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Le Regole d’Ampezzo: come Cortina si è salvata dalla speculazione sfrenata
Tutti i pascoli e il 90 per cento delle foreste di Cortina sono protetti dalle Regole d’Ampezzo, un’istituzione antica basata sulla proprietà collettiva delle terre.
Non è un caso che Cortina sia conosciuta come la perla delle Dolomiti. Decenni di sviluppo turistico hanno senz’altro cambiato l’aspetto della valle ma è stato mantenuto un equilibrio. L’ambiente e il patrimonio naturale hanno da secoli trovato un grande alleato in un’istituzione fondata dalla e sulla comunità dei residenti tradizionali: le Regole d’Ampezzo.
Le regole d’Ampezzo sono il cittadino più grande di Cortina
Si può dire che le Regole siano il cittadino più grande di Cortina perché sono un’istituzione di diritto privato con una proprietà collettiva che si estende su 15mila ettari di terreno indivisibile e inalienabile e trattato quindi come entità unica. Le Regole sono undici e coprono diverse aree: due sono le “regole alte”, in cui si trovano le foreste, e nove “regole basse”, dove soprattutto si trovano pascoli e alpeggi per le mucche da latte.
Non c’è mio o tuo. L’aggettivo delle Regole è ‘nostro’.
Cinzia Ghedina
I regolieri sono i capifamiglia discendenti dall’antico ceppo ampezzano appartenenti alle singole regole, che amministrano il patrimonio comunitario secondo i laudi, le antiche leggi. Le famiglie ampezzane quindi sono quelle che sono state inserite nei laudi di fondazione e i cui cognomi si sono mantenuti nel tempo, anche perché i diritti si tramandano ai figli maschi. Le donne hanno diritti di Regola solo se non hanno fratelli maschi e comunque li perdono se sposano un uomo di famiglia non regoliera. Una legge antica che in molti hanno cercato di cambiare, ma al momento senza successo.
Boschi e pascoli sono da sempre proprietà collettiva della comunità originaria e i laudi stabiliscono diritti collettivi. Ogni famiglia regoliera gode di diritti di pascolo e di legnatico, il diritto di utilizzare il legname delle foreste per il riscaldamento domestico e per la costruzione e il mantenimento della propria casa. Le Regole sono anche un’istituzione di solidarietà e distribuiscono sostegni economici ai propri membri, detti anche consorti.
“Questa è una comunità che ha trovato un equilibrio tra le risorse limitate e la capacità di gestirle per le generazioni future nei secoli”, racconta Cinzia Ghedina, che è stata presidente delle Regole per due mandati, dal 2006 al 2011. “I nostri antenati hanno sempre fatto un uso molto oculato delle risorse per la sopravvivenza della comunità”. Anche oggi si cerca un equilibrio tra la gestione dei boschi e dei pascoli ma anche del turismo, in particolare quello sostenibile, fatto di sport a piedi o con mezzi poco impattanti, a scoprire le bellezze del luogo in modo lento. La natura offre infiniti di questi spunti.
Questa è una comunità che ha trovato un equilibrio tra le risorse limitate e la capacità di gestirle per le generazioni future nei secoli
Un territorio destinato per sempre a bosco e pascolo
Le Regole hanno degli organi di governo come la deputazione, la giunta e l’assemblea di tutti i regolieri che conta circa 1200 persone. Sono proprio questi organi a gestire il territorio e la comunità tramite democrazia diretta. Sono loro che decidono se autorizzare interventi o cambi di destinazione d’uso di terreni per attività turistiche o altre infrastrutture. Il territorio regoliero infatti, ha destinazione d’uso agro-silvo-pastorale, ovvero è destinato in perpetuo a bosco e pascolo.
I beni regolieri sono inoltre inusucapibili, cioè non possono essere acquisiti da altri, e il loro valore ambientale va oltre l’interesse della sola comunità regoliera e si estende a tutta la collettività. Ci sono regole antiche che stabiliscono quanto legname si può ricavare dal bosco ma sono gli uomini esperti a decidere quali alberi abbattere e come mantenere il bosco pulito e sano. A partire dal quattordicesimo secolo si trova testimonianza addirittura delle “vize”, riserve naturali integrali ante litteram, zone di protezione totale in cui era proibito qualsiasi intervento sul bosco.
