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Sabrina Comin. Con la mostra Re.Use raccontiamo il legame tra arte e rifiuti
La mostra Re.Use ricorda che da un secolo, gli artisti usano sempre più spesso i rifiuti per realizzare le loro opere. In occasione della presentazione a Ecomondo, abbiamo intervistato una degli organizzatori, Sabrina Comin
Rifiuti e arte, un legame sempre più stretto. Nell’ultimo secolo sono stati sempre di più gli artisti che hanno usato scarti per produrre le proprie opere, divenendo famosi in tutto il mondo. Lo dimostrano le installazioni di Re.Use, mostra che è stata inaugurata a Treviso lo scorso 27 ottobre e che continuerà fino al prossimo 10 febbraio in quattro sedi della città veneta: il Museo di Santa Caterina, Ca’ dei Ricchi, Casa Robegan e il Museo Luigi Bailo.
L’evento è stato presentato oggi a Ecomondo in seno alla conferenza “La valorizzazione dei materiali: l’economia circolare tra arte e industria“, organizzata da Contarina S.p.a., l’azienda che si occupa di gestione servizi ambientali della provincia di Treviso, insieme a TRA, Treviso Ricerca Arte, un gruppo di professionisti decisi a promuovere l’arte e la cultura sul territorio trevigiano, nonché organizzatori della mostra. Insieme a loro, hanno affrontato il tema anche portavoce di Favini e dei consorzi Comieco, Corepla e Ricrea che si occupano rispettivamente di carta, plastica e acciaio.
Con l’occasione, abbiamo chiesto a Sabrina Comin, project manager di TRA, com’è nata e in cosa consiste l’idea di Re.Use.
#Ecomondo18 “La valorizzazione dei materiali: tra Arte e Industria” Un viaggio dal 900 ad oggi, dove il tema del riuso viene affrontato nel tempo da vari artisti, primi a riflettere su ambiente ed ecologia. #TrevisoRicercaArte @Corepla_Riciclo @favini_it @RicreaAcciaio @comieco pic.twitter.com/uAprY8Zvmz
— Contarina (@contarinaspa) 7 novembre 2018
Cos’è Re.Use?
Re.Use è un progetto artistico che nasce da un’idea di tra, Treviso Ricerca Arte e che mira al coinvolgimento dell’intera città. I temi sono inclusi nel titolo stesso della mostra: Re.Use, scarti, oggetti, ecologia nell’arte contemporanea. Attraverso un’esposizione di arte contemporanea andiamo a vedere cosa è successo negli ultimi 100 anni di storia dell’arte e come gli artisti abbiano spontaneamente e a volte anche inconsapevolmente utilizzato oggetti di uso comune, scarti, fino a spazzatura vera e propria per poi avere dagli anni 70 in poi una vera coscienza ecologica.
Quali sono gli artisti più importanti in mostra?
Gli artisti in totale sono 58 per un totale di 88 opere, citarli tutti è impossibile. Alcuni sono giovani emergenti, ma ci sono anche autori di fama internazionale a partire da Marcel Duchamp e i dadaisti, per citare qualche italiano famosissimo all’estero Mimmo Rotella, Alberto Burri, Michelangelo Pistoletto. Sono davvero numerosissimi anche gli artisti di fama internazionale.
Uno dei temi caldi che affronta la mostra è quello della plastica. Come viene declinata?
La plastica ha una presenza importante in mostra a partire da una delle opere più fotografate, e cioè “La regina” di Enrico Borghi. Si tratta di una scultura monumentale alta più di 5 metri che raccoglie in sè più di 5.000 scarti di bottiglie di plastica. L’opera è del 1999, gli scarti sono ancora in perfetto stato di conservazione. Ci sono poi anche immagini molto più attuali che riguardano la presenza dlla plastica in mare. Ci sono diverse sfaccettature che gli artisti non sempre approfondiscono, presentandoci oggetti e situazioni così come sono. Ci lanciano un messaggio attraverso il loro linguaggio, come può essere la scultura, la fotografia, o nel caso della plastica, per esempio, anche la manipolazione.
Pensi si tratti di una mostra che riesce davvero a coinvolgere il territorio e a fare breccia sulla consapevolezza dei cittadini?
Migliorare la consapevolezza delle persone è uno dei nostri obiettivi. La mostra ha aperto da poco, per cui abbiamo ancora pochi dati, ma quel che ci rallegra è la presenza di un pubblico molto giovane, dai 18 ai 30 anni, e la richiesta delle scuole di fare delle visite guidate. Questo significa che si tratta di un tema che ha incuriosito. L’arte in questo caso funge da pretesto, uno specchietto per le allodole, se vogliamo, per riuscire a trattare queste tematiche coinvolgendo anche le fasce più giovani in maniera trasversale e alternativa. Penso che la mostra possa davvero avere un effetto positivo, far pensare.
State pensando di replicare la mostra anche in altre città, oltre a Treviso?
Questa mostra è stata pensata proprio per Treviso. Coinvolge moltissimi collezionisti e istituzioni: le opere arrivano da Napoli fino a Novara. Logisticamente è molto impegnativa da spostare. Quello che abbiamo creato, però, è proprio un format di collaborazione tra pubblico e privato, imprese e istituzioni: crediamo che questo sia esportabile e rinnovato di volta in volta e replicato.
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