La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Il primo censimento nazionale del patrimonio faunistico keniano rivela che restano pochi esemplari di specie iconiche come il rinoceronte nero.
I risultati del primo censimento nazionale della fauna selvatica in Kenya non sono confortanti. L’operazione, durata tre mesi e costata oltre due milioni di dollari, ha infatti mostrato che cinque specie sono “in pericolo critico” di estinzione. Nella scala dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), questa classificazione corrisponde al più alto grado di rischio e indica che gli animali hanno il 50 per cento di probabilità di estinguersi entro dieci anni o tre generazioni. Altre nove specie sono invece state classificate come “in pericolo”.
La iena macchiata e i kudu (sia maggiore sia minore) sono considerati “vulnerabili”. Si segnalano anche due specie protette – lo struzzo masai e lo struzzo somalo – e altre che, fortunatamente, corrono un rischio minimo, come l’ippopotamo, il bufalo e la zebra comune.
Stando al report, redatto dal Kenya wildlife service in collaborazione con il ministero del Turismo, le minacce più serie che incombono sulla fauna selvatica del Kenya sono la crescita demografica e l’urbanizzazione, la perdita di habitat causata dalla deforestazione e dalla costruzione di infrastrutture, i cambiamenti climatici e la conseguente scarsità di risorse, gli incendi e il bracconaggio.
Neanche le riserve naturali sono state risparmiate. Il ministro del Turismo, Najib Balala, si è detto preoccupato dal restringersi delle zone incontaminate che ospitano il ricco patrimonio faunistico della nazione africana. Su Twitter ha dichiarato anche di essere soddisfatto dei programmi che il paese sta mettendo in atto contro il bracconaggio che, in effetti, hanno consentito un aumento del numero di elefanti.
È necessario continuare su questa strada per evitare di isolare la fauna selvatica dentro sacche di aree protette o, ancor peggio, perdere per sempre specie meravigliose. Il censimento, più che suonare come un campanello d’allarme, deve quindi rappresentare il fischio d’inizio della partita per la loro salvezza.
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