Il caso del giocatore del Real Madrid Vinicius, ma anche quelli dei giocatori dell’Inter Romelu Lukaku e della Juventus Dusan Vlahovic sono lo specchio di un problema del calcio col razzismo. È ora di dire basta.
“Non voglio parlare di calcio, non dopo quello che è successo. La Liga ha un problema con il razzismo”. Queste parole le ha dette l’allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti ai giornalisti dopo la partita di campionato tra il suo Real Madrid e il Valencia del 21 maggio 2023. La partita ha aperto le prime pagine dei giornali e siti web di tutto il mondo. Non perché è stata spettacolare, non perché ci sono stati dei gol da ricordare, ma per i continui insulti razzisti che la tifoseria del Valencia ha rivoltoverso uno dei giocatori più importanti e forti del Real Madrid, Vinicius Junior.
Il calciatore brasiliano è da tempo vittima, in moltissimi stadi spagnoli, di episodi del genere, ma in questo ultimo caso si è toccato un picco di negatività: lo stadio lo ha chiamato, per gran parte del match “mono” che in spagnolo vuol dire scimmia, accompagnando con questo epiteto razzista ogni suo tocco di palla. Vinicius, visibilmente e comprensibilmente scosso dall’accaduto, ha provato a far presente la situazione all’arbitro, che a sua volta ha fatto diffondere, dallo speaker dello stadio, un messaggio per cercare di interrompere gli insulti dei tifosi, ma come prevedibile non è servito a molto.
Vinicius, nonostante il suo allenatore, Ancelotti, abbia detto di aver pensato addirittura di sostituirlo vista la gravità della situazione, è andato avanti a giocare; a una ventina di minuti la partita è stata interrotta perché la tifoseria del Valencia ha iniziato a lanciare in campo diversi oggetti e soprattutto a insultare sempre più forte Vinicius che, alla fine ha commesso un fallo di frustrazione ed è stato espulso. Le immagini ritraggono Vinicius che prova a indicare all’arbitro alcune delle persone che lo stanno insultando, i suoi compagni di squadra provano a calmarlo, Ancelotti lo prende sotto braccio e cerca di tranquillizzare il giocatore, ma attorno il clima diventa sempre più infuocato e i tifosi del Valencia non smettono di insultare Vinicius.
”Questo è l’ennesimo episodio di razzismo che si verifica nella Liga, il campionato di calcio spagnolo, ma purtroppo questo problema non riguarda soltanto questo campionato: in Italia, di recente, abbiamo assistito a scene analoghe con protagonisti l’attaccante dell’Inter Romelu Lukaku e quello della Juventus Dusan Vlahovic, in serie A. Tutte queste situazioni hanno in comune due elementi: gli insulti razzisti dei tifosi e le paradossali reazioni degli arbitri, che non potendo punire sul momento chi insulta arrivano a penalizzare il giocatore vittima di razzismo.
Un caso internazionale: dalla Lega al Brasile
Al termine della partita, Vinicius si è sfogato per mezzo dei social, su Twitter scrivendo: “Non è stata la prima volta, né la seconda, né L a terza. Il razzismo è normale nella Liga. Il campionato pensa che questo sia normale, e così la Federazione e gli avversari. Mi dispiace tanto.”
Não foi a primeira vez, nem a segunda e nem a terceira. O racismo é o normal na La Liga. A competição acha normal, a Federação também e os adversários incentivam. Lamento muito. O campeonato que já foi de Ronaldinho, Ronaldo, Cristiano e Messi hoje é dos racistas. Uma nação…
Un po’ a sorpresa, questo messaggio del calciatore brasiliano è stato ripreso direttamente dal presidente della Liga, Javier Tebas, che invece di solidarizzare con Vinicius ha visto le sue parole come un attacco alla Liga e ha deciso di rispondere per le rime, accusandolo di non collaborare, di non aver preso parte agli incontri proposti per risolvere la situazione e quindi, in sostanza, di non conoscere la realtà. Al che Vinicius ha risposto ancora, scrivendo: “invece di prendersela con i razzisti il presidente della Liga se la prende con me. Voglio azioni e punizioni.”
Mais uma vez, em vez de criticar racistas, o presidente da LaLiga aparece nas redes sociais para me atacar.
