
I combattimenti nel Ghouta orientale, in Siria, non hanno permesso ai primi convogli umanitari di terminare la distribuzione di aiuti alla popolazione.
La diplomazia della Russia ha bloccato una risoluzione delle Nazioni Unite che prevede un cessate il fuoco nel Ghouta orientale, parlando di “catastrofismo”.
L’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha annunciato il 22 febbraio che “non c’è accordo” tra i quindici membri del Consiglio di sicurezza per imporre un cessate il fuoco umanitario di trenta giorni in Siria. Nonostante più di due settimane di negoziati, infatti, le diplomazie internazionali rimangono ancora lontane. E proprio la Russia si è voluta distanziare con nettezza dal resto del mondo sulla questione del Ghouta orientale.
Il diplomatico di Mosca ha infatti bollato come “catastrofiste” le ricostruzioni riguardanti la situazione attuale nell’area: secondo la Russia esse non corrisponderebbero secondo alla realtà. Tuttavia, l’Osservatorio siriano sui diritti umani non solo ha confermato le informazioni fornite, ma ha anche rivisto al rialzo il bilancio dell’offensiva militare aerea lanciata dal governo di Bashar al-Assad: i civili morti sarebbero ormai 403, di cui 95 bambini. Anche le organizzazioni non governative umanitarie si sono dette atterrite dalla violenza dei bombardamenti , nel contesto di una guerra che devasta il paese dal 2001 e che ha provocato più di 340mila morti. Medici senza frontiere, in particolare, ha parlato di tredici strutture sanitarie nel Ghouta orientale colpite (mentre le prime informazioni avevano riferito di sei ospedali bombardati).
Stati Uniti e Francia hanno puntato il dito contro la posizione della Russia, che sostiene Assad, sottolineando la “situazione insostenibile” che i civili sono costretti ad affrontare. Svezia e Kuwait stanno inoltre insistendo affinché i negoziati possano continuare e la risoluzione che porterebbe ad un mese di cessate il fuoco possa essere approvata.
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