Il presidente russo Vladimir Putin ha abbassato la soglia per l’uso delle armi nucleari. L’annuncio è stato fatto il 25 settembre 2024 in una riunione con il Consiglio di sicurezza eccezionalmente trasmessa in diretta televisiva e organizzata proprio nei giorni in cui il presidente ucraino Volodymyvr Zelensky si trovava negli Stati uniti per chiedere nuovi aiuti economici e militari.
Anche se le modifiche annunciate da Putin alla dottrina nucleare, il documento che stabilisce i casi in cui la Russia può usare l’atomica (aggiornato l’ultima volta nel 2020) non spostano di moltissimo la soglia di utilizzo, introducono però delle differenze sostanziali molto importanti. Che alcuni leader occidentali non sembrano intenzionati a considerare fino in fondo.
Le modifiche al documento
Fino a prima la dottrina nucleare russa prevedeva un possibile attacco atomico in caso di minaccia alla sopravvivenza stessa della Federazione russa. Adesso, invece, Mosca prenderebbe in considerazione l’uso di armi nucleari se ricevesse “informazioni affidabili” sull’inizio di un massiccio lancio di missili, aerei o droni contro il suo territorio. Un passaggio ambiguo, visto che non è stata chiarita la quantità precisa di attacchi che farebbero schiacciare il pulsante rosso.
Putin ha poi detto che interpreterebbe come un “attacco congiunto alla Federazione russa” l’aggressione “da parte di qualsiasi Stato non nucleare con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare”. Un chiaro riferimento all’Ucraina, che non possiede armi nucleari ma si avvale del supporto militare della Nato, con Stati Uniti, Regno unito e Francia dotati di testate atomiche.
Insomma, un avvertimento preciso: qualsiasi potenza nucleare che sostiene l’attacco di un altro Paese contro la Russia sarebbe considerata parte in causa nell’aggressione.
Parlando con i giornalisti, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha confermato che le modifiche sono un chiaro messaggio agli alleati occidentali dell’Ucraina.
Tra le novità che verranno introdotte nel documento (che al momento non è ancora stato pubblicato, ma verosimilmente rifletterà tutte le indicazioni rese note da Putin) c’è anche un riferimento alla Bielorussia: anche un attacco alla Bielorussia — il più stretto alleato della Russia, che confina con l’Ucraina — sarebbe considerato un attacco contro la Russia. “Ci riserviamo il diritto di usare armi nucleari in caso di aggressione contro la Russia e la Bielorussia”, ha detto Putin.
La visita di Zelensky negli Stati uniti
L’annuncio di Putin è arrivato proprio nei giorni in cui il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si trovava a New York per l’assemblea delle Nazioni unite. Una visita diplomatica orientata soprattutto a incontrare i più alti esponenti politici americani, e culminata con l’incasso di altri 7,9 miliardi di dollari di aiuti, che andranno ad aggiungersi ai circa 66 miliardi già spesi dall’amministrazione Biden.
Durante il suo viaggio negli Usa, Zelensky ha tenuto un discorso al quartier generale delle Nazioni unite a New York, dove ha rinnovato il suo appello all’unità per costringere la Russia a concludere una “pace giusta”. Ha poi aggiunto che la Russia starebbe raccogliendo informazioni sulle centrali nucleari ucraine in vista di un potenziale attacco. Se Mosca “causasse un disastro nucleare in una delle nostre centrali, le radiazioni non rispetteranno i confini nazionali”, ha avvertito Zelensky. “Purtroppo, varie nazioni potrebbero risentire di quegli effetti devastanti”, ha detto, ricordando il disastro nucleare di Chernobyl del 1986.
Zelensky ha poi visitato una fabbrica di munizioni in Pennsylvania, nella città natale del presidente Usa Joe Biden. Una visita che ha irritato il candidato presidenziale Donald Trump, che l’ha interpretata come un’iniziativa politica di parte nel quadro della campagna elettorale americana e si è inizialmente rifiutato di incontrare il presidente ucraino a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni unite. Trump, probabilmente infastidito dalle dichiarazioni di Zelensky, il quale ha affermato che il leader repubblicano “non sa davvero come fermare la guerra”, ha risposto con parole particolarmente dure: “Zelensky è il più grande venditore della storia. Ogni volta che viene qui se ne va con 60 miliardi di dollari”, ha detto Trump a un comizio.
Il capo di Stato ucraino si è poi recato alla Casa Bianca dove ha incontrato il Presidente Usa Joe Biden e la candidata democratica Kamala Harris, che hanno ribadito il loro sostegno a Kiev. Ma non convince il piano di pace presentato da Zelensky nei giorni scorsi per porre fine alla guerra: un piano che tra le varie cose prevede attacchi “in profondità” nel territorio russo con missili occidentali. Una strategia che gli Stati uniti finora hanno sempre rifiutato.
Perché il piano di Zelensky non convince
L’amministrazione Biden teme che il piano di Zelensky manchi di una strategia concreta e che sia piuttosto una nuova richiesta di ulteriori armi e dell’autorizzazione all’uso di missili a lungo raggio. Questi timori sono stati espressi da alcuni alti funzionari statunitensi ed europei, secondo i quali il piano non propone un percorso chiaro verso la vittoria dell’Ucraina, soprattutto considerando i lenti ma costanti progressi russi sul campo di battaglia.
