La Giornata dell’ambiente 2021 ci esorta ad agire per il ripristino degli ecosistemi danneggiati dall’uomo. Un tema a cui l’Onu ha dedicato il decennio.
È il tema che accomuna la Giornata della Terra, la Giornata dell’ambiente 2021 e l’intero decennio delle Nazioni Unite che va dal 2021 fino al 2030. Stiamo parlando del ripristino degli ecosistemi, una sfida che l’Onu riassume così: prevenire, fermare e invertire il degrado degli ecosistemi in tutto il mondo.
A che punto è il degrado degli ecosistemi e che conseguenze ha
“Il ripristino è una risposta urgente alla carente gestione della terra, la più essenziale delle risorse”, mette nero su bianco la Global partnership on forest and landscape restoration (Gpflr).
Da un lato c’è degrado del suolo dovuto all’erosione, all’inquinamento e al depauperamento delle sue risorse. Già oggi circa il 20 per cento della superficie vegetata del Pianeta mostra un calo di produttività ed entro il 2050 le rese agricole crolleranno in media del 10 per cento, con picchi del -50 per cento in determinati territori. Dall’altro lato c’è la deforestazione che tra il 2004 e il 2017 si è mangiata 43 milioni di ettari, all’incirca la superficie dell’Iraq. Nel solo 2020 è andata distrutta un’area di foreste tropicali primarie umide grande quanto l’Olanda.
Questi due fenomeni oggi hanno un impatto sul benessere di almeno 3,2 miliardi di persone, contribuiscono alla tanto temuta sesta estinzione di massa e compromettono servizi ecosistemici il cui valore supera il 10 per cento del pil globale. Con i cambiamenti climatici, tutto ciò è destinato a peggiorare.
Cos’è il ripristino degli ecosistemi
È qui che entra in gioco il ripristino degli ecosistemi, una missione che assume diverse forme a seconda delle caratteristiche del territorio interessato.
I terreni agricoli, per esempio, sono stati impoveriti nel tempo da monocolture intensive, sfruttamento eccessivo delle aree a pascolo, fertilizzanti e pesticidi, contaminazione da nitrati, rimozione degli alberi. È proprio nella natura che bisogna ricercare i metodi per riportarli in salute. Il ripristino passa quindi attraverso l’uso di fertilizzanti e antiparassitari naturali, la rotazione delle colture, l’introduzione di una maggiore biodiversità agricola, la possibilità di far pascolare il bestiame dopo il raccolto.
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Se dalla salute dei terreni agricoli dipende la sicurezza alimentare, su quella delle torbiere (cioè i terreni acquitrinosi) si gioca la mitigazione dei cambiamenti climatici, visto che coprono il 3 per cento delle terre emerse ma in confronto contribuiscono al 30 per cento della CO2 assorbita dal suolo. Ripristinare un ecosistema montano invece significa aumentare la copertura forestale, salvaguardare i corsi d’acqua, progettare le infrastrutture (come strade e dighe) rispettando gli equilibri dell’habitat e metterlo in sicurezza da valanghe, slavine e inondazioni.
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Un approccio ancora più radicale è il rewilding che prevede di reintrodurre le specie animali e vegetali che erano state estromesse dall’uomo, creare le condizioni giuste per farle prosperare e poi lasciare semplicemente che la natura si riprenda i suoi spazi, senza provare a governarla.
Alcuni progetti di ripristino degli ecosistemi
Tra i progetti di punta del decennio Onu per il ripristino degli ecosistemi c’è la Grande muraglia verde, un corridoio di vegetazione che va dal Senegal al Corno d’Africa, per una lunghezza di circa 7.800 chilometri e una larghezza di 15. L’intento è quello di fermare l’avanzata del Sahara e contribuire alla sicurezza alimentare e al benessere economico della popolazione del Sahel. Più in generale, nel solo continente africano c’è l’opportunità di rigenerare 700 milioni di ettari.
Nel 2010 è stato avviato il Canopy project, un colossale piano di riforestazione che coinvolge quattro continenti. Con la Bonn Challenge, invece, il governo tedesco e l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) hanno lanciato una sfida: ripristinare 150 milioni di ettari degradati e deforestati entro il 2020, arrivando a 350 milioni entro il 2030. Il che corrisponderebbe a sequestrare dall’atmosfera rispettivamente 13 e 26 gigatonnellate di gas serra. Stando all’aggiornamento più recente, oltre 70 organizzazioni disseminate in 60 paesi si sono impegnate per un totale di 210 milioni di ettari. Senza andare troppo lontano, un esempio perfetto di ripristino degli ecosistemi è anche quello che si sta facendo tra Veneto e Trentino per ridare vita ai boschi abbattuti dalla tempesta Vaia nel mese di ottobre del 2018.
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