Alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, il padre Gino parla di “amore da diffondere nell’ecosistema”, il ministro no.
Riapre il macello delle torture di Italcarni, ma con un nuovo nome
Dopo solo un anno lo stabilimento di Ghedi, nel quale venivano maltrattati gli animali e lavorata carne infetta, riapre i battenti.
Nell’ottobre del 2015, grazie alle telecamere nascoste fatte installare dal sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, la procura di Brescia, i Nas di Cremona e la Guardia forestale hanno avviato un’inchiesta che ha portato al sequestro dell’azienda di macellazione Italcarni di Ghedi. Le immagini rivelarono pratiche terribili a danno degli animali.
Torture e carne putrefatta
Le mucche giungevano spesso ai cancelli dello stabilimento già morte, quelle ancora vive venivano invece sottoposte a quelle che è inevitabile definire torture. I bovini agonizzanti venivano trascinati sul pavimento agganciati a delle catene, presi a bastonate o sollevati di peso con i bracci meccanici dei muletti, talvolta addirittura infilzati. Molti di questi animali sono le cosiddette “mucche a terra”, vecchie mucche da latte ormai prosciugate e destinate al mattatoio. L’atroce trattamento riservato agli animali aveva conseguenze sull’effettiva qualità della carne, in alcuni campioni infatti sono state trovate concentrazioni di batteri fino a 50 volte superiori a quelle consentite dalla legge, tra cui la salmonella. Questa carne veniva poi certificata e messa in vendita, mettendo a repentaglio la salute dei consumatori.
Le condanne
Il macello incriminato fu sottoposto a sequestro e le persone indagate furono sei, il titolare dell’azienda, tre collaboratori e due veterinari dell’Asl, accusati di maltrattamento di animali, adulterazione di carne destinata all’alimentazione umana, falso in atto pubblico, contraffazione dei cibi e smaltimento illecito dei rifiuti. Lo scorso luglio l’accusa ha chiesto la condanna a cinque anni per Gian Antonio Barbi e tre anni e sei mesi per Mario Pavesi, i due veterinari coinvolti. Mentre Federico Osio, l’amministratore di Italcarni (che in un video viene ripreso mentre lega la zampa di una mucca con una catena e poi sale a bordo di un muletto per tirarla giù dal camion), e i tre dipendenti hanno chiesto il patteggiamento. La sentenza, attesa lo scorso ottobre, è slittata e arriverà il 30 gennaio.
Nuovo nome, vecchia gestione
Il processo di primo grado è ancora in corso ma il macello di Ghedi è tornato operativo, però con un nuovo nome, è stata infatti rimossa la vecchia insegna “Italcarni” che evoca spiacevoli ricordi, in favore della nuova denominazione A.D.M carni. Il cambiamento però potrebbe limitarsi a questo provvedimento di facciata, i proprietari infatti sono gli stessi di prima. Manca solo Federico Osio (in attesa di sapere se il giudice accoglierà la sua richiesta di patteggiare una condanna a due anni e sei mesi), poco male, la famiglia Osio è comunque ben rappresentata nella “nuova” società, di cui fanno parte la moglie, Ivonne Cosio, e la madre, Rina Lazzari.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Una forte alluvione ha colpito il Catanese: in poche ore una quantità di pioggia pari all’80 per cento della media annuale.
Il presidente della Repubblica ha risposto agli attacchi di Elon Musk contro la magistratura italiana. LifeGate, intanto, interrompe le pubblicazioni su X.
Approvata all’unanimità la legge destinata a colmare un vulnus della sanità italiana: chi non ha una residenza non ha accesso al medico di base.
L’Italia produce metà del riso europeo, soprattutto in pianura Padana. La salinizzazione dovuta alla siccità sta facendo danni, ma oggi c’è una soluzione.
Il rapporto Ecosistema urbano 2024 mostra alcuni progressi nelle città italiane, ma troppo lenti. E c’è troppo divario tra nord e sud.
Una campagna del Cnr svela una forte attività delle faglie tra le isole proprio dove sorgerà il Ponte, per la Società Stretto di Messina nessuna problema.
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
Dopo la non convalida dei trattenimenti dei 12 migranti di Egitto e Bangladesh, l’elenco dei Paesi sicuri viene definito per legge.