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Nel 2020 ricorrono i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, una delle leggende del Rinascimento italiano. Ecco come lo ricordiamo
Morto il 6 aprile 1520 a 37 anni per una notte brava quasi come fosse una rock star, Raffaello Sanzio, una delle figure più importanti del nostro Rinascimento, si è imposto nella storia dell’arte come una vera e propria leggenda. Piacevole d’aspetto, pittore eccellente, di buon carattere, bravissimo in quello che oggi chiameremmo “personal branding”, in poco più di venticinque anni di attività professionale ha dipinto celeberrime Madonne con bambino, ritratti di Papi, cardinali e signori, e affreschi conosciuti e ammirati in tutto il mondo. Nel 2020 ricorrono i 500 anni dalla sua morte: anche noi vogliamo ricordare la sua vita e le sue opere, a modo nostro.
Se per Raffaello dovessimo identificare una “data del destino”, questa sarebbe di certo quella del 6 aprile: nasce ad Urbino in quel giorno, nel 1483, e in quella stessa data muore a Roma nel 1520. A raccontarci i dettagli della sua giovinezza e poi della sua piena attività artistica è Giorgio Vasari: Raffaello è figlio di un pittore urbinate attivo presso i Montefeltro, Giovanni Santi. Nella sua bottega “si rende utile” sin dalla più tenera età prima di iniziare il suo periodo di formazione vero e proprio con Pietro Vannucci, detto il Perugino.
Nel 1491 perde la madre, nel 1494, a soli undici anni, anche il padre e così, ormai orfano, è affidato allo zio sacerdote, Bartolomeo, che gli fa continuare gli studi in quel di Perugia. Col suo primo maestro, Raffaello collabora (e si confronta) fino al 1504. Nello stesso periodo, il Sanzio mantiene i contatti anche con altri pittori, come il Pinturicchio, che nel 1502 lo vuole a Siena per gli affreschi della Libreria Piccolomini.
Nel 1504, Raffaello si fa raccomandare al gonfalone di Firenze Pier Soderini da una Montefeltro, Giovanna Feltria, sorella del duca d’Urbino. È un giovane ambizioso e desideroso di confrontarsi coi più grandi maestri del suo tempo. Vuole conoscere ad ogni costo Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, che proprio in quel periodo, spinti da Soderini, si stanno sfidando a “colpi di cartoni preparatori” per la decorazione della Sala del Maggior consiglio. Nei quattro anni fiorentini l’artista fa amicizia con gli artisti locali, come Fra’ Bartolomeo, e dipinge numerosi ritratti e Madonne con bambino.
Raffaello si trasferisce a Roma verso la fine del 1508. Pur ricevendo commesse da vari mecenati, è sotto l’ala protettrice di Giulio II, che nel 1509 affida a Raffaello soltanto l’incarico di terminare gli affreschi nelle sue celeberrime stanze private. L’artista riesce infatti a “mettere da parte” tutta la squadra di pittori – formata da Perugino, Sodoma, Bramantino, Lorenzo Lotto, Johannes Ruysch – inizialmente chiamati da Giulio II per affrescare gli appartamenti. Ormai il Sanzio si è imposto come l’artista più ricercato e amato della città, ben pagato e con uno stuolo di collaboratori al suo servizio.
Rimane “sulla cresta dell’onda” anche sotto il successore di Giulio II, ovvero Leone X: figlio di Lorenzo de’Medici, è un uomo di gran cultura, con un’ammirazione sconfinata per le opere dell’artista. È per questo che nel 1514, dopo la morte del Bramante, il pontefice nomina Raffaello Architetto dalla Fabbrica di San Pietro. Nonostante si sia imposto come pittore, infatti, il Sanzio studia approfonditamente anche l’architettura per gran parte della sua vita. Oltre a questo, Leone X e gli commissiona anche i cartoni per dieci arazzi da collocare nella Cappella Sistina da poco affrescata da Michelangelo. Gli arazzi vengono tessuti a Bruxelles e prima di morire, l’artista riesce a vederne tre.
Raffaello muore il 6 aprile del 1520, all’età di 37 anni.
Raffaello si differenzia da altri geni del suo tempo – Leonardo e Michelangelo in primis – perché limita il suo campo d’azione a sole due discipline: la pittura, che è la sua principale attività, e l’architettura, che studia per integrare la prima. Oltre a prendere il posto di Bramante come architetto della Fabbrica di San Pietro, viene incaricato nel 2018 da Leone X di progettare Villa Madama, oltre il Tevere. Si tratta di una villa rinascimentale rielaborata da suggestioni antiche, ed è il suo progetto architettonico più grandioso.
