Urne aperte in tutto il Paese per le elezioni in Russia. Putin senza rivali si prepara a guidare il Paese per altri sei anni. Attese manifestazioni di protesta per il 17 marzo
In Russia sono iniziate le elezioni presidenziali (15-17 marzo 2024) che con ogni probabilità confermeranno al potere l’attuale presidente Vladimir Putin per altri sei anni, assicurandogli così il quinto mandato, il terzo consecutivo. Putin, 71 anni, è al potere ormai da 24 anni e potrebbe restarci potenzialmente fino al 2036, come previsto dalla Costituzione russa, appositamente modificata quattro anni fa. I primi seggi si sono aperti alle 8 ora locale (in Italia, le 21 di giovedì) in Estremo oriente, in Kamchatka e in Chukotka, sulle note dell’inno russo e di un coro di voci femminili che hanno inaugurato questa chiamata alle urne il cui esito, pur scontato, rappresenta comunque un test importante per misurare non solo il sostegno al capo, ma anche il livello di controllo sulla popolazione (anche quella emigrata all’estero) e più in generale il sostegno alla guerra.
I candidati alle elezioni in Russia
Le elezioni in Russia dureranno fino alle 20 ora locale del 17 marzo. Più di 112 milioni di cittadini russi sono chiamati a scegliere fra quattro candidati: oltre a Putin, sulle schede elettorali sono presenti i nomi di Leonid Slutskij, 56 anni, del partito Liberal Democratico, Vladislav Davankov, 40 anni, del Partito del Popolo Nuovo e Nikolaj Kharitonov, 75 anni, del Partito Comunista. Con l’esclusione nei mesi scorsi degli unici aspiranti candidati contrari alla guerra, Boris Nadezhdin e Ekaterina Duntsova, che avevano iniziato a ottenere ampi consensi, la strada verso la rielezione di Putin è praticamente priva di ostacoli, visto che gli attuali oppositori sono tali solo sulla carta e non nei fatti.
Al di là del risultato, lo svolgimento di queste votazioni è particolarmente importante non solo perché si tengono anche nei territori ucraini occupati dalla Russia, ma anche perché servono per valutare la coesione del popolo attorno a Putin, il fronte dei dissidenti all’estero e il precario stato di salute dell’opposizione, divisa tra le varie strategie proposte per rispondere alla chiamata alle urne; inoltre perché si svolgono in un clima di repressione mai visto nella Russia moderna e che secondo gli analisti non farà che aumentare: l’uccisione in carcere dell’oppositore Aleksej Navalnyj e l’aggressione del suo braccio destro Leonid Volkov, colpito a martellate nei giorni scorsi davanti alla sua abitazione in Lituania, sono solo gli ultimi avvertimenti a chi si oppone al regime. Insomma, le elezioni in Russia rappresentano di fatto un plebiscito per Putin e un referendum sulla guerra, che verrebbe in questo modo ulteriormente legittimata fino alle ultime conseguenze.
Il voto nei territori occupati
Già nei giorni scorsi, i residenti dei territori ucraini occupati dalla Russia (ovvero in Crimea, Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporozhye) sono stati chiamati a votare avvalendosi di “commissioni elettorali mobili”, con il personale amministrativo il più delle volte accompagnato da uomini armati. Emblematico il video di un’anziana signora che infila la scheda nell’urna seguita a vista da un soldato armato. In alcuni casi, nelle regioni ucraine sotto il controllo russo i documenti elettorali sono stati consegnati direttamente casa per casa, secondo Mosca per motivi di sicurezza. Ma il Ministero degli Esteri ucrainoha invitato i cittadini che vivono nei territori occupati a non partecipare al voto e la Verkhovna Radaha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché condanni lo svolgimento delle elezioni russe nelle zone occupate.
Occupied Ukraine encouraged to vote in Russian election by armed men https://t.co/fx8YMzuWJR
Il voto anticipato nei territori più difficili da raggiungere, come le località vicine alla linea del fronte, è iniziato il 25 febbraio, e dal 1° marzo si è votato anche nei 269 seggi allestiti all’estero; secondo la Commissione elettorale centrale, sarebbero 2,3 milioni i cittadini che hanno votato in anticipo, e in 29 regioni è stato messo a disposizione anche il voto elettronico a distanza: un sistema molto sponsorizzato dal Cremlino e che solleva non pochi dubbi sulla trasparenza delle votazioni.
