A febbraio, in Irlanda, è stato introdotto un sistema di riciclo della plastica che ha permesso di raccogliere 630 milioni contenitori.
La nuova normalità degli italiani secondo il Rapporto Coop 2020
Iperconnessione, coscienza ambientale e centralità del food. Il Rapporto Coop 2020 delinea i cambiamenti post Covid-19 negli stili di vita degli italiani.
Da una parte un’Italia ferita e molto preoccupata, dall’altra il desiderio di cogliere l’occasione per una nuova ripartenza. Pessimismo e resilienza. Senso d’insicurezza e ricerca di stabilità. Spending review e coscienza ambientale. È questa, in estrema sintesi, la fotografia post Covid-19 del nostro Paese, scattata dal Rapporto Coop 2020 – Economia, consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani, redatto dall’ufficio studi di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori), già disponibile online e presentato alla stampa a Milano lo scorso 10 settembre, alla presenza del presidente Coop Italia Marco Pedroni e dell’amministratore delegato Maura Latini.
Un documento che, oltre a raccontare gli effetti attuali dell’emergenza sanitaria, apre una finestra sul futuro prossimo, cercando di delineare quale sarà la “nuova normalità” post pandemia degli italiani, tra cambi di rotta e riconferme nei nostri stili di vita e nelle abitudini alimentari. Per tracciare questo quadro, il Rapporto Coop 2020 si è avvalso di due diverse indagini chiamate Italia 2021, il Next Normal degli italiani e condotte entrambe nello scorso mese di agosto. La prima ha coinvolto un campione di 2mila italiani, rappresentativo della popolazione over diciotto; mentre la seconda si è rivolta alla community del sito di italiani.coop e ha selezionato 280 opinion leader (tra imprenditori, amministratori delegati, direttori, liberi professionisti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese.
Vivere in una bolla, i rischi dell’iperconnessione
Uno degli aspetti preminenti messi in luce dallo studio è il rischio di trovarci a vivere in una bolla distaccata dalla realtà. Una metafora per indicare la condizione di isolamento che tutti, o quasi, ci siamo trovati a vivere durante quest’emergenza e che, in una certa misura, ci troviamo a vivere ancora oggi, non solo a livello fisico, ma anche psicologico.
Restare ancorati alle zone di comfort casalingo e famigliare, complici smart working e semplicità di una “vita on demand”, può infatti trasformarsi in un’insidiosa forma di reclusione, che mette a rischio il confronto sociale, generando un sistema informativo autoreferenziale. Basti dire che durante il lockdown il numero dei ragazzi iperconnessi è salito del 250 per cento (arrivando a un milione tra marzo e maggio) e che tre italiani su dieci prevedono già che nel 2021 trascorreranno più tempo su internet. Una tendenza all’interno della quale si inserisce un altro rischio: quello di cadere nella trappola della disinformazione. Quasi sei persone su dieci dichiarano di essersi imbattute almeno in una fake news durante il lockdown e il 31 per cento ammette di averla anche condivisa credendola reale.
Oltre all’iperconnessione, la clausura del lockdown ha amplificato anche altri comportamenti disfunzionali. Per esempio è più che raddoppiato il volume delle chiamate al numero antiviolenza di genere, così come sono aumentate le ricadute severe per le dipendenze e i consumi di alcol, di giochi e scommesse on-line. La prova – qualora servisse – che l’isolamento sociale porta con sé anche grossi effetti collaterali.
Rapporto Coop 2020. Italiani tra rinunce e spending review
Se è vero che l’emergenza ha chiesto grandi sforzi, è anche vero che gli italiani hanno saputo reagire con prontezza, modulando spese e prevedendo risparmi. Una capacità di resilienza, propria soprattutto della classe media.
Per resistere durante l’emergenza, l’84 per cento della popolazione ha rinviato almeno un progetto. Molti hanno rimandato viaggi, celebrazioni, visite mediche, l’acquisto di una nuova casa o di un’automobile. Ma i dati più impressionanti sono quelli che riguardano i progetti di vita. A causa della pandemia 200mila persone non si sono sposate, 300mila hanno rinunciato ad aprire una nuova attività e 280mila a mettere al mondo un figlio. È forse questo il lascito più triste della Covid-19, che, oltre ad aver portato via (ad oggi) più di 35.600 persone in Italia, ha inflitto un ulteriore colpo al nostro (già bassissimo) tasso di natalità, accelerando la decrescita a ritmi che erano attesi tra un decennio. Il risultato stimato è agghiacciante e parla di una perdita di 30mila nascite nel 2021.
