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È ormai la normalità trovare grandi schermi nelle automobili di oggi, ma dietro a questa idea di innovazione si nascondono potenziali rischi.
C’è stato un momento in cui anche l’accensione inaspettata di una luce, magari nei posti di dietro, veniva considerata potenzialmente pericolosa, perché in grado di “distrarre” il guidatore. Tanta cautela sembra essersi corrosa col tempo, visto il dilagare degli schermi nelle nostre automobili: è sempre più raro, infatti, trovare un modello uscito negli ultimi anni che non presenti un tablet piazzato lì, tra guidatore e passeggero, al cui schermo sono delegati sempre più comandi e opzioni. Alla faccia della distrazione.
Il successo degli schermi nelle vetture è ovviamente coinciso con la sparizione dei suoi antenati, i tasti, le leve e le rotelle con cui da sempre si governava l’auto. Questa piccola rivoluzione è stata senz’altro ispirata da Tesla, primo brand a dare spazio agli schermi nei suoi modelli, e ha avuto pesanti ripercussioni per l’attenzione alla guida di molte persone. Sia chiaro, questi schermi non sono fatti per guardare Netflix o giocare a Zelda, ma per offrire infotainment, termine nato dalla fusione tra informazione e intrattenimento. Il problema sorge quando questo infotainment diventa chiassoso, colorato, e quindi pericoloso.
La AAA Foundation for traffic safety è un’organizzazione senza scopo di lucro statunitense che si occupa di sicurezza stradale e ha recentemente dichiarato che sistemi moderni di questo tipo sono in grado di distrarre una persona anche per quaranta secondi, con prevedibili conseguenze. Il tutto, mentre severi leggi vietano (giustamente) l’utilizzo dello smartphone mentre si è alla guida. Gli schermi sono belli da vedere e danno un’idea di progresso e innovazione, ma non è chiaro perché siano nelle nostre auto. Non risolvono alcun problema, non hanno scopi esclusivi che prima della loro comparsa non sapevamo come affrontare. Come ha scritto il quotidiano New York Times lo scorso anno, l’infotainment di questo tipo “ci rende meno sicuri, non migliora l’esperienza di guida, fa risparmiare soldi ai produttori e viene venduto come un progresso necessario”, pur non essendolo. Una posizione critica che trova consenso anche tra i consumatori e che sta spingendo alcune aziende del settore a tornare sui loro passi, togliendo gli schermi per tornare a leve e pulsanti. Come ha spiegato Slate, infatti, il gruppo Volkswagen starebbe discutendo internamente la loro rimozione (o riduzione) nei modelli futuri, mentre Alfonso Albaisa, responsabile del design presso Nissan, ha dichiarato che “la gente si stuferà di questi grandi schermi neri”. Non tutti sono d’accordo: Mercedes-Benz ha appena annunciato la nuova Classe E, che sarà dotata di ben tre schermi, mentre i futuri modelli della General Motors saranno incompatibili con sistemi come CarPlay di Apple e Android Auto – non per sicurezza ma perché vuole puntare su un nuovo sistema sviluppato dall’azienda stessa.
Nonostante tutto, insomma, per i bottoni continua a essere un mondo difficile. Anche perché le alternative analogiche e vecchio stile costano di più: vanno progettate, fabbricate, installate, mentre gli schermi permettono di ottimizzare i costi – e ridurre drammaticamente la componentistica necessaria per ogni modello. Il rischio è che leve e pulsanti diventino un lusso, un extra che non a caso ora fa gola a marchi come Porsche (che ridurrà gli schermi) e Bugatti (che ha sempre continuato a usare comandi analogici), che producono vetture di nicchia e costosissime, dove gli schermi sono banditi. O quasi.
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