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Reinhold Messner, alpinista. La montagna è un universo di libertà immenso, anche d’inverno
Reinhold Messner, alpinista di fama mondiale, condivide la decisione di chiudere gli impianti a Natale per contenere la diffusione del coronavirus.
Reinhold Messner, 76 anni. Il primo alpinista al mondo a salire tutte e 14 le cime sopra gli ottomila metri. Il primo a salire sull’Everest senza ossigeno (e di prime volte nella sua carriere ad alta quota se ne potrebbero citare molte altre per l’atleta del Sud Tirolo). Ma Messner non è solo questo. Oggi, è anche il primo a riconoscere che “le Alpi e l’Europa hanno la grande occasione per dimostrare che la montagna non è solo un’industria. E che l’Unione europea non è solo una somma di lobby statali. Io prego che oggi questi due mondi sappiano lottare contro il Covid con lungimiranza e unità”.
Signor Messner, la montagna è finita di recente al centro di un dibattito che nel nostro Paese sembra concentrarsi solo sulle piste da sci?
È in effetti un po’ avvilente, per chi ama e vive la montagna, assistere in questi giorni alle discussioni sull’apertura natalizia delle piste da sci.
I gestori degli impianti dicono: “Se a Natale non ci lasciate lavorare la montagna è morta”. Come se in montagna non ci fosse altro da fare che sciare. E il governo risponde: “Rassegnatevi, non ripeteremo l’errore di Ferragosto”.
Lo sci è una delle tante attività che si possono svolgere sulle vette, ma non l’unica. Si riducono la montagna, la neve e il turismo all’industria degli impianti di risalita e ai caroselli sciistici. Chi vive nelle città, in Europa e in Italia, viene convinto che non ha senso il tempo libero in alta quota senza gli sci ai piedi su una seggiovia. La pandemia oggi ci offre l’opportunità di aggiungere a tutto questo il più vasto universo della libertà che la montagna può offrire. La montagna autentica, in inverno, è anche sci alpinismo. È sci da fondo, slitta, ciaspole. È escursionismo e pattinaggio su ghiaccio. Non si può concludere che senza piste da discesa aperte si stia vietando alle persone di rigenerarsi nella natura alpina.
Lei quindi è favorevole alla chiusura degli impianti di risalita a Natale?
Sulla decisione di chiudere o meno gli impianti non ho dubbi. Con la Covid-19 è necessario rispettare le regole. Il governo sembra si stia muovendo bene, anche perché non si possono sacrificare migliaia di vite per avere il consenso di chi pretende di comportarsi come se il virus non uccidesse più. L’unica speranza è che, passato il Natale, la situazione torni sotto controllo.
Lei ha ricordato le tante attività sportive invernali che sono possibili in montagna. La montagna non è solo turismo, è cultura. È un certo tipo di economia che chi la frequenta solo per sciare non vede….
Ha ragione, la montagna è molto di più. Le persone sono sempre andate in montagna per godersi la natura incontaminata che essa offriva. Anche le grandi sfide in verticale, verso il cielo, che io e altri alpinisti abbiamo portato avanti in Italia e nel mondo erano volte non a violare la montagna, ma a sottomettersi alla sua natura indomita. La montagna è il silenzio, la tranquillità e lo spazio quasi infinito. La montagna è fatta di due metà che però sono qualcosa di non divisibile: la montagna selvaggia oltre i 2500 metri dove l’uomo non era mai arrivato fino a 200 anni fa. Poi, più in giù, c’è la montagna che è vissuta e lavorata da più di 8mila anni. C’è la terra coltivata e la cultura della montagna. Agricola ma anche filosofica in un certo senso. E chi viene in montagna può vedere e toccare come vive e sopravvive questa gente. Purtroppo in molti posti i contadini e gli abitanti della montagna se ne sono andati perché è difficile vivere in quota.
L’estate del 2020 ha rappresentato un tempo di scoperta per molti italiani che hanno preferito la montagna al mare.
È importante che le persone, dopo questo lungo periodo vissuto spesso in casa, escano e si godano la montagna. Noi in Alto Adige, così come chi vive e lavora in montagna nel resto d’Italia, dobbiamo fare in modo che le nostre terre siano accoglienti per i visitatori. Ma allo stesso tempo dobbiamo variare l’offerta in modo tale che non ci siano le concentrazioni estive, quando pensavamo che il virus fosse quasi sconfitto. Penso che per aprire piste e impianti in montagna si debba aspettare gennaio, se gli indici di contagio lo consentiranno. Non è una scelta: è un dovere. Ma deve essere chiaro che la montagna, anche in inverno, resta un universo di libertà immenso, sicuro e ricco di opportunità. Il problema riguarda tutta Europa e non solo il nostro paese. Sarà un’occasione per dimostrare che la montagna non è solo un’industria e che l’Unione Europea non è solo una somma interessi statali.
Insomma Messner, per lei la ricetta è una sola…
Prima salute e istruzione, poi tutto il resto. Mettere al centro le priorità è il regalo più bello che le istituzioni possono fare ai cittadini per le festività. Anche perché i primi a non voler trasformare le feste di fine anno sulle Alpi nel Ferragosto in Costa Smeralda sono i montanari, gli impiantisti e gli albergatori. E lo dice uno che di montagna se ne intende.
Europa e Regioni si sono mosse in ritardo e in ordine sparso, anteponendo le pressioni economiche alle ragioni sanitarie. Il risultato è stata la riesplosione dei contagi.
Ha in programma escursioni per questo inverno?
Io ho la fortuna di uscire ed andare in montagna tutti i giorni perché vivo in un castello all’inizio della Val Senales e non vedo nessuno da mattina a sera. Sono terre selvagge. Nei boschi trovo solo qualche cervo che si è abbassato di quota rispetto agli altri anni, qualche camoscio e, più a valle, qualche pecora. Mi godo la montagna in silenzio e da solo. Chi vive in città non ha queste possibilità. Per questo ha così bisogno di poter uscire di casa per raggiungere le nostre montagne e non solo. Molti, anche la scorsa estate, hanno preferito la montagna al mare. La montagna deve essere pronta ad accogliere queste persone. Ma nel rispetto delle regole condivise e ben studiate. Per la salute di tutti.
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