Nella loro lunga storia di almeno 800 anni (risale infatti al 1225 il primo documento in cui vengono nominate), le Regole sono sempre riuscite a negoziare una propria indipendenza perché i governanti hanno riconosciuto la loro capacità di gestire al meglio il territorio. È stato solo in epoca fascista che le Regole sono state sciolte e dopo la guerra c’è stata una promiscuità con l’amministrazione comunale, risolta definitivamente con la transazione nel 1959, quando le terre sono state suddivise tra Regole e Comune.
Circa 15mila ettari, che includono tutti i pascoli e il 90 per cento delle foreste, sono stati dati alle Regole con destinazione agro-silvo-pastorale e fini di valorizzazione ambientale, mentre 1.550 ettari di terre sono state assegnate al Comune di Cortina. Alcune di queste ultime erano già avviate ad attività turistiche, ovvero con impianti sciistici e altre infrastrutture simili: non bisogna dimenticare infatti che Cortina ha una lunga storia di accoglienza turistica che risale alla fine dell’Ottocento. Mentre la grande maggior parte delle famiglie si dedicava all’agricoltura e alla pastorizia, alcune famiglie sono storicamente di albergatori.
Il Parco naturale regionale delle Dolomiti d’Ampezzo
C’è stato un momento, nel passato recente, in cui le Regole si sono trovate in difficoltà, ma attraverso la creazione del Parco naturale regionale delle Dolomiti d’Ampezzo hanno saputo ancora una volta difendere i propri luoghi. “C’era l’intenzione di costruire una grossa diga e un’autostrada e c’era una zona militare poco lontano da qui in cui venivano svolte esercitazioni militari: tutto gravava su quest’area di interesse naturalistico e paesaggistico importante”, spiega Michele Da Pozzo, presidente del Parco sin dalla sua nascita. “A quel punto le Regole hanno pensato di chiedere l’istituzione dell’area protetta che è stata concessa dalla Regione nel 1990 su un territorio che è rimasto di proprietà e gestione delle Regole”.
Ma le battaglie non finiscono mai. “In generale si pensa che i grossi lavori vengano realizzati esclusivamente sulle terre comunali perchè questa era l’idea originaria, ma purtroppo non è cosi”, continua Da Pozzo. “Può andar bene sacrificare il 3 per cento del territorio con le infrastrutture e gli impianti che ricadono in un quadro già preventivato, ma non ci si deve spingere oltre”, aggiunge preoccupato, riferendosi ai nuovi cantieri che vengono proposti, tra nuovi impianti e allargamento delle piste. Ha paura di non riuscire a tutelare il territorio davanti al turismo di massa e le speculazioni di chi guarda al breve periodo e agli interessi di pochi rispetto a quelli della comunità. Una certa garanzia comunque sta nel fatto che per approvare il cambiamento di destinazione d’uso di un terreno delle Regole bisogna ottenere almeno il 75 per cento di pareri favorevoli nell’assemblea dei regolieri. Misura questa che mira a proteggere gli interessi della comunità dagli speculatori che arrivano da fuori valle. Inoltre, anche quando viene riconvertito l’uso di un terreno, occorre che si annetta o si impegni una stessa superficie ad uso agro-silvo-pastorale, ad esempio acquistandolo da privati.
Finora, anche con qualche apertura agli investimenti e allo sviluppo turistico, i regolieri hanno agito nel rispetto del patrimonio naturale che, per chi ha visto lo spettacolo che si staglia intorno a Cortina d’Ampezzo, è senza dubbio quello da tutelare – valore riconosciuto anche dall’Unesco.
Per quanto riguarda il futuro, ad esempio Cinzia Ghedina vede il rischio principale nella diminuzione in termini assoluti dei consorti e ritiene fondamentale aprire ad altre famiglie. Nonostante diventino regolieri tutti i capifamiglia e i figli maschi sopra i 25 anni (o le donne che non abbiano fratelli maschi), con le nascite in calo e le nuove generazioni che magari scelgono una vita fuori dalla valle, i numeri si vanno riducendo. “I criteri di ammissione sarebbero certo difficili da individuare, ma è ora di aprirsi: le ultime famiglie sono state ammesse nell’ottocento”, spiega.
