Uomini e rondini intrecciano i loro destini da migliaia di anni, come testimoniano le innumerevoli tracce che questo carismatico uccello migratore, dall’inconfondibile coda biforcuta, ha lasciato nella nostra cultura, dall’antichità ad oggi.
Nell’antica Grecia, ad esempio, la rondine, in virtù della coincidenza del suo arrivo con quello della primavera, era legata al culto della rigenerazione annuale. I marinai inglesi erano invece soliti tatuarsi una rondine, come buon auspicio di fare ritorno a casa dopo lunghe navigazioni.
In numerose culture sono inoltre presenti tabù per chi uccide o danneggia le rondini. Secondo le credenze estoni, se qualcuno uccide una rondine diventa cieco, mentre nella cultura anglosassone si ritiene che danneggiare un nido di rondine nella propria fattoria provochi un danno al bestiame presente. Anche in Italia molte credenze popolari collegano i maltrattamenti alle rondini a eventi nefasti o sfortunati.
Per questo la rondine (Hirundo rustica) non sarà mai, per noi, un uccello come gli altri.
Un nuovo studio scientifico ha fornito un ulteriore elemento per voler bene e prendersi cura delle rondini, consentendoci di incrociare scienze naturali e antropologia culturale e di guardare queste credenze e condizionamenti sociali da un’altra prospettiva.
Rondini, un alleato per gli allevatori
Lo studio, intitolato “Il paesaggio della paura negli allevamenti di bestiame? Come la presenza della rondine influenza l’attività delle mosche nocive”, è stato condotto da Muse, il Museo delle scienze di Trento, Lipu e Università degli studi di Milano e pubblicato sulla rivista Journal of applied ecology.
La ricerca ha studiato, in particolare, il ruolo ecologico delle rondini negli allevamenti bovini della val di Non, in Trentino, per comprendere l’effetto che la presenza degli uccelli può avere sul tasso di attività delle mosche, loro potenziali prede e vettori di numerosi patogeni e fonte di stress per il bestiame allevato.
L’abbondanza di rondini e mosche è stata misurata per 16 settimane in nove diversi allevamenti in val di Non, occupati o meno da rondini nidificanti. Se da un lato è noto il prezioso servizio ecosistemico di controllo dei parassiti offerto dai predatori in agricoltura, dall’altro il ruolo degli uccelli insettivori negli allevamenti è ancora poco studiato.
Stalla dolce stalla
Le rondini, specie particolarmente adattabile, si sono co-evolute con gli esseri umani, trovando un porto sicuro nelle strutture costruite dall’uomo.
“La rondine nidifica ormai quasi esclusivamente su strutture umane – ci ha spiegato Francesca Roseo, ricercatrice presso l’ufficio di Biologia della Conservazione del Muse. Al momento del passaggio dalla condizione di cacciatore-raccoglitore a quella di agricoltore sedentario, le rondini si sono adattate iniziando a fare il nido sulle pareti artificiali”.
Hanno infatti trovato condizioni particolarmente favorevoli: una parete sicura senza predatori, la presenza di bestiame e di un pascolo e, di conseguenza, di insetti di cui nutrirsi.
“Le stalle rappresentano ormai, quasi, l’ultimo baluardo su cui le rondini riescono a nidificare più o meno indisturbate. Il nostro studio si è concentrato su stalle di allevamenti estensivi, prendendo in esame stalle in cui c’è la presenza di rondini e stalle da cui invece sono assenti”.
Francesca Roseo
Un moschicida naturale
Per quantificare il contributo delle rondini nel controllo delle mosche nocive per il bestiame, i ricercatori hanno confrontato l’aumento stagionale dei tassi di attività della mosca in un’area geograficamente e ambientalmente omogenea, ma con una variabilità della presenza e abbondanza di rondini.
“Abbiamo riscontrato, intorno al culmine della riproduzione della specie, un notevole calo della presenza di mosche nelle stalle in cui sono presenti le rondini, ha affermato Roseo, sia per la predazione diretta e potenziale da parte degli uccelli, che per quello che abbiamo chiamato paesaggio della paura, secondo cui la presenza delle rondini disincentiverebbe quella degli insetti”.
Rondini, le migliori alleate delle aziende agricole 🐦A dirlo è un nuovo studio condotto da MUSE, LIPU e Università…
Dallo studio è emerso come il tasso di attività delle mosche aumenti con la temperatura, questo incremento è però molto meno marcato in presenza di rondini. A una temperatura di 22 gradi, riporta lo studio, la presenza locale di 25 rondini corrisponde a una riduzione media di oltre il 60 per cento nel tasso di attività delle mosche rispetto a quello che si avrebbe in una stalla senza rondini.
La presenza delle rondini nelle stalle rappresenta dunque uno scenario favorevole sia per gli uccelli che per gli allevatori: “I primi possono riprodursi e allevare i piccoli in un ambiente sicuro, con cibo e temperatura controllata, mentre i secondi hanno meno necessità di fare trattamenti per contenere il numero delle mosche”, continua Roseo.
