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Gli orti urbani garantiscono rese agricole di tutto rispetto, con uno scarso ricorso ai pesticidi. Parola dei ricercatori dell’università del Sussex.
Gli orti urbani sono ottimi espedienti per rendere un po’ più verdi le città e trovare un diversivo a una routine che troppo spesso costringe a stare rinchiusi tra quattro mura. Ma potrebbero essere anche qualcosa di più. Stando a uno studio pilota condotto per due anni dall’università del Sussex, infatti, in termini di rese agricole non hanno nulla da invidiare alle coltivazioni convenzionali.
I ricercatori dell’università del Sussex hanno analizzato per due anni 34 orti urbani collocati nei giardini e nei balconi delle città di Brighton e Hove. In attesa di sottoporre i risultati a peer review e pubblicarli su una rivista scientifica, hanno diffuso alcuni dettagli degni di nota. Con un raccolto di circa un chilo di frutta e verdura per metro quadro nell’arco di una stagione, le rese agricole sono paragonabili a quelle dei campi coltivati. Risultati raggiunti, peraltro, facendo un ricorso molto sporadico ai pesticidi.
Questo studio va nella stessa direzione di quello che era stato realizzato nel 2020 dall’università di Sheffield, sempre nel Regno Unito. All’epoca i ricercatori avevano stimato che la città di Shieffeld offrisse fino a 98 metri quadrati pro capite di spazi per orti urbani, sufficienti per nutrire con cinque porzioni di frutta e verdura al giorno 709mila abitanti, più dell’intera popolazione residente.
I ricercatori si soffermano anche sul preziosissimo apporto degli insetti impollinatori. Nell’arco dei due anni di osservazione ne sono stati censiti circa 2mila, per la maggior parte api (43 per cento delle visite) e mosche (34 per cento) Ad attirarli sono soprattutto i frutti di bosco. Mediamente, ogni coltivatore deve all’operato degli insetti un valore economico pari a 380 sterline (poco meno di 450 euro).
Questi sono dati preliminari che dovranno essere integrati da altre analisi successive, sottolineano i ricercatori, tanto più perché gli orti urbani sono molto meno regolamentati e monitorati rispetto all’agricoltura convenzionale. Appare comunque cristallino che la pratica dell’urban farming possa riservare parecchie soddisfazioni. “In un mondo caratterizzato da una crescente urbanizzazione nei paesi industrializzati e in via di sviluppo, produrre cibo dentro le città e nei dintorni ha il potenziale di migliorare i risultati nutrizionali e sanitari, alleviare la povertà e, al tempo stesso, offrire un habitat per gli animali selvatici e creare città sostenibili”, sottolinea la ricercatrice Beth Nicholls.
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