Por mais que você fale e finja não ler, a imagem do seu campeonato está abalada. Veja as respostas do seus posts e tenha uma surpresa…
In conferenza stampa Ancelotti ha detto quello che solitamente gli allenatori non dicono: non ha cercato di stemperare i toni, non ha parlato di provocazioni da parte di Vinicius; insomma, non si è nascosto dietro un dito come hanno fatto spesso i suoi colleghi. Davanti ai microfoni ha immediatamente solidarizzato con il suo giocatore.
“Parlare di calcio significa dimenticare quello che è successo: insulti razzisti da parte di uno stadio intero a un giocatore” – Carlo Ancelotti
Per la portata del giocatore – Vinicius è uno dei giocatori più famosi del pianeta – e per la portata del Real Madrid – probabilmente la squadra più nota del mondo – quanto accaduto ha avuto uno strascico importante, tanto che anche il Presidente del Brasile, Lula, è intervenuto, dichiarando: “Il governo brasiliano non tollera il razzismo. Lavoreremo affinché ogni atleta nero brasiliano possa esercitare il suo diritto di lavorare senza subire violenze”. Queste parole poi sono state accompagnate dallo spegnimento di un’ora, in segno di solidarietà, del Cristo Redentore a Rio de Janeiro. Come ulteriore segno di solidarietà a Vinicius poi, la sua ex squadra, il Flamengo, in una partita del campionato brasiliano contro il Cruzeiro è scesa in campo con una maglia speciale: sul petto della divisa c’era la scritta “Todos com Vini Jr” (Tutti con Vinicius), e lo stesso messaggio è apparso anche sui tabelloni dello stadio. Prima dell’inizio della partita, i giocatori si sono seduti come segno di protesta e solidarietà, come si vede nel video qua sotto:
Il problema delle reazioni
In questa prima fase immediatamente successiva all’accaduto, il copione sembrava essere quello che molto spesso viene seguito in questi casi: concentrare le attenzioni sul giocatore vittima di insulti, e non su chi quegli insulti li pronuncia. Questo perché il rapporto uno a molti (un singolo giocatore insultato da migliaia di tifosi) rende molto più facile individuare la vittima e non i colpevoli, arrivando però alla situazione paradossale in cui le responsabilità passano al giocatore, reo di aver “istigato” i tifosi, rispetto ai razzisti. La reazione del presidente della Liga, Tebas, sembrava far pensare che anche questa volta stesse accadendo questa cosa, ma probabilmente proprio a causa del grande risalto internazionale che ha avuto la vicenda la Liga ha deciso di agire diversamente. Il campionato spagnolo ha diffuso una campagna dal titolo “Juntos contra el racismo” (uniti contro il razzismo), chiedendo anche alle autorità di avere più potere così da poter agire direttamente, mentre ora ha solo la possibilità di segnalare quanto accade alle autorità.
𝐄𝐒🇪🇸l LaLiga y la @rfef, de forma coordinada, implantarán una campaña conjunta de aquí a final de temporada con el mensaje:
La campagna è stata sposata da tantissime squadre, che hanno diffuso messaggi e pubblicato sui social contenuti con l’intento di sostenere Vinicius e come lui tutti i giocatori vittima di razzismo. Intanto la polizia spagnola ha fatto sapere di aver individuato e arrestato tre tifosi del Valencia per gli insulti razzisti contro Vinicius, e a questi si sono aggiunti anche i fermi per altre 4 persone accusate di aver appeso un manichino nero con la maglia di Vinicius a un ponte, lo scorso gennaio. La stampa spagnola ha scritto che la polizia vuole considerare questi comportamenti passabili come reati d’odio e che le individuazioni dei colpevoli sono ancora in corso. Intanto l’espulsione di Vinicius è stata ritirata e quindi il giocatore non sarà squalificato. Il Valencia invece subirà una squalifica di cinque giornate, in cui sarà obbligato a giocare a porte chiuse.
