In Europa la transizione energetica è vicina, grazie a un mix di eolico e solare, ma infrastrutture e burocrazia rischiano di rallentarla
Ritorno ai fossili: dopo Shell e Total, anche Bp abbandona gli obiettivi climatici
Le principali compagnie petrolifere abbandonano l’obiettivo di ridurre la produzione di petrolio e gas. L’ultimo annuncio in questo senso arriva da Bp.
Dopo TotalEnergies e Shell, anche Bp ha rivisto i propri obiettivi climatici. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters, la compagnia britannica ha abbandonato il target di riduzione della produzione di petrolio e gas per il 2030, ridimensionando la sua strategia di transizione energetica con l’obiettivo di “riconquistare la fiducia degli investitori” e “colmare il gap di valutazione con i concorrenti”. Nel 2020, Bp aveva annunciato piani ambiziosi, impegnandosi a ridurre la produzione di petrolio e gas del 40 per cento entro il 2030, concentrandosi sulle energie rinnovabili. Tuttavia, la crisi energetica del 2022 e la guerra in Ucraina hanno portato a un cambio di strategia: nel febbraio 2023, Bp aveva già ridotto l’obiettivo di diminuzione dei combustibili fossili al 25 per cento, che ora potrebbe essere del tutto abbandonato.
Bp destina meno del 9% dei suoi investimenti alle rinnovabili
Secondo Agathe Masson, responsabile della campagna della ong Reclaim Finance, “se Bp sceglie di privilegiare i profitti a scapito del pianeta, gli investitori devono intervenire per fermare questa strategia distruttiva e adottare una visione di lungo periodo”. Masson esorta gli investitori a sanzionare i dirigenti della compagnia, votando contro la rielezione degli amministratori e rifiutandosi di finanziare ulteriori progetti, finché la strategia aziendale non sarà in linea con la scienza del clima.
A conferma di questa tendenza, un’analisi di Reclaim Finance mostra che, nonostante le promesse di transizione energetica, nel 2023 Bp ha destinato 14,6 miliardi di dollari all’esplorazione e produzione di petrolio e gas, contro appena 1,3 miliardi per il settore delle energie a basse emissioni di CO2. Tra il 2024 e il 2030, Bp prevede di investire 9,3 miliardi di dollari all’anno nei combustibili fossili, una cifra oltre due volte superiore a quella annunciata al comparto delle energie pulite.
Bp, inoltre, sta accelerando i suoi investimenti in Medio Oriente e nel Golfo del Messico per aumentare la produzione di petrolio e gas. Parallelamente, ha venduto i suoi parchi eolici onshore negli Stati Uniti, ritirandosi dal mercato delle energie rinnovabili. Questa strategia ha suscitato il plauso di alcuni investitori come Bluebell Capital, che un anno fa aveva sollecitato Bp ad abbandonare i suoi impegni di riduzione della produzione di combustibili fossili per massimizzare il valore per gli azionisti. Tuttavia, non tutti gli investitori concordano: nel 2023, il 17 per cento degli azionisti ha sostenuto una risoluzione presentata da Follow This, che chiedeva all’azienda di allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Ma la British petroleum non è la sola
Il voltafaccia di Bp non è l’unico nel campo delle Big oil. Anche TotalEnergies ha recentemente annunciato un aumento della produzione di idrocarburi del 3 per cento annuo entro il 2030, superando le previsioni precedenti. Secondo ancora Reclaim Finance, “TotalEnergies è lontana anni luce da una vera strategia di transizione e continua a puntare sull’aumento della produzione di petrolio e gas, nonostante gli allarmi della comunità scientifica”.
Anche Shell ha ridimensionato i propri impegni climatici, abbandonando l’obiettivo di ridurre le emissioni del 45 per cento entro il 2035. La compagnia ha inoltre venduto asset legati alle energie rinnovabili, tra cui progetti di eolico offshore, biocarburanti e idrogeno. Questa strategia ha incontrato l’opposizione di una parte degli azionisti, con il 19 per cento che ha votato per un allineamento più stretto con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi durante l’ultima assemblea generale.
Questi segnali sono allarmanti. Secondo il rapporto di Carbon Tracker, pubblicato a marzo, le compagnie petrolifere europee, pur essendo relativamente meno ostili alla transizione rispetto alle concorrenti globali, non sono allineate con lo scenario di 1,5°C. Il rispetto degli impegni dell’Accordo di Parigi richiede una drastica riduzione della produzione di combustibili fossili e, ad oggi, nessuna grande compagnia petrolifera sembra essere sulla giusta strada. Al contrario, il disimpegno dagli obiettivi climatici sta ulteriormente aggravando la crisi.
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