Il paesaggio della paura
La riduzione della presenza e dell’attività delle mosche è dovuta dunque alla potenziale predazione diretta da parte degli uccelli insettivori, e quindi anche all’instaurazione di un “paesaggio della paura”. Le rondini, infatti, si nutrono abitualmente in un’area entro quattrocento metri dal nido, rendendo quello spazio circoscritto particolarmente pericoloso per le loro prede.
Altri studi hanno dimostrato che gli insetti sono inoltre sensibili ai richiami emessi dalle rondini e i ricercatori, tramite prove sperimentali, hanno notato che la mosca domestica (Musca domestica), ritenuta uno dei peggiori parassiti delle industrie lattiero-casearie, è in grado di valutare il rischio di predazione, evitando pertanto le zone con maggiore densità di predatori. “I nostri risultati dimostrano che il rischio di predazione da parte delle rondini ha ridotto il tempo di volo delle mosche nelle aree analizzate, riducendo così il fastidio ai bovini e la probabilità di trasmissione di malattie”, ha affermato la ricercatrice del Muse.
Rondini in declino
Nonostante il legame millenario con Homo sapiens e gli evidenti servizi ecosistemici offerti dalle rondini, questi uccelli passeriformi, che un tempo solcavano numerosi i nostri cieli, sono in grave declino. Tra il 1980 e il 2021 in Europa, secondo i dati del Farmland bird index, la specie ha subito una diminuzione del 19 per cento.
Il calo è principalmente causato dalle pratiche agricole intensive e dall’uso di prodotti chimici come i neonicotinoidi, insetticidi di sintesi responsabili del calo nelle popolazioni di uccelli e insetti impollinatori che abitano le aree agricole del Vecchio continente. A questi fattori vanno aggiunti il degrado degli habitat nell’Africa subsahariana, la crisi climatica e la riduzione delle prede.
Più fauna, più felicità
Lo studio ci ha ricordato, ancora una volta, quanto la fauna selvatica sia fondamentale sia per il nostro benessere, in virtù dei servizi ecosistemici che ci offre, ma anche per arricchire le nostre vite con la sua sola presenza, alimentando miti e racconti, e rivestendo un importante ruolo culturale.
Dobbiamo tornare a permearci con le altre specie, che non sono nostre rivali, bensì, come scrive Baptiste Morizot, “coabitanti viventi presi in questa comunità di destino che è la storia vivente”.
Così, mentre in Trentino gli allevatori (ri)scoprono l’utilità delle rondini, i loro colleghi in Abruzzo hanno iniziato ad accettare di buon grado il ritorno dei grifoni (Gyps fulvus). “Abbiamo riscontrato una percezione positiva da parte degli allevatori. Si sono resi conto che per loro gli avvoltoi rappresentano un alleato. Consentono infatti loro di risparmiare i costi di smaltimento delle carcasse”, ha spiegato Nicolò Borgianni, Vulture field officer di Rewilding Apennines.
Dopo anni in cui ogni lotta ai parassiti è stata demandata a prodotti chimici, che hanno contribuito a impoverire enormemente la biodiversità delle nostre campagne, è arrivato il momento di puntare su soluzioni basate sulla natura. Gli uccelli insettivori, come appunto le rondini, possono svolgere un importane ruolo di controllo biologico degli insetti negli agroecosistemi.
“Abbiamo bisogno di approcci innovativi per contrastare il declino della biodiversità nel settore agricolo e zootecnico e trovare delle sinergie tra le attività umane e la conservazione della biodiversità è fondamentale – ha affermato Francesca Roseo –. Inoltre, se vogliamo raggiungere gli obiettivi per la sostenibilità a livello globale, dobbiamo impegnarci seriamente nell’applicare le soluzioni basate sulla natura. Per poterlo fare, dobbiamo prima di tutto migliorare le nostre conoscenze scientifiche”.
Un protocollo per aiutare la convivenza
Le rondini offrono dunque un prezioso aiuto agli allevatori e, d’altra parte, le stalle rappresentano uno degli ultimi rifugi sicuri in cui questi uccelli riescono ad avere un ottimo successo riproduttivo. Proprio per favorire la conservazione delle rondini in questo contesto, e incoraggiare l’adozione di buone pratiche da parte delle strutture zootecniche, “abbiamo stilato un protocollo, che è ancora in fase di applicazione, e che ha la potenzialità di essere applicato a oltre settecento stalle”, ci ha detto la ricercatrice.
Il protocollo suggerisce la tempistica ideale per le diverse azioni da intraprendere nella stalla, sia quando le rondini sono assenti che quando sono presenti. Nei primi mesi dell’anno, ad esempio, gli allevatori possono installare barriere per disincentivare la costruzione del nido in aree indesiderate, mentre verso la fine dell’anno, è possibile posizionare nidi artificiali in aree idonee a favorire la presenza di rondini nella stalla.
Umani, rondini, bovini e mosche. Creature diverse che convivono in un equilibrio fragile ma prezioso, dando vita ad una rete di rapporti che, alla luce dello sfacelo del mondo naturale che abbiamo provocato, ci impongono di ripensare la nostra umanità in relazione con le altre specie.
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