A Rafah si trovano oltre un milione di persone, la maggior parte sfollate dal resto della Striscia.
Rafah è l’unica città non ancora invasa dall’esercito israeliano, ma l’operazione via terra è imminente.
Una prima operazione militare ha causato 100 morti e ha portato alla liberazione di due ostaggi.
Nelle ultime ore Israele ha esteso la sua offensiva militare su Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza prima dell’Egitto. Da giorni i vertici politici e militari israeliani annunciavano un’imminente invasione di terra del centro, dove si trova rifugiata circa la metà della popolazione gazawi, cioè oltre un milione di persone.
L’esercito israeliano ha effettuato pesanti bombardamenti che sono costati la vita a circa 100 persone e nell’ambito dei quali sono stati liberati due ostaggi israeliani. L’operazione via terra non è ancora cominciata, intanto il popolo palestinese non ha più dove scappare.
Una forza speciale dell'IDF e dello Shin Bet ha liberato due ostaggi israeliani che erano tenuti da Hamas nella città di Rafah, afferma l'IDF. Si tratta di Fernando Merman (67) e Luis Har (70), entrambi sequestrati nel kibbutz di Nir Iyshak. pic.twitter.com/yXLJGynQQz
L’offensiva militare israeliana sulla Striscia di Gaza, iniziata il 7 ottobre dopo l’attacco di Hamas, ha finora causato circa 28mila morti. I bombardamenti e le operazioni via terra dell’esercito hanno distrutto fino al 60 per cento degli edifici del territorio e l’85 per cento della popolazione è sfollata.
Gran parte delle persone che hanno lasciato le proprie case oggi si trovano a Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza prima dell’Egitto, con cui la frontiera è chiusa. Rafah è stata finora la città più sicura del territorio, una sicurezza relativa perché nelle scorse settimana Israele ha effettuato bombardamenti nell’area, ma più sparuti rispetto al resto della Striscia. E soprattutto, Rafah è l’unica città che ancora non è stata invasa dai militari israeliani. Da qualche giorno però era evidente che le cose stessero per cambiare.
Israeli warplanes targeted the Al-Huda Mosque in Rafah, dozens of displaced Palestinians were sheltering inside. pic.twitter.com/WeOUFQZ5Mn
Il 9 febbraio il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato l’elaborazione di un piano di evacuazione dei civili da Rafah, così da iniziare anche lì un’operazione via terra contro le basi di Hamas. A Rafah si trovano oltre un milione di persone e la realtà è che non c’è più alcun posto dove scappare, dal momento che fino a ora proprio Israele aveva spinto la popolazione palestinese verso Rafah in quanto ultimo “porto sicuro” nella Striscia. Altre città dove andare non ci sono, perché sono o distrutte o occupate militarmente dall’esercito israeliano. A Sud invece c’è l’Egitto.
La liberazione di due ostaggi
Se l’invasione via terra di Rafah non è ancora ufficialmente iniziata, nelle scorse ore l’esercito israeliano ha dato il via a una profonda operazione via aerea unita all’azione di alcuni soldati sul terreno. La città è stata colpita da profondi bombardamenti che secondo il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, ha causato qualcosa come 100 morti.
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قصف إسرائيلي عنيف جدا يستهدف مدينة رفح جنوب قطاع غزة.
Nel corso dell’operazione Israele ha liberato due dei suoi 114 ostaggi ancora reclusi nelle mani di Hamas. Si tratta di Fernando Simon Marman, 60 anni, e Louis Har, 70 anni, rapiti il 7 ottobre dal kibbutz Nir Yitzhak durante l’attacco dell’organizzazione radicale palestinese che ha causato circa 1.200 morti. “Entrambi sono in buone condizioni mediche. Le forze di sicurezza continueranno ad operare con tutti i mezzi per riportare a casa gli ostaggi”, ha sottolineato l’esercito israeliano in una nota.
La testimonianza da Rafah
“La situazione a Rafah è drammatica, soprattutto la scorsa notte è stata molto difficile: nessuno è riuscito a dormire perché hanno bombardato praticamente tutta la notte. È entrata anche una forza speciale israeliana nella zona al centro della città di Rafah e hanno liberato due ostaggi. Ma durante le operazioni bombardavano, via terra, aria, dal mare. Hanno ucciso 105 persone”. Le parole sono di Sami Abu Omar, un cooperante di ACS, l’Associazione di Cooperazione e Solidarietà di Padova, che si occupa del centro culturale Vik To Gaza, dedicato a Vittorio Arrigoni.
Da Rafah, attraverso un audiomessaggio, racconta quanto vissuto la scorsa notte. “La situazione è drammatica – continua il cooperante – nessuno riusciva a dormire, pensavamo che Rafah fosse stata invasa”. E stamattina, racconta, la situazione non è migliore: “Questa gente si sta preparando, stamattina camminavo per Rafah e le persone stavano praticamente raccogliendo le loro cose, smontando le tende, vogliono andare verso Deir er Balah”, città al centro della Striscia di Gaza. “Non c’è un posto sicuro”, contunua Sami Abu Omar, che parla anche di ”invasioni dalla parte est da Rafah: la gente non sa cosa da cosa fare, non sanno a cosa pensare perché bombardano dappertutto. Ci sono molti morti, tanti altri feriti ma praticamente non c’è posto in ospedale per le cure”. La situazione, ora anche a Rafah, è drammatica.
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