La raccolta differenzata tocca quota 66,6 per cento a livello nazionali, con disparità territoriali ancora forti ma in diminuzione. Aumenta l’export.
Approvata la legge di bilancio, Renzi si dimette: ora tocca a Mattarella
“La legge di Bilancio 2017 è stata approvata anche dal Senato. Stasera alle 19 sarò al Quirinale per formalizzare le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono stati mille giorni straordinari, grazie a tutti e viva l’Italia”. Si chiude così, con queste parole del premier, l’esperienza del governo Renzi, caduto sulla vittoria del No
“La legge di Bilancio 2017 è stata approvata anche dal Senato. Stasera alle 19 sarò al Quirinale per formalizzare le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono stati mille giorni straordinari, grazie a tutti e viva l’Italia”. Si chiude così, con queste parole del premier, l’esperienza del governo Renzi, caduto sulla vittoria del No al referendum costituzionale. La manovra, necessaria per impostare il bilancio dello Stato per il 2017, era l’ultima cosa che il presidente del Consiglio Sergio Mattarella aveca chiesto a Renzi di portare a termine, e l’approvazione è arrivata a tempo di record, con la richiesta del voto di fiducia al Senato (una procedura in realtà piuttosto per un governo dimissionario).
E adesso? Adesso si riparte, proprio da quella Costituzione oggetto del giudizio dal voto popolare, e che prevede che ora a muovere i fili sia proprio Mattarella. Il quale, una volta preso atto del premier, ha due strade da seguire: la prima è quella indicata dall’articolo 88 della Carta: “Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse”. La seconda è quella prevista dall’articolo 92, secondo comma: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.
La strada del voto
#Salvini: si vada a votare con qualsiasi Legge Elettorale, i problemi sono altri ad esempio L.FORNERO #TG4 #Postreferendum
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 5 dicembre 2016
La prima strada vuole dire elezioni anticipate. La vogliono le opposizioni, in particolare la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle, che lo dicono e ribadiscono ormai dalle 23 di domenica: per Matteo Salvini “gli italiani hanno dato una splendida lezioni di orgoglio, democrazia e voglia di scegliere: non si capisce come ci sia qualcuno che stia pensando a un quarto premier non scelto. Il problema non è la legge elettorale, scegliete la legge elettorale che volete e si voti il prima possibile”.
Il 68% dei #Giovani ha votatoNO! #Impegno @FI_Giovani fondamentale X raggiungere qst #StraordinariaVittoria!#GrazieItalia @AngieCalabria pic.twitter.com/gUDvVh0xNA — Forza Italia Giovani (@FI_Giovani) 5 dicembre 2016
Lo stesso concetto lo esprime Beppe Grillo sul blog: “Gli italiani devono essere chiamati al voto al più presto. La cosa più veloce, realistica e concreta per andare subito al voto è andarci con una legge che c’è già: l’Italicum. Abbiamo sempre criticato questa legge, ma questi partiti farebbero di peggio e ci metterebbero anni legittimando l’insediamento di un governo tecnico alla Monti”. Forza Italia, e anche la sinistra sono invece più cauti: sì al voto, ma prima rivedere la legge elettorale.
La strada della continuità
#Quirinale, Il Presidente della Repubblica, Sergio #Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione: pic.twitter.com/k0BeO5rR13
— Quirinale Uff Stampa (@Quirinale) 5 dicembre 2016
La seconda strada invece vuol dire la costituzione di un nuovo governo, senza Renzi ma con la sua stessa maggioranza. Sostanzialmente un governo di scopo per garantire la continuità necessaria a fare due cose: portare a termine l’iter della legge di stabilità, che deve essere approvata al più presto; rimettere mano alla legge elettorale della Camera e farne una ex novo per il Senato, che attualmente ne è del tutto sprovvisto a causa della dichiarata incostituzionalità del Porcellum. La rosa di nomi tra cui, in questo caso, potrebbe scegliere Mattarella è nota: il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, quelli dei Beni culturali Dario Franceschini e dei Trasporti Graziano Delrio, o il presidente del Senato Pietro Grasso. Sembra questa, al momento, la soluzione più percorribile, e già dal giorno dell’Immacolata dovrebbero iniziare le consultazioni.
Renzi e il Partito democratico
“Renzi deve seguire esempio di Bersani e dimettersi da segretario, bisogna andare al Congresso del Pd a gennaio 2017” @F_Boccia #agorarai — Fabio Lippolis (@fablippo) 5 dicembre 2016
Il tutto con un Renzi che, nonostante l’indiscutibile sconfitta, resta forte di un 40 per cento di voti presi praticamente da solo: il premier dimissionario rimane comunque il segretario del Partito democratico, ovvero del partito di maggioranza relativa, e spetterebbe dunque a lui stesso incontrare Mattarella nel corso delle consultazioni ed eventualmente suggerire anche un nome intorno al quale costruire una nuova squadra di governo. Ma Renzi nel suo intervento alla direzione nazionale del Pd ha fatto sapere che non farà parte della delegazione del partito che andrà al Quirinale, nei prossimi giorni, per le consultazioni.
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