La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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L’ultimo degli oltre cento mammiferi marini detenuti in piccole gabbie nella baia di Srednyaya è stato restituito all’oceano.
È trascorso circa un anno da quando il mondo scoprì, quasi per caso, la “prigione per cetacei” della baia di Srednyaya, sulla costa orientale russa. Un drone che sorvolava quell’area riprese infatti un centinaio di cetacei, novanta beluga (Delphinapterus leucas) e undici orche (Orcinus orca), rinchiusi illegalmente in piccoli recinti. Gli animali erano stati catturati in natura per essere venduti a parchi marini e acquari in Cina.
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Fortunatamente, grazie alla pressione dell’opinione pubblica internazionale e ad una petizione promossa dall’attore Leonardo DiCaprio, le autorità russe promisero la liberazione dei mammiferi marini. Le operazioni di rilascio, supervisionate della ong Ocean futures society, sono iniziate lo scorso giugno e sono terminate pochi giorni fa, quando anche l’ultimo beluga è stato restituito al suo ambiente naturale.
‘Whale prison’ discovered by drone in Far East Russia pic.twitter.com/gkZBVmYwVp
— RT (@RT_com) 8 novembre 2018
I primi cetacei ad essere liberati furono due orche e sei beluga, trasportati in camion a 1.770 chilometri di distanza e rilasciati nel mare di Okhotsk, dal quale erano stati catturati. L’ultimo beluga, secondo quanto riferito dalle autorità russe, è stato invece liberato lo scorso 10 novembre nella baia di Uspeniya, nella regione di Primorsky, a circa 100 chilometri dalla struttura nel quale era detenuto.
Nonostante l’epilogo apparentemente positivo della vicenda, scienziati, attivisti e ambientalisti hanno criticato le procedure di rilascio adottate. In particolare hanno evidenziato la mancanza di trasparenza delle autorità, le liberazioni effettuate senza un adeguato processo di riabilitazione e i luoghi scelti per le reintroduzioni. Jean-Michel Cousteau, presidente della Ocean futures society, e Charles Vinick, direttore esecutivo del Whale sanctuary project, hanno inoltre espresso la loro preoccupazione, poiché gli animali sono stati liberati in un’area frequentata da pescherecci della Corea del Nord e sono ancora a rischio bracconaggio.
Per minimizzare questo rischio, i due scienziati hanno invitato i funzionari della regione russa di Primorsky e il governo russo a monitorare a breve e lungo termine i cetacei liberati. “Speriamo sia possibile effettuare un monitoraggio visivo regolare dei beluga per 30 giorni dopo il rilascio e un monitoraggio attivo nei primi sei mesi dopo il rilascio – hanno scritto in una nota congiunta Cousteau e Vinick -. Speriamo anche che il monitoraggio contribuisca a ridurre le preoccupazioni legate ai pescherecci nordcoreani, che riteniamo responsabili del bracconaggio perpetrato nella zona, e che il governo russo faccia tutto il necessario per proteggere i cetacei da nuove catture”.
Currently 87 beluga whales & 10 orcas are being held in Russia. @Whale_Sanctuary team and I are assessing the health of each individual & will prepare a plan 4 rehab & release back to the ocean. Please enjoy this video of wild beluga whales in the Canadian Arctic. pic.twitter.com/qfbLv0cPv9
— Jean-Michel Cousteau (@JMCousteau) 7 aprile 2019
L’Istituto di ricerca per la pesca e l’oceanografia russo (Vniro) ha fatto sapere che le operazioni di rilascio sono andate a buon fine e che sta monitorando gli animali. Alcuni dei beluga, ha riferito un portavoce dell’istituto, sono ancora nella baia di Uspeniya, mentre altri si sono allontanati fino a 40 chilometri di distanza dall’area del rilascio. Beluga e orche liberati dovranno affrontare nuove difficoltà, potrebbero inizialmente faticare dopo mesi di cattività e dovranno evitare di essere catturati di nuovo. Quel che conta, però, è che siano tornati liberi, lontani dalle prigioni di vetro cui erano destinati, e che il loro destino sia di nuovo nelle loro pinne.
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