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Energie rinnovabili, tracciabilità, agricoltura integrata: il cammino di Ritter Sport verso la sostenibilità
“Fare la cosa giusta” è il motto di Ritter Sport. Siamo stati a Stoccarda, presso lo stabilimento di Waldenbuch, per farci raccontare la sua storia.
“Fare la cosa giusta”: lo ripetono tutti qui alla sede di Ritter Sport, a Waldenbuch, a sud di Stoccarda. La società tedesca, produttrice delle iconiche tavolette quadrate di cioccolato, ha puntato molto su diversi piani della sostenibilità, da quella ambientale a quella sociale. E ha invitato LifeGate per raccontarlo.
Gli impegni ambientali di Ritter Sport
La storia di questa società a conduzione familiare inizia nel 1912 ma è il 1932 l’anno che segna l’inizio del suo successo, quando Clara, la moglie di Alfred Ritter, propose al marito l’idea di una barretta di cioccolato quadrata, perché stesse più comoda nelle tasche dei tifosi di calcio che andavano al negozio di pasticceria prima di correre allo stadio lì vicino. 90 anni dopo, l’azienda produce 3 milioni di quadrotti al giorno, vendendo i propri prodotti in oltre 100 paesi, impiegando circa 1.900 dipendenti e fatturando 538 milioni di euro (dati 2022).
Sono 20 anni, ci racconta Thomas Straub, amministratore delegato di Ritter Italia, che l’azienda punta sulla sostenibilità ambientale, da quando cioè la società ha intrapreso, per propria iniziativa, il percorso verso la neutralità climatica: “prevenire in primo luogo le emissioni; ridurle piuttosto che compensarle dopo”, è il claim. Dal 2002 Ritter Sport si approvvigiona unicamente con energia prodotta da fonti rinnovabili. La neutralità climatica è realtà dal 2020, anche grazie al mercato dei crediti di carbonio. Ma di progetti concreti, per ridurre le emissioni, Ritter ce ne elenca diversi. Alla fine del 2022, l’azienda ha aderito alla Science-based targets initiative assumendosi il compito di ridurre le emissioni dirette della catena del valore del 42 per cento entro il 2030, impegnandosi nell’obiettivo delle Nazioni Unite di limitare la crescita della temperatura media globale a 1,5°C.
Inoltre, entro il 2025, in conformità con il Greenhouse gas protocol e in collaborazione con i fornitori di materie prime, anche le emissioni scope 3, quelle che riguardano la catena di approvvigionamento o supply chain, saranno annullate.
La produzione di energia verde passa anche dagli stabilimenti
“Nel 2019 abbiamo compensato le emissioni scope 1 e scope 2 e abbiamo acquistato crediti di carbonio. Lo facevano tutti, quindi abbiamo pensato di andare oltre e di non limitarci ad acquisire certificati dall’altra parte del mondo. Nel 2020 allora abbiamo pensato di costruire il nostro impianto fotovoltaico, per abbandonare le fonti fossili una volta per tutte”. A raccontarcelo è il responsabile dell’impianto, Asmus Wolff, che ci accompagna sul tetto dello stabilimento di Dettenhausen per vedere da vicino pannelli termici e fotovoltaici.
All’inizio di quest’anno, Ritter Sport ha elettrificato tutta la sua logistica interna tra magazzino, sito di produzione e centro logistico a Dettenhausen. E impiega camion alimentati dall’elettricità prodotta dall’impianto fotovoltaico posizionato nell’edificio che ospita il magazzino. Sempre dall’alto, possiamo osservare le motrici dei tir che si ricaricano dalle colonnine elettriche mentre attendono che in magazzino vengano scaricati i rimorchi.
La nostra visita anticipa di pochi giorni l’entrata in funzione di una turbina eolica posizionata a Münchberg, in Baviera, mentre una seconda è attualmente in costruzione. Attraverso i due impianti eolici Ritter potrà contare su una potenza totale di circa 5,5 megawatt, l’equivalente di 150 milioni di barrette.
Naturalmente, l’obiettivo di questi impianti è quello di limitare l’utilizzo di combustibili fossili per raggiungere una maggiore autonomia e autosufficienza a livello energetico. “Entro la fine del 2023”, aggiunge il responsabile, “più della metà del fabbisogno elettrico dell’azienda sarà coperto da energia autoprodotta da fonti rinnovabili”.
Filiera tracciata e una piantagione di proprietà in Nicaragua
E poi c’è l’impegno sociale. Dal 2018, l’azienda di Stoccarda si approvvigiona con cacao certificato “100 per cento sostenibile” per l’intera gamma di prodotti, secondo i programmi Rainforest alliance e Fairtrade. Inoltre, dal 2022, il cacao di Ritter Sport è interamente tracciabile fino alle organizzazioni di produttori, permettendo in questo modo di far conoscere alle persone esattamente da dove proviene e qual è la cooperativa di riferimento. L’azienda si è data come ulteriore obiettivo quello di estendere la tracciabilità fino alla singola azienda agricola entro il 2025. Attualmente, di tutto il cacao approvvigionato e tracciato da Ritter Sport, l’85 per cento proviene da tre paesi dell’Africa occidentale, ovvero Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio, e da due paesi dell’America centrale e meridionale, Perù e Nicaragua.
“Succede esattamente questo: nel nord non abbiamo mai visto un frutto di cacao, ma sappiamo bene cos’è il cioccolato. Nel sud del mondo, invece, da dove provengono le materie prime, sanno benissimo cos’è il cacao ma non hanno mai visto una barretta. C’è un gap conoscitivo enorme”, ci racconta Hauke Will che da anni segue la piantagione di proprietà di Ritter Sport, nel sud est del Nicaragua.
Infatti è proprio qui che Ritter Sport sta portando avanti dal 2012 un ambizioso programma agroforestale di piantagione di cacao. Il progetto si chiama El Cacao e si tratta di una piantagione di proprietà che segue i dettami dell’agricoltura integrata. Ritter vuole dimostrare come le risorse e le più avanzate competenze in campo agronomico di un’azienda possano essere messe al servizio della crescita produttiva locale e della qualità del prodotto, in armonia con l’ambiente e la biodiversità e favorendo la creazione di nuove opportunità di occupazione (al momento nella piantagione lavorano 250 dipendenti) e reddito per le comunità rurali (attraverso un equo compenso).
Attualmente, ricoprendo un totale di 2.500 ettari, El Cacao è una delle più estese coltivazioni di cacao esistenti appartenenti a un produttore di cioccolato ma meno della metà dell’area viene utilizzata per la coltivazione del cacao. Infatti, oltre 1.200 ettari sono ricoperti da boschi, foreste, fiumi e paludi con lo scopo di favorire e proteggere la biodiversità del luogo. Ora a El Cacao si producono 200 tonnellate all’anno di fave di cacao ma l’obiettivo è di produrne 2500, che corrispondono al fabbisogno del 20-30 per cento dell’azienda. “Prevediamo di raggiungere questo obiettivo in circa 10 anni”, conclude Hauke Will.
Ringraziamo Ritter Sport per averci invitati al press tour in Germania, da cui è nato questo contenuto.
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