Dopo l’acqua, la sabbia è la materia prima più consumata al mondo e ora ce n’è sempre meno a disposizione.
Estrarre sabbia da ecosistemi fragili comporta gravi danni ambientali.
In paesi come Cambogia, Vietnam, Kenya e Sierra Leone operano anche le mafie delle miniere di sabbia.
I rifiuti di vetro riciclato sostituiscono la sabbia in nuovo calcestruzzo stampato in 3D.
Il nostro mondo è fatto di sabbia. La si trova praticamente ovunque. È il materiale utilizzato nella costruzione di strade, ponti, treni ad alta velocità, chip di silicio e persino progetti di rigenerazione del territorio. Sabbia, ghiaia e roccia, frantumate insieme, vengono fuse per formare i vetri di ogni finestra, schermo di computer e smartphone.
“Il consumo di questa risorsa è triplicato negli ultimi due decenni”, ha avvertito il Global Sand Observatory, ente istituito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) che ha inserito la governance delle risorse di sabbia tra una delle maggiori sfide di sostenibilità del Ventunesimo secolo. Per la crescita della popolazione e lo sviluppo delle infrastrutture, la domanda continuerà a crescere. E reperirla sarà sempre più difficile, soprattutto vicino ai centri urbani e industriali, per problemi di accesso e volontà dei cittadini. Di conseguenza i luoghi di estrazione si stanno spostando verso ecosistemi più fragili come fiumi, coste e oceani. E questo, con l’aumentare della domanda, comporta un impatto ambientale notevole.
Il 25 aprile scorso il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) ha pubblicato un nuovo rapporto con dieci raccomandazioni per evitare una crisi di carenza di sabbia. Questa sintesi segue un documento di tre anni fa in cui l’organizzazione afferma che la problematica viene spesso trascurata. L’Onu stima che ogni anno vengono prodotte – principalmente dalla Cina – 4,1 miliardi di tonnellate di cemento che costituisce il 58 per cento dell’odierno boom edilizio alimentato dalla sabbia. Se consideriamo che l’uso globale di sabbia e ghiaia risulta 10 volte superiore a quello del cemento, ciò significa che il mondo consuma all’incirca dai 40 ai 50 miliardi di tonnellatedi sabbia su base annua. E questo soltanto nel settore costruzioni.
Gli impatti dell’estrazione e le mafie delle miniere
Le problematiche intorno a questa risorsa sono diffuse e complesse da risolvere. La sabbia è estratta da grandi aziende ma anche da piccoli minatori e artigiani informali che, spesso, lavorano in condizioni di sfruttamento e senza adeguate misure di sicurezza.
Cina e India sono in cima alla lista delle aree in cui l’estrazione della sabbia ha un significativo impatto ambientale sui fiumi. Vietare tale attività, tuttavia, vuol dire anche togliere alle comunità autoctone l’unica fonte di sostentamento. “L’estrazione in fiumi e spiagge ha aumentato l’inquinamento e le inondazioni, ha abbassato i livelli delle falde sotterranee, ha danneggiato la fauna marina e ha esacerbato il verificarsi e la gravità di smottamenti e siccità”, ha affermato Joyce Msuya, ex-direttrice esecutiva dell’Unep. Inoltre, lo sbarramento dei fiumi e l’eccessiva estrazione riducono i sedimenti trasportati verso le coste, riducendo i depositi alla foce ed erodendo più rapidamente le spiagge.
Nel 2019 l’Unep aveva denunciato attraverso un report anche il fenomeno crescente delle mafie delle miniere di sabbia, gruppi composti da costruttori, commercianti e uomini d’affari noti per operare in paesi come Cambogia, Vietnam, Kenya e Sierra Leone. Gli attivisti che lavorano per far luce sulle loro losche attività vengono minacciati e persino uccisi.
Sostituire la sabbia con il vetro, l’idea da Singapore
Il calcestruzzo è un materiale da costruzione molto popolare e uno dei suoi ingredienti chiave è proprio la sabbia. Per mitigare in parte il problema i ricercatori della Nanyang Technological University di Singapore hanno esplorato la possibilità di sostituirla con scarti di vetro – che altrimenti finirebbero nelle discariche – con cui produrre calcestruzzo stampato in 3D.
Nonostante le percentuali di riciclo del vetro siano complessivamente buone (In Italia si sfiora l’80 per cento), ci si scontra tuttora con la carenza di strutture e impianti. Oppure capita che i frammenti siano troppo piccoli per essere ordinati in base al colore e quindi riciclati. Che fare, dunque, di questo vetro non riciclato? Gli scienziati propongono, appunto, di sostituirlo alla sabbia: dopotutto, è fatto di silice che è un suo componente importante. Hanno quindi frantumato i rifiuti in cinque dimensioni (grossolano, medio, fine, super fine e “polvere di luna”) combinando poi il vetro smerigliato con cemento e acqua. Secondo i ricercatori, un ulteriore vantaggio sta nel fatto che assorba molta meno acqua durante la lavorazione.
Con la domanda di sabbia che continuerà a crescere, trovare soluzioni circolari per sostituirla non solo ridurrebbe i danni ambientali provocati dalla fase di estrazione, ma permetterebbe di recuperare altri materiali (come il vetro) destinati alla discarica.
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