Blues is easy to play, but hard to feel. Così parlava Jimi Hendrix, “il genio del rock” – come lo ha definito Bono – pochi giorni prima di morire nel settembre del 1970. 43 anni dopo, alcuni musicisti italiani, omaggiano la musica di Hendrix partendo proprio da questa sua citazione. Sul palco insieme a Ezio
Rock Files Today – 18 Settembre – Jimi Hendrix
Oggi, 18 Settembre 1970 Londra. Sono le 11 e 45 circa, quando il corpo di James Marshall Hendrix giunge esanime al pronto soccorso dell’ospedale St. Mary Abbot’s di Kensington. Lì, dopo essere stato identificato dal road manager inglese Gerry Stickells, viene analizzato dal Dottor Seifert, medico legale, che ne dichiara ufficialmente la morte. Sono le
Oggi, 18 Settembre 1970
Londra.
Sono le 11 e 45 circa, quando il corpo di James Marshall Hendrix
giunge esanime al pronto soccorso dell’ospedale St. Mary Abbot’s di
Kensington.
Lì, dopo essere stato identificato dal road manager
inglese Gerry Stickells, viene analizzato dal Dottor Seifert,
medico legale, che ne dichiara ufficialmente la morte.
Sono le 12 e 45.
L’analisi successiva, condotta dal coroner di West London,
Dottor Gavin Thurston, conferma il primo referto: a soli 27 anni,
Jimi Hendrix, il più formidabile chitarrista rock della
storia, muore per soffocamento dopo aver ingurgitato il proprio
vomito.
Il tutto causato da un’intossicazione da barbiturici.
Hendrix si era addormentato qualche ora prima al Samarkand
Hotel, di Notting Hill, nell’appartamento di Monika Danneman,
ex-campionessa tedesca di pattinaggio e sua fidanzata di quei
giorni.
Monica dichiara che Hendrix ha preso dei tranquillanti per
dormire. E che il medicinale ingerito (il Vesparax) era molto
forte: in genere la posologia era mezza pasticca, ma pare che Jimi
se ne sia ingoiate nove. La miscela di alcol, amfetamine e
barbiturici ha infine prodotto lo stato comatoso dal quale non
s’è più risvegliato.
Secondo Monika, lei e Jimi hanno chiacchierato amabilmente sino
alle 7 del mattino prima di addormentarsi in due letti diversi.
Verso le 10 e 30 lei lo trova svenuto in una pozza di vomito. Non
sa che fare. Presa dal panico, telefona a Eric Burdon (celebre
cantante degli Animals e grande amico di Hendrix) che le intima di
chiamare un’ambulanza.
Qualcuno sostiene che gli infermieri accorsi sul posto, vedendo
un nero (probabilmente drogato) in stato comatoso, non abbiano
fatto tutto quello che avrebbero potuto e dovuto. Anche Monika
è convinta di non aver fatto tutto quello che avrebbe dovuto
e potuto.
Distrutta dai sensi di colpa e travolta dalla pesante
eredità spirituale, Monika Dannemann vive sino al 1996
dipingendo quadri con soggetto Hendrix nel ritiro della campagna
inglese di Seaford. Proprio lì, il 5 aprile di quello stesso
anno, si suicida con il gas di scarico della sua auto.
Nella sua tomba finiscono anche gli ultimi misteri relativi alla
morte del “figlio del voodoo”.
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