Quale sarà il nostro “next normal”
Il Rapporto Coop 2020 ci restituisce la proiezione di un 2021 in cui il mondo del lavoro sarà più instabile ma anche più agile, con il 70 per cento degli esperti convinti che disoccupazione e sottoccupazione aumenteranno e il 53 per cento che lo smart working continuerà a crescere (ma per la maggioranza la soluzione giusta sarebbe un telelavoro parziale). Per le vacanze la mobilità sarà fortemente circoscritta ai confini italiani e più sostenibile (anche a piedi, in bici e monopattino) e con una riduzione nella spesa. La gente tenderà, dove possibile, ad andare a vivere in città di medie dimensioni e in centri dove in quindici minuti è possibile raggiungere lavoro, servizi e divertimenti. Un dato che fa ben sperare è quello che elegge a città ideale la smart city più sostenibile dal punto di vista ambientale.
Una parte degli italiani dichiara anche che dedicherà maggiore attenzione al cibo sano, all’igiene e ai check-up, con un italiano su tre che vorrebbe sperimentare una tele-visita col proprio medico. La tendenza generale sarà quella di ridurre le spese e i consumi, orientandoli sempre più verso l’e-commerce. La casa sarà eletta luogo privilegiato di aggregazione, aperta agli amici, connessa e verde, con il 39 per cento degli intervistati che afferma che non potrà fare a meno di un giardino (complici forse i mesi di “clausura” domestica, che hanno dimostrato l’importanza dello spazio esterno privato). Nel tempo libero staremo di più ai fornelli o a guardare film e serie tv in streaming, a scapito di cinema, concerti, discoteche, teatri e musei, per un intrattenimento più casalingo e sicuro. In molti si rimboccheranno le maniche, rinunciando agli aiuti domestici e alle badanti e facendosi carico personalmente di questi impegni e dandosi anche al fai da te.
Il pessimismo degli italiani
A conti fatti va detto che le percentuali piazzano gli italiani tra i più pessimisti d’Europa. Più di uno su due pensa infatti che nel 2021 la situazione dell’Italia sarà peggiore di quella del 2019 e la maggior parte è convinta che, per una ripresa, il Paese dovrà attendere dai due ai cinque anni (e oltre). I più pessimisti sono gli appartenenti ai ceti bassi, le donne e i disoccupati. Più ottimisti, comprensibilmente, sono i giovani e i ceti alti. Quattro famiglie su dieci temono che l’anno prossimo si troveranno ad affrontare forti problemi economici; una su due che la pandemia lascerà un’eredità negativa sul proprio reddito. Il 60 per cento teme di dover intaccare i propri risparmi o addirittura dover chiedere aiuto economico a governo, banche e amici. Per far fronte a tutto ciò, secondo il Rapporto Coop 2020, gli italiani staranno di più tra le mura domestiche e andranno a trovare gli amici a casa, piuttosto che incontrarli al ristorante o a cinema. Per molti la spending review già in atto, continuerà anche quando la situazione migliorerà, con un taglio soprattutto sui pasti fuori casa, sui vestiti e sull’intrattenimento.
Nonostante gli arcobaleni appesi sulle porte in questi mesi, le tante dimostrazioni di solidarietà e la riscoperta dei rapporti col vicinato nelle metropoli, per “curare le ferite” del lockdown ci vorrà tempo. Secondo il 38 per cento degli intervistati, infatti, ci troveremo ad avere a che fare con una società più rancorosa e violenta e più della metà è convinta che alla fine ne usciremo più egoisti e arrabbiati. L’arcobaleno qui vira sul bianco e nero.
