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Chi prende il posto dei ghiacciai dopo il loro ritiro, lo studio
Il ritiro dei ghiacciai dovuto al riscaldamento globale porta a un necessario adeguamento della vegetazione. Lo dimostra uno studio della Statale di Milano.
- Il ritiro dei ghiacciai influisce sullo stato conservativo della vegetazione dell’habitat circostante.
- Lo dimostra una ricerca dell’Università degli Studi di Milano che rappresenta un modello per comprendere l’evoluzione degli ecosistemi.
Ormai è un dato di fatto. Il ritiro dei ghiacciai si sta diffondendo e la vegetazione si adegua e cambia completamente. Sull’argomento, l’Università degli studi di Milano ha condotto uno studio internazionale che rappresenta un modello per comprendere pienamente l’evoluzione degli ecosistemi.
Il ritiro dei ghiacciai e le sue conseguenze
In tutto il mondo, i ghiacciai si stanno ritirando rapidamente, cioè la loro superficie, la loro estensione si sta riducendo. Le aree che si liberano dopo il loro ritiro sono rapidamente “colonizzate” da una moltitudine di organismi viventi. Tra questi, le piante sono sicuramente quelli più visibili anche da noi esseri umani. Dopo la colonizzazione di queste aree, infatti, le comunità di piante cambiano nel tempo in un processo che viene definito dagli scienziati di “successione ecologica“. La ricerca italiana evidenzia due meccanismi differenti che determinano queste successioni: nel primo si assiste all’arrivo di nuove specie che possono stabilirsi senza escludere quelle che erano già presenti (aggiunta); nel secondo caso, invece, le nuove arrivate possono sostituire le specie già presenti (sostituzione).
L’importanza di questi due processi è stata molto dibattuta nell’ultimo secolo, anche perché il loro ruolo potrebbe variare nel tempo a seconda del contesto ambientale. Le aree che si formano dopo il ritiro dai ghiacciai sono un laboratorio formidabile per testare queste ipotesi, perché permettono di raccogliere misure accurate su come la diversità delle comunità vegetali cambia nel tempo.
E, proprio per questo, lo studio condotto da ricercatori di 13 paesi su 46 ghiacciai in fase di ritiro in tutto il mondo e basato sul successivo sviluppo della vegetazione, ci regala una certezza. Passata una prima fase in cui solo poche piante pioniere crescono su un suolo povero e instabile, a distanza di 50 anni nuove specie vegetali avanzano per sostituire le prime. Il lavoro, pubblicato su Nature Plants, rappresenta, così, un modello per comprendere l’evoluzione dei nuovi ecosistemi.
Sul futuro dei ghiacciai, una ricerca esaustiva
Per ogni ghiacciaio, hanno evidenziato le aree lasciate libere negli ultimi secoli, confrontando siti in cui il ghiacciaio si è ritirato recentemente (nell’ultimo decennio) con siti in cui si sono ritirati diversi decenni fa. Confrontando il tutto, hanno misurato come le comunità di piante cambiano nel tempo e quantificato l’importanza relativa di “addizione” e “sostituzione” delle specie.
Con l’arrivo delle piante “aggiunte” i suoli diventano abbastanza ricchi e stabili. Permettono, in questo modo, l’arrivo di specie più competitive che si stabiliscono sul suolo, ed eludono quelle pioniere, rimpiazzandole. Il confronto tra un gran numero di ghiacciai suggerisce che questi due meccanismi siano importanti in tutto il pianeta. “Queste informazioni ci aiutano a capire come evolveranno i nuovi ecosistemi, sempre più ampi, che si stanno formando in montagna e nelle aree intorno ai poli in conseguenza del ritiro dei ghiacciai”, commenta Francesco Ficetola, coordinatore dello studio ed esperto di biodiversità dell’Università statale di Milano. La ricerca italiana diventa, così, fondamentale per capire i complessi, eppure comprensibili meccanismi, che la natura attua per uniformarsi e rinnovarsi di volta in volta all’influenza climatica e alle sue ripercussioni sull’habitat.
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