AleksejNavalny è stato condannato nuovamente. Un tribunale russo ha inflitto una pena di 19 anni di reclusione “in regime speciale”, secondo quanto riferito dalla sua portavoce. Il che, secondo quanto indicato dall’agenzia Afp, significa che dovrà scontarla in uno dei penitenziari più duri del sistema carcerario della nazione euro-asiatica, normalmente destinato a chi è condannato all’ergastolo.
L’oppositore si aspettava una condanna pesante
Ad annunciarlo è stata la sua portavoce, Kira Iarmych, su X (il nuovo nome del social network Twitter). L’uomo, che da anni si batte contro Vladimir Putin, aveva fatto sapere di aspettarsi una sentenza particolarmente dura. “La formula per il calcolo è semplice: ciò che ha chiesto il procuratore, meno un 10-15 per cento. La proposta è stata 20 anni: me ne daranno 18 o qualcosa di simile”, aveva scritto in un messaggio indirizzato alle persone a lui care.
Алексею Навальному дали 19 лет особого режима.
Alexey Navalny was sentenced to 19 years in maximum security colony.
Navalny sta già scontando pene per complessivi undici anni e mezzo di carcere, dopo essere rientrato nel proprio paese all’inizio del 2021, in condizioni da lui denunciate a più riprese come disumane. L’oppositore politico ha affermato di essere speso posto in isolamento e di non poter affrontare i problemi di salute in modo adeguato.
Le critiche di Navalny alla guerra in Ucraina
Stavolta la condanna è arrivata, appunto, per “estremismo”. Dal carcere, Navalny si è scagliato contro l’intervento militare in Ucraina, definendolo “il più stupido e insensato del secolo”. Durante il processo a suo carico ha inoltre parlato di “decine di migliaia di morti” e aggiunto che “presto o tardi la Russia si rialzerà”.
Secondo Mosca, invece, i procedimenti penali a carico di Navalny non hanno nulla di politico: il Cremlino sottolinea come l’uomo sia trattato come ogni altro cittadino. È difficile tuttavia poter valutare in modo indipendente i termini del processo per “estremismo”, poiché esso si svolge a porte chiuse nel penitenziario IK-6 di Melekhovo, a 250 chilometri da Mosca.
La vedova del dissidente russo, che ora vive all’estero, è accusata di estremismo e rischia di finire in manette se si dovesse recare in patria. Lei: “Putin è un assassino”
Bucha è stata per settimane in mano ai russi. Una volta liberata sono emerse storie di esecuzioni arbitrarie di civili, torture e fosse comuni e si teme sia così in altre città dell’Ucraina.
Nella giornata di lunedì 1 marzo, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha parlato al Parlamento europeo che ha reagito con una standing ovation.
La scarcerazione di Narges Mohammadi è avvenuta per motivi di salute e durerà tre settimane. Cresce la pressione sul regime dell’Iran per renderla definitiva.
Tutte le componenti del gruppo punk Pussy Riot sono ufficialmente libere. Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova sono uscite dal carcere il 23 dicembre 2013 dopo l’approvazione dell’amnistia da parte della Duma, la camera bassa del parlamento russo, avvenuta il 19 dicembre. Le due musiciste avrebbero finito di scontare la pena a marzo 2014. Le Pussy