“Non c’è molto di nuovo”, ha detto uno dei funzionari al Wall Street Journal. Perplessità che vanno ad aggiungersi alle divergenze degli Stati uniti e dei loro alleati in merito alla rimozione delle restrizioni sull’uso dei missili a lungo raggio contro il territorio russo.
Un punto cruciale del piano richiede infatti che gli Stati uniti concedano all’Ucraina il permesso di utilizzare le armi a lunga gittata, tra l’altro già in dotazione all’arsenale ucraino e per le quali Kiev aspetta l’autorizzazione per colpire in profondità il territorio russo: un’autorizzazione senza la quale la proposta dell’Ucraina risulterebbe “meno rilevante”, ha commentato il presidente finlandese Alexander Stubb in un’intervista al Wall Street Journal, poiché Kiev avrebbe difficoltà a rispondere ai continui attacchi russi.
Da mesi però Biden respinge la richiesta dell’Ucraina di revocare le restrizioni sui missili a lungo raggio forniti da Stati uniti e Regno unito. Nonostante le pressioni britanniche, l’amministrazione americana sostiene che queste armi non cambierebbero le sorti del conflitto e rischierebbero di spingere Putin a intensificare la guerra.
Secondo il New York Times, infatti, le agenzie di intelligence statunitensi ritengono che la Russia potrebbe reagire con maggiore forza contro gli Stati Uniti e i loro partner della coalizione, addirittura con attacchi letali, se consentissero agli ucraini di utilizzare i missili a lungo raggio forniti da Stati Uniti, Regno Unito e Francia per colpire in profondità il territorio russo.
La valutazione dell’intelligence minimizza anche l’effetto che i missili a lungo raggio avrebbero sul corso del conflitto: al momento gli ucraini dispongono di un numero limitato di queste armi. E non è chiaro se gli alleati occidentali potrebbero fornirne ancora.
La posizione degli Stati uniti ha incontrato la forte opposizione di alcuni leader europei, secondo i quali, dopo due anni e mezzo di guerra, l’Ucraina deve avere il diritto di rispondere senza restrizioni. Il 19 settembre, infatti, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per rimuovere le restrizioni sull’uso delle armi contro obiettivi militari in territorio russo (gli eurodeputati italiani, tranne quattro, hanno votato contro).
Ed è qui che si inserisce la nuova dottrina nucleare annunciata da Putin.
Un’escalation da non sottovalutare
Ciò che Mosca teme, e che l’ha spinta a rivedere la sua dottrina nucleare, è che i raid a lungo raggio di Kiev su obiettivi strategici possano rappresentare solo la fase iniziale di un’operazione militare che, in una fase successiva, potrebbe coinvolgere direttamente la Nato con l’uso di testate nucleari.
“Se l’Ucraina dovesse distruggere un’installazione strategica russa, come un radar di primo allarme o un sistema antiaereo, ciò esporrebbe la Russia a un rischio molto grave perché significherebbe che un settore della sua difesa in quel momento è sguarnito, e teme un attacco Nato immediatamente successivo”, ha commentato a LifeGate Francesco Dall’Aglio, ricercatore dell’Istituto di Studi storici dell’Accademia delle Scienza di Sofia in Bulgaria, esperto di Est Europa e questioni strategiche.
“Il problema dunque non è solo la distruzione dell’infrastruttura, ma quello che potrebbe accadere se quell’infrastruttura venisse distrutta. È stata questa la preoccupazione strategica russa fin dall’inizio dell’allargamento della Nato a Est e soprattutto da quando l’Ucraina ha iniziato la sua fase di avvicinamento all’Occidente — sostiene Dall’Aglio —, ovvero che le forze armate ucraine possano essere usate come ariete per aprire la strada agli attacchi della Nato. Il rischio percepito dalla Russia è questo, e secondo la sua prospettiva si tratta di un rischio esistenziale”.
La preoccupazione di Mosca sembra essere stata perfettamente letta dall’amministrazione Biden, che infatti continua a non voler concedere l’autorizzazione all’uso delle armi occidentali a lungo raggio su obiettivi strategici nel territorio russo.
“Ma ultimamente si è sviluppata una preoccupante presa di posizione in diversi ambienti occidentali, sia politici che mediatici, secondo cui la Russia sarebbe incapace o poco disposta a reagire all’escalation — dice Dall’Aglio —. Gli esempi che vengono citati sono sempre gli stessi: l’attacco al ponte della Crimea, l’arrivo degli F16 e l’invasione dell’oblast’ russa di Kursk non hanno provocato una risposta nucleare. Secondo queste teorie, il fatto che nessuna di queste escalation abbia finora provocato una risposta nucleare suggerisce che non ve ne saranno nemmeno in futuro. Ma si tratta di un atteggiamento molto pericoloso. Già in passato la Russia aveva messo in guardia la Nato e l’Ucraina, dichiarando di non volere negoziati tra di loro e minacciando ritorsioni in caso contrario. Molti non presero sul serio quelle minacce, ma poi l’invasione è avvenuta. Gli obiettivi politici e militari della Russia in Ucraina poi sono cresciuti progressivamente. Senza dimenticare che sul piano politico la Russia ha firmato un patto di assistenza militare con la Corea del Nord, che possiede un notevole arsenale nucleare, e ha rafforzato la collaborazione con l’Iran e la Cina”.
Questi sviluppi rappresentano un’escalation da non sottovalutare. E il rischio catastrofe è troppo elevato per non prendere sul serio le parole di Putin.
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