La Spagna arriva a questa situazione dopo diversi mesi di episodi analoghi nei confronti di Vinicius, che viene bersagliato con insulti del genere in molti stadi della Liga. Questa reazione fa sperare che nel prossimo futuro qualcosa possa accadere, perché nessuno si è nascosto e nessuno ha avuto paura di usare il termine “razzismo”, come dimostra anche questa prima pagina del quotando sportivo Marca:
Le richieste della Liga sono di avere più margine di operabilità, mentre altri ritengono che sia opportuno anche dare maggiore responsabilità agli arbitri di intervenire nel corso della partita. Purtroppo, non ovunque succede così.
Da Lukaku a Vlahovic
In Italia in questa stagione ci sono stati due casi altrettanto emblematici: il primo ha riguardato l’attaccante dell’Inter Romeu Lukaku, ammonito e quindi espulso per doppio giallo per aver zittito chi dagli spalti gli rivolgeva insulti razzisti è stato ritenuto dall’arbitro colpevole di atteggiamenti provocatori, e quindi, da regolamento, sanzionabile con il giallo. Il dopo partita è stato ben diverso da quanto successo a Valencia, con diversi giocatori della Juve che hanno accusato Lukaku di aver mancato di rispetto ai propri tifosi, ignorando del tutto la matrice razzista degli insulti. Lukaku era stato inizialmente anche squalificato e solo l’intervento del Presidente della FIGC Gravina lo ha impedito, dopo che l’opinione pubblica aveva duramente criticato il calcio italiano.
Qualche settimana più tardi è stato il turno dell’attaccante della Juve Dusan Vlahovic, che a Bergamo è stato insultato dai tifosi dell’Atalanta. Dopo aver segnato Vlahovic è andato verso la curva, come un naturale gesto di sfogo per gli insulti, e anche in questo caso l’arbitro lo ha ammonito. In conferenza stampa poi l’allenatore dell’Atalanta, Gasperini, ha minimizzato all’inverosimile, dicendo che non si tratta di razzismo.
Nuovamente quindi, la reazione è stata quindi quella di prendersela con il giocatore e non con i tifosi, anche se in questo caso, dopo quanto successo a Lukaku, fin da subito il clima è stato molto più teso. In Italia, a differenza di quanto successo in Spagna, non ci sono stati arresti: la Juventus ha fatto sapere di aver bannato a vita dallo stadio i tifosi responsabili degli insulti a Lukaku, mentre l’Atalanta non ha mai commentato quanto successo a Vlahovic. Da noi, ogni volta che succede qualcosa del genere, l’atteggiamento di tifosi e addetti ai lavori sembra essere più concentrato sulla squadra coinvolta che sui fatti e sulle soluzioni per porre fine a questi comportamenti inaccettabili.
In generale, molti commentatori stanno dicendo che è ora che il calcio comprenda la gravità degli insulti razzisti ai danni di un giocatore, e che i regolamenti vanno pur sempre interpretati e che quindi l’atteggiamento di un calciatore che si lamenta per gli insulti razzisti non è assimilabile a quello di chi invece cerca di istigare realmente i tifosi avversari.
In Spagna la razione a questo ennesimo episodio è molto forte; in Italia ancora no. Nonostante l’AD della Serie A Luigi De Siervo abbia detto di voler applicare politiche di tolleranza zero verso i razzisti e usare la tecnologia negli stadi per individuare i responsabili, a questi slogan non sono ancora seguite azioni concrete come successo in Spagna.
Sarà importante anche il ruolo dei calciatori e di tutti coloro che vivono nel mondo del calcio; smetterla di considerare il razzismo come un “insulto accettabile” e vederlo per quello che è: un atto di inciviltà ingiustificabile.
La commozione dell’ex campione bulgaro Hristo Stoichkov contro il razzismo e il nazismo dei suoi tifosi, ha fatto il giro del mondo. Ora anche le società italiane iniziano a schierarsi con decisione contro questo fenomeno inaccettabile e dilagante.
Due giornate di squalifica alla curva Nord della Lazio, una ai due distinti. È questa la sanzione inflitta questo pomeriggio dal giudice sportivo dopo i cori razzisti rivolti da una parte dei tifosi a Kalidou Koulibaly in Lazio-Napoli. La curva sconterà un turno per una precedente squalifica, che non era scattata a causa della sospensiva,
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
La “liana delle anime” è un decotto della medicina indigena dell’Amazzonia che può alterare lo stato psichico di chi la assume, e per questo affascina milioni di persone nel mondo.