Nei primi sei mesi del 2020 la produzione di energia da fonti rinnovabili in Europa ha superato quella da combustibili fossili. Il caso del Portogallo.
Quest’anno sarà indimenticabile per il mondo energetico. Un primato storico ha segnato i primi sei mesi del 2020: la produzione di energia da fonti rinnovabili in Europa ha superato quella da combustibili fossili. Nei 27 paesi dell’Unione europea le fonti alternative hanno coperto il 40 per cento della produzione, quelle tradizionali solo il 34 per cento. In cinque anni il distacco si è dimezzato. I benefici per l’ambiente? Il 23 per cento in meno di emissioni di gas serra.
A rivelarlo uno studio condotto dal think tank indipendente Ember e pubblicato il 22 luglio scorso. La ricerca raccoglie i dati degli operatori dei sistemi di trasmissione delle reti nazionali (Tso) riuniti all’interno dell’associazione Entso-E.
Coal-fired electricity reaches historic low in the first half of 2020, squeezed on two fronts by growth in wind and solar and falling demand due to COVID-19 lockdowns.https://t.co/tryivHvm7Spic.twitter.com/Ufu48GrpjC
Ember rivela che la produzione di energia rinnovabile è cresciuta in media dell’11 per cento rispetto al primo semestre del 2019 favorita da un inizio anno mite e ventoso. Per il solare si registra un +16 per cento, per l’eolico +11 per cento e per l’idroelettrico +12 per cento. Questo grazie alle nuove installazioni di eolico e solare in Ue che hanno coperto il 21 per cento della produzione. La maggior concentrazione è stata registrata in Danimarca (64 per cento), Irlanda (49) e Germania (42).
Fossili in calo, per il carbone -32%
Di contro, la produzione da fossili ha risentito del calo della domanda per la pandemia di Covid-19. Questo ha comportato un altro primato: la Germania non è riuscita a eguagliare la produzione da carbone della Polonia. Nell’Ue a 27 la generazione da carbone è diminuita del 32 per cento e quella da lignite del 29 per cento. Anche la produzione di gas, indicato da molti come il vettore energetico più favorevole per la transizione energetica, ha registrato una diminuzione del 6 per cento.
“È un progresso velocissimo rispetto a soli nove anni fa quando le fossili generavano il doppio delle rinnovabili”, commenta Dave Jones, senior electricity analyst di Ember. “Il piano per la ripresa economica, il next generation eu, può aiutare i Paesi ad accelerare nella transizione energetica, investendo nell’eolico e nel solare. Il just transition fund può aiutare ad abbandonare la produzione da carbone”.
Centrali a carbone: le diverse anime d’Europa
Se il 2020 è l’anno del sorpasso delle rinnovabili sulle fossili, per l’anima nera della Polonia non è ancora tempo di conversione. Nel paese la produzione da carbone equivale a quella di 25 stati e non esiste un piano per la chiusura delle centrali a carbone. Ciò dimostra quanto il suo contributo sarà determinante nel percorso comunitario di transizione energetica.
In compenso, altri stati membri ne hanno anticipato la chiusura. L’ultimo in ordine di tempo, dopo Austria e Svezia, è il Portogallo. L’utility portoghese Edp ha annunciato lo stop anticipato della centrale a Sines, prevista per il biennio 2021-2023. L’utility ha dichiarato che la fonte fossile è meno conveniente della controparte green, motivo che la porterà alla chiusura o alla conversione di altre centrali, anche in Spagna.
È un progresso velocissimo rispetto a soli nove anni fa quando le fossili generavano il doppio delle rinnovabili
Dave Jones, senior electricity analyst di Ember
Entro il 2025 altri sette paesi fermeranno la produzione di queste centrali. Si tratta di Francia (2022), Slovacchia (2023), Portogallo (2023), Irlanda (2025) e, ultima, Italia (2025). Il Belgio, invece, ha segnato il suo record personale: ha chiuso con il carbone nel 2016.
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