E poi c’è chi, come Flavio Gaspari Coletin, pastore regoliere con diverse mucche e un agriturismo in concessione a Lareto Bassa, si augura che torni a crescere il numero di pastori, perchè se si affossa l’attività agro-silvo-pastorale si andrebbe a indebolire la ragion d’essere delle Regole stesse.
Questioni delle Regole, questioni di tutti; questioni del comune, questioni di nessuno
Si può tradurre così un detto ampezzano che fa capire la forza delle Regole, anche se in verità la situazione non è poi così in bianco e nero. Intanto, sindaco e vicesindaco si chiamano rispettivamente Ghedina e Alverà, due cognomi storicamente Ampezzani, e ci si aspetta portino la propria sensibilità familiare anche nella cosa pubblica.
Inoltre, le comunità di montagna sono storicamente molto forti, perché devono trovare dentro di sé risorse per sopravvivere in un ambiente ostile. In tanti ci hanno raccontato della risposta rapidissima e senza risparmio di energie profuse da tutti i cittadini di Cortina alle famiglie colpite dalla piena del torrente Bigontina che tre anni fa ha travolto alcune case e causato la morte di una donna. “L’intervento è stato immediato, la comunità è organizzata così bene che la mobilitazione è stata totale e in un attimo tutti ci siamo adoperati per aiutare le persone in difficoltà e portare ristoro alle squadre di volontari al lavoro”, raccontano Chiara e Marcello, entrambi esterni alla comunità regoliera.
Qualcosa di simile a quello che ci racconta Pietro Gaspari Bandion, un giovane di famiglia regoliera attivo anche con le organizzazioni ambientaliste, che ha a cuore tutto quello che è patrimonio naturale, che cada o meno nel territorio delle Regole. “Avevamo organizzato una manifestazione per protestare contro lo sbancamento di parte della montagna sui terreni comunali del Col Drusciè dove hanno allargato le piste e causato danni ambientali ma il prefetto ce l’ha negata a causa delle restrizioni dovute alla Covid”, lamenta sconfortato.
Il vero problema, secondo Pietro, è che sui territori del comune vengono fatti troppi interventi, che ad esempio su quelli delle Regole verrebbero impediti. Nella valle ci sono molte zone che rientrano nella rete Natura 2000 perché di grande interesse naturalistico, ecosistemi da tutelare che ospitano specie rare, dalla civetta nana al picchio tridattilo, che possono essere messi a rischio anche da un singolo cantiere. Storiche le battaglie degli ambientalisti per proteggere la nidificazione del gallo cedrone proprio sui pendii del Col Druscè.
Ma c’è di più. Il boom immobiliare e turistico che si è avuto in occasione delle Olimpiadi invernali del 1956 per molti Ampezzani è stato uno shock. Come racconta Cinzia Ghedina, “è intorno a quegli anni che è iniziata la conversione di stalle e fienili in seconde case, ma non sono stati tanto i miei concittadini a guadagnarci, anzi”. I vantaggi sono andati agli speculatori esterni. Quando la situazione è stata chiara si è quindi deciso che Cortina sarebbe stata soggetta a un piano regolatore molto stringente. I permessi di costruzione o ampliamento delle volumetrie degli edifici sono stati pressoché bloccati anche sul territorio non regoliero. Piano regolatore che è entrato in vigore però solo nel 1976, 20 anni dopo. D’altro canto, il blocco delle costruzioni ha determinato un aumento di valore delle proprietà che in certi casi ha spinto anche i locali ad abbandonare la valle per la difficoltà a comprare una casa di proprietà. La gestione del territorio è sempre soggetta a equilibri delicati.
Memori di quei tempi, sono in molti a guardare con preoccupazione ai Giochi Olimpici e Paralimpici del 2026. La speranza è che la gestione del territorio rimanga nelle mani di chi lo ha preservato fino ad ora guardando al lungo termine, all’interesse della comunità, dell’ambiente e delle montagne, vero patrimonio dell’umanità.
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