Si sono chiuse le operazioni di voto per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: affluenza al 53,84 per cento, il sì sfiora il 70 per cento.
Stop al voto. Si è chiuso ufficialmente alle ore 15 l’election day (23 ore in totale, dalle 7:00 alle 23:00 di domenica 20 settembre e dalle 7:00 alle 15:00 di lunedì 21) che ha portato gli italiani alle urne per il referendum confermativo della riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari.
Ma i cittadini di sette regioni (Toscana, Veneto, Campania, Liguria, Puglia, Valle d’Aosta e Marche) e quelli di oltre mille comuni hanno votato anche il rinnovo dei rispettivi consigli regionali e comunali: una partita importante dunque anche in chiave politica. L’accorpamento tra le due consultazioni è stato deciso in seguito al rinvio delle tornate elettorali previste per la scorsa primavera, a causa dell’emergenza coronavirus. Per quanto riguarda il referendum, con ormai pochissime sezioni rimaste da scrutinare sulle 61.622 totali, il sì vince con quasi il 70 per cento.
L’affluenza alle urne è stata del 53,84 per cento: la consultazione sarebbe stata valida in ogni caso, perché a differenza del referendum abrogativo questo non richiedeva il raggiungimento del quorum del 50 per cento dei votanti. Gli italiani erano chiamati a decidere se confermare (votando sì) e o annullare (votando no) la validità della riforma approvata dal Parlamento che prevede il taglio da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori a partire dalla prossima legislatura. Per l’esattezza, il quesito posto era il seguente
“Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?”
Il referendum confermativo è stato richiesto da 71 senatori contrari alla riforma: l’articolo 138 della Costituzione prevede infatti che se le leggi di riforma costituzionale non siano approvate con almeno i due terzi della maggioranza (cosa che non è avvenuta con questa), un minimo di un quinto dei membri di uno dei due rami del Parlamento, di cinquecentomila elettori o di cinque consigli regionali possa richiedere la consultazione popolare.
Il taglio dei parlamentari, che dalla prossima legislatura saranno 600 in tutto tra Camera e Senato, era stato fortemente voluto dal Movimento 5 stelle, che lo aveva proposto nel corso del primo anno di questa legislatura, quando era al governo, per poi portarlo all’approvazione definitiva dopo il cambio di governo, con l’appoggio del Partito democratico.
Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha salutato l’esito della consultazione spiegando che “li italiani con un voto partecipato e consapevole hanno approvato la riduzione del numero dei parlamentari, una riforma costituzionale votata con un ampio consenso anche dalle forze politiche in Parlamento. La partecipazione degli elettori – con un’affluenza superiore al 50 per cento – rafforza la portata democratica della riforma. La sintonia tra cittadini e legislatore legittima ulteriormente il lavoro che è stato fatto, e che ora deve necessariamente proseguire”. Innanzitutto, infatti, ora sarà necessario che il Parlamento vari una nuova legge elettorale, che redistribuisca i seggi sul territorio italiane sulla base della nuova composizione delle due Camere.
Negli ultimi mesi in Sardegna ci sono stati incendi e sabotaggi, molte fake news e spazi occupati, ma si è dato meno spazio alla vera questione: la democratizzazione degli impianti rinnovabili.
“La legge di Bilancio 2017 è stata approvata anche dal Senato. Stasera alle 19 sarò al Quirinale per formalizzare le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono stati mille giorni straordinari, grazie a tutti e viva l’Italia”. Si chiude così, con queste parole del premier, l’esperienza del governo Renzi, caduto sulla vittoria del No