La chance dell’Italia
Gli esperti intervistati prospettano un mondo sempre più spostato a Oriente, dove a dominare saranno le economie asiatiche. Ma s’intravvede anche un elemento di speranza, legato a una maggiore solidarietà europea e alla chance offerta al nostro Paese, pesantemente colpito dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria ed economica. Più di otto su dieci pensano che l’appartenenza dell’Italia all’Ue rappresenti un vantaggio oggi più che mai. Per riemergere, l’Italia – che si trova ad affrontare la più grande recessione dall’ultimo dopo guerra – dovrà sfruttare al meglio il Recovery Fund. Un’opportunità imperdibile per il Belpaese, per superare i suoi deficit storici e immaginarsi in modo diverso. Si dovrà puntare prima di tutto su istruzione, lavoro, digitalizzazione, ma anche infrastrutture e sanità e i punti di forza dovranno essere la vocazione turistica del Paese, le sue eccellenze industriali, il comparto agroalimentare e il suo patrimonio culturale.
Fondamentale, dunque, sarà investire sul capitale umano, con un occhio di riguardo alla scuola, che necessiterebbe di un cambiamento strutturale e di una modernizzazione degli strumenti della didattica. Proprio la riapertura delle scuole desta qualche preoccupazione e la grande maggioranza dei genitori ammette scetticismo sulle misure di prevenzione, dubitando che gli alunni rispetteranno davvero le norme di distanziamento e di uso della mascherina.
Gli italiani hanno un punto fermo: il cibo
L’ultima trincea della spending review post Covid-19 sarà il cibo. Insieme alle spese per la casa e per la salute, gli italiani eleggono la tavola come baluardo del proprio lifestyle. Nel Rapporto Coop 2020 solo il 31 per cento dichiara di voler risparmiare scegliendo prodotti più economici, andando in controtendenza col resto d’Europa.
Un’altra grossa inversione di tendenza generata dal lockdown è quella del cibo fatto in casa. Se il Rapporto Coop 2019 aveva fotografato una progressiva fuga dai fornelli, i mesi trascorsi in isolamento hanno mostrato un riavvicinato degli italiani, e soprattutto dei giovani, alla cucina. Questo ha determinato una forte crescita nelle vendite degli ingredienti base e una contrazione dei piatti pronti, verso cui il mercato si stava muovendo sempre più nel periodo pre Covid-19. Stare a casa ha spinto molti a cimentarsi con l’home made, prediligendo cibo sano e sostenibile e imparando ricette sul web. Una tendenza che pare destinata a proseguire, in virtù della combinazione di risparmio e qualità che consente di portare in tavola.
E-commerce e carrello green
Il lockdown ha generato un vero proprio boom dell’e-commerce, del delivery e delle soluzioni miste, come il click and collect, che permette di ordinare online e ritirare di persona presso il punto vendita. Soluzioni più veloci, ma anche più care, che per questo restano prerogativa principalmente dell’upper class. “La direzione è chiara e il quadro di prospettiva è evidente, seppur coi mille rivoli che un fiume in piena può avere”, ha commentato Maura Latini, amministratore delegato Coop Italia, sottolineando l’importanza di mantenere un’apertura mentale e a non dare niente per scontato. “Prima del lockdown davamo quasi per scomparsi i negozi di prossimità, che invece, grazie al digitale, sono diventate risorse con una prospettiva”. E se sull’e-commerce ci si continua a interrogare (ne esisterà un unico tipo o ne vedremo diversi?) due sono i lasciti già delineati dall’emergenza: “La diminuzione nella frequentazione dei punti vendita, che richiederanno anche un ripensamento degli spazi, e un cambiamento nei contenuti nel carrello, orientato verso prodotti a lunga conservazione e meno verso l’ultra fresco e i deperibili”.
Al tempo stesso la pandemia ha provocato “un salto di scala di alcune tendenze già individuate e avviate da
Coop”, prosegue Maura Latini. Una di queste è l’attenzione al tema della sostenibilità, cui gli italiani
sembrano essere sempre più attenti, come confermato anche dai dati interni di Coop.
La sensibilità green degli italiani, su cui stiamo molto investendo, è stata riconfermata anche durante e dopo il lockdown dai nostri dati interni.
Lo dimostrano i dati del marchio di prodotti biologici Vivi Verde, che è “il primo brand bio venduto nella grande distribuzione in Italia con oltre 150 milioni di fatturato nel 2019 e non ha cessato di crescere durante e dopo il lockdown con un trend a valore del più 9 per cento”.
Una dimostrazione del fatto che “gli italiani sanno bene che qualità del cibo significa benessere e salute” e che, nonostante le difficoltà attuali, “si continua a guardare con occhio attento alle necessità di domani”.