Raffaello si confronta col “paragone de li antichi” per tutta la durata della sua carriera. Non solo per trarre ispirazione per le proprie opere e per i propri progetti, ma anche per soddisfare le richieste del Papa de’ Medici: sempre nel 1518 Leone X gli affida infatti la realizzazione di una pianta di Roma imperiale, da redigere con l’ausilio dell’umanista Baldassarre Castiglione.
Secondo le informazioni di Giorgio Vasari, Raffaello muore così giovane non per malattia, ma per eccessi amorosi: colto da febbre dopo una notte brava, mente al medico che lo cura e non racconta le vere cause del malessere. Così questi, invece di prescrivergli un ricostituente, gli fa un salasso. È il 6 aprile 1520, giorno di venerdì santo (e del suo compleanno). Viene poi sepolto nel Pantheon, come da sua stessa richiesta.
L’opera di Raffaello ha avuto un’eco notevole su tutta la produzione artistica occidentale. Per esempio il suo stile influenza la nascita e lo sviluppo del manierismo, anche grazie agli allievi della sua bottega, che finiscono per lavorare presso diverse corti europee. E poi, molti artisti dei secoli successivi si ispirano alle sue opere. Tra questi: i Carracci, Guido Reni, Caravaggio, Rubens, Velasquez, Ingres e Delacroix, finanche Manet e Dalì.
Tra le pale d’altare, da ricordare è Lo sposalizio della Vergine, un’opera del 1504 oggi alla Pinacoteca di Brera, a Milano, e in cui dà prova delle sue già ampie conoscenze in tema di architettura. Per realizzarla, trae ispirazione da un’opera del suo primo maestro, il Perugino, “La consegna delle chiavi”.
Gli affreschi degli appartamenti vaticani sono tra le opere più note del Sanzio e lo tengono impegnato a fasi alterne per tutto il periodo romano, dal 1508 al 1520. Le stanze sono quattro: della Segnatura, di Eliodoro, dell’Incendio di borgo, di Costantino (che viene solo progettata), affrescate con vari temi. Nella prima, l’opera più nota è forse la Scuola di Atene, dove Raffallo mostra tutto il suo amore per la cultura classica e le sue conoscenze nel campo dell’architettura. Protagonisti assoluti sono i due principali filosofi dell’Atene di V-IV secolo a.C., Platone e Aristotele. Il primo viene dipinto addirittura con le fattezze di Leonardo da Vinci. Di lato, in disparte, spicca anche la figura di Eraclito, che il Sanzio dipinge con le fattezze di Michelangelo per omaggiare l’autore degli affreschi della Sistina.
Uno dei campi della pittura in cui Raffaello eccelle è quello dei ritratti. Ce ne regala moltissimi. Tra i più noti ci sono sicuramente quello del Papa Giulio II, del 1511, di Papa Leone X con due cardinali, e quello dell’umanista Baldassarre Castiglioni.
Sono forse il tema più ricorrente per Raffaello e sarebbe impossibile ricordarle tutte. Celebre è la serie realizzata a Firenze per le famiglie della borghesia medio-alta, come la Bella giardiniera, la Madonna del Cardellino e la Madonna del Belvedere.
È il dipinto incompiuto di Raffaello, a cui lavora dal 1518 al 1520. Per questo viene portata a termine da Giulio Romano e da Gian Francesco Penni, i suoi allievi maggiori, che con lui hanno collaborato a diverse opere. Il dipinto, caratterizzato da un uso sapiente della luce, rappresenta la trasfigurazione di Cristo, per la prima volta fusa con un altro tema, l’episodio evangelico della Guarigione dell’ossesso.
È la mostra dedicata all’artista dalle Scuderie del Quirinale, realizzata insieme alle Gallerie degli Uffizi, con la collaborazione della Galleria Borghese, del Parco Archeologico del Colosseo e dei Musei Vaticani. Inaugurata lo scorso 5 marzo, è stata chiusa tre giorni dopo per via delle misure anticontagio da Covid-19. Per questo, gli organizzatori hanno deciso di spostare l’esposizione sui social, attraverso video racconti, approfondimenti, immagini dal backstage. basta digitare l’hashtag #RaffaelloOltreLaMostra.
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