai Branly
Si possono compilare volumi o intere enciclopedie di storia dell’arte, con pretese di universalità e completezza, ignorando i prodotti dell’attività creativa di popoli o continenti extra-europei? Secondo il filosofo Ananda Coomaraswamy si tratta di una prassi discutibile o quanto meno provinciale. Certo la suggestione dei grandi maestri, ovvero di coloro che col proprio genio artistico
Si possono compilare volumi o intere enciclopedie di storia dell’arte, con pretese di universalità e completezza, ignorando i prodotti dell’attività creativa di popoli o continenti extra-europei? Secondo il filosofo Ananda Coomaraswamy si tratta di una prassi discutibile o quanto meno provinciale.
Certo la suggestione dei grandi maestri, ovvero di coloro che col proprio genio artistico hanno incantato l’intero pianeta –per intenderci: i Caravaggio, i Picasso, i Rembrandt e così via– è profondissima e irresistibile, ma esiste anche un approccio alternativo e decisamente avvincente alla verità dell’arte. Da dove ha origine l’espressione artistica? Come decifrare i suoi linguaggi primitivi? Qual è il suo rapporto con le pratiche magiche, rituali e tradizionali delle società di provenienza? In che modo i singoli fattori geografici, antropologici o demografici di un’etnia o di una tribù influiscono su di essa?
Il Musée du Quai Branly, che proprio a fine giugno ha festeggiato il suo decimo compleanno, ci consente di esplorare questi affascinanti interrogativi e al tempo stesso di ampliare indirettamente la nostra comprensione dell’arte occidentale, focalizzando sia il suo rapporto con le culture “altre” sia tutte quelle variabili linguistiche, psicologiche e sociologiche che la caratterizzano. La divisione in sezioni continentali, ovvero Asia, Africa, Oceania ed Americhe, corrisponde appunto all’intento di concedere equivalente spazio rappresentativo alle arti di tutto il mondo, attraverso una ricchissima collezione di circa 300mila opere comprese tra il secondo millennio a.C. e l’inizio del XXI secolo.
Natura, cultura e architettura
Nel caso non abbiate ancora mai varcato la soglia del Musée du Quai Branly, non vi sarà comunque sfuggito, osservandolo dall’esterno, il fascino atipico ed accattivante del suo ingresso: un’imponente parete vetrata interamente rivestita da un muro vegetale di 800 mq costituito da piante di varie specie, ideato da Patrick Blanc, crea la singolare impressione di un’oasi selvaggia nel bel mezzo del sontuoso VII arrondissement.
Inoltrandovi nell’ampio giardino che circonda il complesso architettonico –o meglio la “città culturale”, come qualcuno l’ha definita–, realizzato secondo il progetto del paesaggista Gilles Clément e impreziosito dall’illuminazione di Yann Kersalé, incomincerete a scorgere l’immobile concepito dall’archistar Jean Nouvel.
Nell’alternanza di collinette, cespugli e sentieri lastricati di ciottoli di torrente, scorgerete la lunga recinzione in vetro che segue la curvatura della Senna e la tipica sagoma di un’enorme ed avveniristica palafitta. Avrete insomma la sensazione di immergervi in una perfetta sintesi di natura rigogliosa ed avanzatissima modernità, come se l’essenzialità di un mondo primitivo fosse espressa dalla linearità e dall’asciuttezza delle forme.
Non a caso, colui che ha ostinatamente voluto e promosso la creazione di questo museo, ovvero l’ex-presidente della repubblica francese Jacques Chirac, era animato da un’autentica e personale passione per l’arte cosiddetta “primitiva” e non occidentale.
Il senso dell’approccio antropologico
Scordatevi la sciatteria paludata e ripetitiva di certi musei polverosi che pretendono di spacciare per interessanti le loro file interminabili di cimeli ed oggetti strambi: il Quai Branly è innanzitutto un’autentica festa dello sguardo e dell’intelligenza.
La vastissima offerta di esposizioni ed iniziative culturali che troverete al suo interno è finalizzata innanzitutto a propiziare un approccio multisensoriale: non solo immagini visive, ma anche esperienze tattili -attraverso esemplari fac-simile che invitano i visitatori a “toccare” le opere- o esplorazioni acustiche regalate dalle collezioni musicali (ad esempio quelle sui canti d’invocazione rituali) e perfino gli odori percepibili all’interno della cosiddetta “aromathèque”. Il percorso “Rivière”, originariamente creato per i non vedenti, è attualmente fruibile da chiunque acceda al museo.
