La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Sul Pianeta restano soltanto mille numbat. Forse, però, siamo ancora in tempo per garantire la sopravvivenza di questi graziosi marsupiali.
Si sa, l’Australia è un luogo unico al mondo. Proprio come la fauna che ospita: dall’ornitorinco al koala, dal canguro al quokka, ribattezzato “l’animale più felice della Terra” per via del suo musino sorridente. Purtroppo gli incendi che sempre più spesso interessano il paese, anche per colpa della siccità e delle alte temperature che a loro volta dipendono dal riscaldamento globale, costituiscono una minaccia estremamente pericolosa per tutte queste specie assolutamente iconiche.
Fra di loro c’è il numbat (Myrmecobius fasciatus), anche noto come formichiere fasciato nonostante si cibi di termiti – un esemplare adulto ne può mangiare fino a 20mila in un giorno! –. È un marsupiale unico nel suo genere, originario dell’Australia occidentale. Purtroppo è in grave pericolo di estinzione anche a causa delle attività umane, della perdita di habitat e degli attacchi da parte di predatori come volpi e gatti selvatici. Ormai restano soltanto mille numbat, la maggior parte dei quali vive in cattività negli zoo. È da oltre un secolo che non se ne vedono nello stato del Nuovo Galles del Sud e si può dire che a livello globale siano più rari del rinoceronte nero, uno degli animali ritenuti maggiormente a rischio.
“Il futuro del numbat è davvero appeso a un filo”, avverte Laurence Berry, ecologista presso l’ente australiano di conservazione della natura (Australia wildlife conservancy). Quest’ultimo ha stanziato – insieme all’organizzazione che gestisce i parchi nazionali del Nuovo Galles del Sud (Npws) – 41,3 milioni di dollari (circa 34 milioni di euro) per la realizzazione di tre siti predator-free, nei quali cioè sia impedito l’accesso ai predatori, dove reintrodurre i numbat e cercare così di assicurarne la sopravvivenza. I tre siti si troveranno all’interno di altrettanti parchi nazionali: lo Sturt, il Pilliga e il Mallee cliffs, che già ospitano specie minacciate come il mulgara dalla coda crestata, il bilby e il wallaby dalle briglie.
Nell’ultimo parco sono già stati rilasciati cinque numbat, un maschio e quattro femmine. L’area che li ha accolti, vicino alla località di Gol Gol, sopra il fiume Murray, si estende per 9.500 ettari ed è circondata da una recinzione elettrificata alta 2 metri e lunga 42 chilometri. “Questa è una di quelle cose per cui valga la pena lottare”, ha detto con entusiasmo anche il ministro dell’Ambiente Matt Kean, che ha rilasciato personalmente due dei cinque numbat. Ci si aspetta che la loro famiglia possa crescere fino a contare un numero di esemplari compreso fra 300 e 700. Un altro santuario è quello del Mount Gibson, a circa 350 chilometri da Perth, in cui sono stati reintrodotti 64 marsupiali all’interno di un’area protetta di oltre 7.800 ettari.
Insomma, l’Australia sembra un posto magico, l’ambientazione ideale di racconti fantastici. “Se davvero volete sognare, svegliatevi”, diceva però lo scrittore Daniel Pennac. Infatti, l’Australia esiste davvero. Dobbiamo fare in modo che la sua storia e quella dei suoi abitanti possano avere il lieto fine che meritano.
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