Niente più pile di vestiti e scarpe che vanno al macero perché invenduti. Lo chiede il Consiglio dell’Unione europea nei negoziati sul regolamento Ecodesign.
Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il suo orientamento generale sulla proposta di regolamento Ecodesign.
Tra le modifiche introdotte, c’è anche il divieto di distruggere prodotti tessili e calzature rimasti invenduti.
Il processo negoziale andrà ancora avanti prima dell’approvazione definitiva.
Niente più pile di vestiti e scarpe che finiscono al macero perché invenduti. È una delle richieste fatte dal Consiglio dell’Unione europea, che riunisce i 27 paesi membri, per il futuro regolamento Ecodesign proposto dalla Commissione europea.
Cosa prevede la proposta di regolamento Ecodesign
Oggi il tema della progettazione ecocompatibile (o ecodesign) è disciplinato dalla direttiva 2009/125/Ce. Il testo si applica a 31 gruppi di prodotti connessi all’energia: si tratta per esempio di stufe e scaldabagno, motori elettrici, elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi per il riscaldamento, la ventilazione e il condizionamento dell’aria. La Commissione europea sostiene che questa direttiva abbia portato a un taglio del 10 per cento dei loro consumi annui, con un risparmio economico stimato in 120 miliardi di euro.
Questo, però, è soltanto un punto di partenza. La Commissione ha quindi messo a punto una nuova proposta che estende il suo ambito di applicazione a quasi tutti i prodotti, lasciando fuori soltanto alimenti, mangimi, medicinali, prodotti veterinari e veicoli a motore. Questo nuovo testo inoltre non si limita a regolamentare i consumi di energia ma introduce molti altri requisiti perché si possa parlare di ecodesign a tutto tondo: durabilità, riutilizzabilità, possibilità di miglioramento e riparabilità dei prodotti, presenza di sostanze che ostacolano la circolarità, efficienza energetica e delle risorse, contenuti riciclati, rifabbricazione e riciclaggio, impronta di CO2 e impronta ambientale. Uno dei capisaldi, infine, è il cosiddetto passaporto digitale: sarà incluso in ogni prodotto messo in vendita, per permettere ai consumatori di consultare il suo impatto ambientale prima dell’acquisto.
Un’altra differenza sta nel fatto che non si tratterà più di una direttiva, bensì di un regolamento: una volta adottato, dunque, sarà vincolante in tutti gli stati membri senza bisogno di misure di recepimento.
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Nella giornata del 22 maggio, il Consiglio dell’Unioneeuropea ha adottato il suo orientamento generale sulla proposta di regolamento Ecodesign. Questo è uno step importante all’interno di un percorso negoziale che si deve ancora concludere. Il Consiglio dell’Unione europea, infatti, è un’istituzione di cui fanno parte i ministri dei governi di ciascuno stato membro, riuniti a seconda del loro settore. Ogni anno si tengono circa 60-70 sessioni in cui questi ministri esprimono la propria posizione sulle normative europee.
“Se vogliamo prodotti europei realmente sostenibili sul mercato, dobbiamo affrontare la questione sin dalla prima fase: la progettazione. Il regolamento sulla progettazione ecocompatibile garantirà che i prodotti venduti sul mercato dell’Ue siano adatti e pronti per la transizione verde”, commenta Ebba Busch, ministra svedese dell’Energia, delle imprese e dell’industria e vice prima ministra.
Il divieto di distruggere il tessile invenduto
Nel suo orientamento generale sulla proposta di regolamento Ecodesign, il Consiglio dell’Unione europea ha introdotto alcune modifiche. Per esempio, ha escluso i veicoli a motore dal suo ambito di applicazione, perché esistono già altre normative specifiche sull’impatto ambientale delle auto.
Una delle aggiunte più ambiziose – e che hanno generato anche un certo dibattito – riguarda l’abbigliamento. E, nello specifico, uno dei suoi problemi più grandi: la sovrapproduzione. Ogni anno, ciascun cittadino europeo compra in media 26 chili di prodotti tessili ogni anno, il 40 per cento in più rispetto agli anni Novanta. In Italia, la quantità di rifiuti tessili è aumentata dell’811 per cento tra il 1960 e il 2015. Il Consiglio dell’Unione europea si è focalizzato su quelle enormi quantità di prodotti tessili, calzature e capi di abbigliamento che non arrivano nemmeno negli armadi, perché restano invenduti. Vietando che essi vengano distrutti.
Per le aziende si tratta di un cambiamento non da poco, motivo per cui l’orientamento generale introduce una deroga di quattro anni per le medie imprese e una deroga generale per le piccole imprese e le microimprese.
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