La predilezione per allestimenti teatrali e scenografici, gli spazi dinamici, vivacizzati dalla compresenza di più livelli, scivoli e rampe, insieme agli effetti chiaroscurali fanno del Quai Branly un evidente esempio di eccellenza del sistema museale francese, percorso da fitti e proficui legami col tessuto accademico ed universitario nazionale.
Nelle esposizioni che visiterete difficilmente potrete lamentare quell’ambiguità talvolta connessa al concetto marxista di “cultura materiale”, che spesso tenderebbe a confondere l’interesse storico-documentale degli oggetti col loro valore estetico e critico-artistico (chiunque abbia assistito a qualche rassegna monografica di cinema cinese o asiatico intuisce al volo cosa intendo).
Lo sguardo sulle culture extra-occidentali è filtrato dalla tecnologia, dalle risorse e dai saperi della civiltà contemporanea e, parallelamente, l’arte e le categorie figurative dell’Occidente non spariscono, ma riemergono attraverso stimolanti prospettive di confronto: se ad esempio vi avventurerete a visitare una mostra sulle Îles Marquises, troverete come viatico immagini e citazioni di Gauguin, che dai popoli indigeni del Pacifico trasse memorabili ispirazioni pittoriche.
L’offerta culturale e museale
Come la stragrande maggioranza dei musei francesi, il Quai Branly eccelle nella varietà ed originalità delle iniziative didattiche appositamente concepite per i bambini di diverse fasce d’età. Oltre ad esse, nel corso dell’anno si dispiega un programma particolarmente ampio e diversificato di conferenze, incontri e tavole rotonde inerenti ai temi delle varie esposizioni o collezioni permanenti. Uno degli spazi più fascinosi entro i quali tali appuntamenti si svolgono è il cosiddetto “salon de lecture” dedicato a Jacques Kerchache, il celebre collezionista di arti primitive che a suo tempo collaborò con Chirac per la creazione del museo.
Il salone, dotato di un ingresso indipendente da quello delle mostre, arredato con eleganti boiserie sui toni del crema e provvisto di un gran numero di volumi consultabili a scaffale aperto, dispone perfino di confortevolissime postazioni-computer, sulle quali chiunque può intrattenersi indisturbato per studiare, scrivere o anche semplicemente consultare la posta elettronica.
Tra le mostre temporanee attualmente visitabili, merita una speciale menzione il formidabile percorso espositivo di “Persona. Étrangement humain” (aperto fino all’11 novembre) in cui, dagli oggetti primitivi ai giocattoli infantili, dal design alla robotica e alla storia della scienza, viene indagato il cosiddetto fenomeno dell’antropomorfismo, ovvero la tendenza ad intravedere tratti di umanità negli oggetti inanimati.
Come arrivarci
Potete raggiungere il museo con una flemmatica passeggiata lungo “les quais de la Seine”, imbattendovi magari in coloro che, ad alcune ore del giorno o della notte, percorrono quello stesso tragitto per fare jogging o addentrarsi nel vicino parco dello Champ de Mars.
Se invece siete troppo distanti o sedentari, potete utilizzare l’RER, scendendo alla stazione Pont de l’Alma o Champ de Mars e, in alternativa, svariate linee di métro: linea 9 (fermata Alma-Marceau oppure Iéna), linea 8 (École Militaire), linea 6 (Bir-Hakeim). Nelle vicinanze troverete anche ben due stazioni di Vélib ed altrettante di Autolib.
Il consiglio LifeGate Express
Eviteremo di essere banali e di suggerirvi di puntare verso la Tour Eiffel, che rispetto al Musée du Quai Branly dista davvero pochi passi a piedi. Dando per scontato che l’abbiate già visitata o abbondantemente rimirata a distanza, da vari punti della città, ipotizziamo un percorso alternativo. Voltate le spalle alla “dame de fer”, come la chiamano i parigini, e incamminatevi nella direzione opposta, risvegliando per una quindicina di minuti il maratoneta che è in voi.
In coincidenza con il ponte più incantevole della Senna, ossia il Pont Alexandre III, approderete ad un ampio spazio verde, cioè ad una sorta di enorme prato denominato Esplanade des Invalides, attraversando il quale potrete accedere all’omonimo monumento storico, l’Hôtel des Invalides, che tra i suoi svariati tesori custodisce anche la tomba di Napoleone Bonaparte.
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