Insomma, la coscienza ambientale e la consapevolezza dell’interconnessione tra sostenibilità, salute felicità restano un driver potente per ricostruire e da cui ripartire.
Il ruolo cruciale della filiera agroalimentare durante (e dopo) l’emergenza
L’assalto agli scaffali cui abbiamo assistito durante il lockdown potrebbe far pensare a un’impennata di fatturato per la grande distribuzione. Ma il quadro va guardato nell’insieme. “Non ci siamo certo arricchiti”, spiega Marco Pedroni, presidente Coop Italia, che prevede di chiudere l’anno con un leggero miglioramento del fatturato stimato in un più 1 per cento. “I dati delle vendite di marzo (con picchi anche del più 20 per cento) si sono successivamente ridimensionati, come è naturale. A giugno e luglio poi gli andamenti della grande distribuzione sono stati negativi, mentre ad agosto si registra una tenuta”.
Affrontando questo tema è giusto anche riconoscere come, durante l’emergenza, tutta la filiera agroalimentare si sia trovata in prima linea, dietro agli operatori sanitari, nel tentativo di garantire il bene della collettività. In quest’ottica, Coop riferisce di aver “investito 100 milioni di euro aggiuntivi in sicurezza e sostegno alle famiglie, assorbendo i costi aggiuntivi”. Sforzo che si è concretizzato attraverso la scelta coraggiosa del blocco dei prezzi dei prodotti a marchio e l’Operazione Forza 10, con cui l’insegna ha messo a disposizione un pacchetto di dieci prodotti base di uso quotidiano al costo di 10 euro.
Spiega Maura Latini: “Il prezzo volutamente conveniente non deve distogliere dal valore dei singoli prodotti che hanno tutti la garanzia Coop, la tracciabilità e l’aggiunta di caratteristiche uniche (è il caso dell’antibiotic free o del controllo etico sulla filiera)”. Una direzione precisa, su cui l’insegna intende proseguire, “potenziando l’assortimento con prodotti Coop avanzati e innovativi sul versante della qualità e della sostenibilità, convenienti ed accessibili alle fasce deboli della società”.
Una spesa giusta per sé, per gli altri e per l’ambiente
L’identità di Coop è ben dichiarata nella sua ultima campagna Una buona spesa può salvare il mondo. Non tanto uno slogan di marketing, quanto una vera e propria dichiarazione d’intenti, che pone al centro il bene collettivo e dell’ambiente.
Il nostro obiettivo di prospettiva è il prezzo giusto per una spesa giusta, con la qualità giusta. Non solo per sé, ma per tutta la filiera e per il pianeta. Credo che questo sia un messaggio importante per chi sta bene economicamente, ma anche per chi ha delle difficoltà”.
La filosofia dell’insegna, in sintesi, è quella di una sostenibilità “democratica”, in cui etica e sicurezza siano garantite per tutti, non solo per chi se lo può permettere. E lo fa in un momento storico delicato, in cui il fenomeno di “polarizzazione purtroppo è accelerato”, spiega Pedroni, riferendosi al rischio che il trend del green diventi un lusso. “Noi vogliamo scommettere su un’offerta orientata alla sostenibilità anche per la parte più debole. Questa è la nostra missione, al di là del trend”. Ma per una vera svolta green del comparto, che permetta di conciliare sostenibilità qualità e accessibilità, è necessario l’aiuto delle istituzioni. “Crediamo che il Governo, sulla spinta anche delle risorse Ue, debba favorire uno straordinario piano di rilancio”, afferma Pedroni. “Un piano che favorisca gli investimenti privati e pubblici per ammodernare il Paese, che defiscalizzi il lavoro. Per quanto ci riguarda più direttamente crediamo che sarebbe importante una fiscalità e un sostegno alle produzioni e ai consumi verdi. Invece della plastic-tax che è un errore, azzeriamo l’Iva su chi usa plastica riciclata o per chi adotta soluzioni a basse emissioni.”
Nel frattempo gli italiani, attraverso quanto emerso nel Rapporto Coop 2020, hanno indicato la loro chiara propensione a portare in tavola cibo sano, sicuro, made in Italy, oltre che fatto in casa e acquistato sempre più online, senza però abbandonare anche il negozio fisico.
Il Rapporto Coop 2020 è consultabile online
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