Nella repubblica russa del Daghestan sono state trovate morte 2.500 foche del Caspio.
Non è stato ancora possibile identificare la causa del decesso.
Le foche del Caspio sono classificate come “in pericolo” nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).
Nella giornata di domenica 4 dicembre le autorità del Daghestan, repubblica russa affacciata sul mar Caspio, avevano comunicato il ritrovamento di circa 700 foche del Caspio (Pusa caspica) spiaggiate. Già di per sé la notizia era allarmante, perché non era la prima volta e perché la specie è ritenuta in pericolo di estinzione. Nell’arco di qualche ora il bilancio si è aggravato: gli animali morti per cause misteriose sono ben 2.500.
Cosa sappiamo delle foche del Caspio trovate morte
La dinamica dell’accaduto è ancora poco chiara. Innanzitutto, stando a quanto riferito dalle autorità locali, le foche del Caspio morte potrebbero essere addirittura di più: 2.500 sono solo quelle che sono state trovate finora. La causa, oltretutto, è ancora ignota. I mammiferi marini sarebbero deceduti circa due settimane fa, ipoteticamente per cause naturali. O almeno questa sembra l’ipotesi più plausibile, visto che non sono stati notati traumi né resti di reti da pesca.
Nel corso dell’ultimo anno si sono già verificati diversi episodi simili, anch’essi attribuiti a cause naturali. Appena un mese prima, a inizio novembre, erano state trovate più di 130 foche del Caspio spiaggiate sulle coste del Kazakistan.
Quali sono le minacce per il futuro di questi mammiferi marini
Non è chiaro nemmeno quanti siano gli esemplari di questa specie che vivono nel mar Caspio, la più grande massa d’acqua chiusa della Terra. L’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) parla di 68mila, altre agenzie locali di 270-300mila.
Quel che è certo è che le foche del Caspio sono classificate come “in pericolo” nella Lista rossa della stessa Iucn. La minaccia numero uno rimane l’uomo, dapprima con la caccia insostenibile che ha decimato la popolazione negli anni Novanta, ora soprattutto con le catture accidentali durante la pesca. A questo si aggiungono il degrado dell’ecosistema e il sovrasfruttamento delle sue risorse; vivendo in un bacino idrografico chiuso senza la possibilità di migrare, infine, questi mammiferi sono vulnerabili anche ai cambiamenti climatici.
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