L’assenza di osservatori indipendenti, il voto elettronico facilmente manipolabile e la pressione esercitata sui dipendenti delle aziende statali, incaricate di assicurare un’elevata partecipazione al voto dei propri lavoratori, rendono queste elezioni un appuntamento puramente rappresentativo per un esito del tutto scontato.
Non sono mancate poi le forme di boicottaggio: a Mosca e a Voronezh, ad esempio, due donne hanno rovesciato della vernice colorata nell’urna per annullare i voti. Entrambe sono state fermate dalla polizia.
Russian election and law enforcement authorities have reported a spate of incidents involving voters spilling green antiseptic dye into ballot boxes on the first day of the presidential vote.
Finché in campo c’era Nadezhdin, l’opposizione russa era compatta. Ma da quando l’unico candidato anti-guerra è stato scartato dalla competizione elettorale, il fronte dell’opposizione ha iniziato a spaccarsi. E ora è diviso fra chi suggerisce di votare per l’unico candidato che più si avvicina a un’alternativa, ovvero Vladislav Davankov del Partito del Popolo Nuovo, che parla sì di pace e negoziati ma “alle nostre condizioni”, e chi invece invita i connazionali a “votare per qualsiasi candidato diverso da Putin” oppure ad annullare la scheda. Nessuna coesione dunque. Solo l’ennesima occasione mancata per proporre ai cittadini una strategia compatta contro Putin.
L’unica iniziativa che sembra aver messo tutti d’accordo è quella proposta prima di morire dall’oppositore Aleksej Navalny su idea del politico Maksim Reznik, e ora rilanciata dalla vedova Yulia Navalnaya e accolta dai principali esponenti dell’opposizione: l’iniziativa si chiama “mezzogiorno contro Putin” e prevede di recarsi in massa davanti ai circa 94mila seggi elettorali allestiti in tutto il Paese a mezzogiorno in punto dell’ultimo giorno delle votazioni: una forma di protesta relativamente sicura per far vedere ai connazionali e al mondo quante sono effettivamente le persone contrarie all’attuale sistema di potere, proprio nel mezzo delle elezioni in Russia. Un tentativo di convogliare il malcontento, limitando il tempo a disposizione dei funzionari per falsificare i dati. Ma la procura moscovita ha già messo in guardia la popolazione circa eventuali manifestazioni nel corso delle elezioni.
Nel frattempo, in un editoriale pubblicato sul giornale Washington Post, Yulia Navalnaya ha invitato i leader politici occidentali “a non riconoscere i risultati delle elezioni falsificate” e “a non riconoscere Putin come legittimo presidente della Russia”.
I voti dei russi all’estero
Anche se l’esito delle votazioni è scontato, i numeri sono comunque un’importante cartina tornasole per verificare la solidità del potere di Putin. In assenza di reali concorrenti, infatti, la sfida più grande Putin la deve vincere con sé stesso, superando i risultati ottenuti nelle precedenti elezioni del 2018, sia in termini di affluenza che di voti: sei anni fa, Putin aveva ottenuto il 76,7 per cento dei voti, con un’affluenza superiore al 67 per cento; per questo ora l’asticella è stata fissata più in alto e il capo del Cremlino conta di vincere con almeno l’80 per cento dei voti: un modo per confermare non solo il sostegno del Paese, ma soprattutto per legittimarsi agli occhi della classe dirigente.
Ora la vera incognita è rappresentata dal voto dei russi che si trovano in esilio all’estero, la fetta forse più motivata a mettere nero su bianco la propria contrarietà al regime. I tantissimi elettori che si sono messi in fila davanti all’ambasciata russa a Praga potrebbero far pensare che in effetti l’affluenza all’estero potrebbe essere alta. Difficilmente, però, sarà sufficiente per cambiare il risultato di un voto già deciso. Si voterà tra l’altro anche in Italia, ma solo nella giornata del 17 marzo, presso l’ambasciata russa a Roma e nei consolati di Palermo, Genova e Milano.
Secondo alcuni analisti, la macchina repressiva costruita per solidificare il consenso attorno a Putin potrebbe inasprirsi ulteriormente dopo la chiamata alle urne. “Queste elezioni si possono interpretare come un nuovo punto di svolta oltre il quale c’è da aspettarsi una nuova ondata di repressioni – ha commentato il politologo Abbas Gallyamov -. Fino all’autunno scorso circolavano voci di una nuova mobilitazione, e abbiamo visto come sono cambiate le leggi in ottica repressiva, come sono stati imposti nuovi divieti… poi all’improvviso più nulla. Viene da pensare che sia stato messo tutto in pausa in vista dell’appuntamento elettorale e che questo trend possa riprendere dopo il voto”.
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