10,5 milioni di persone sono a rischio fame nel Sahel
A pesare sono la siccità, l’aumento dei prezzi alimentari, le tensioni politiche e gli effetti della pandemia
Il programma alimentare mondiale dichiara di non avere sufficienti fondi per fronteggiare l’emergenza
La regione africana del Sahel sta fronteggiando una crisi alimentare profondissima. Il numero di persone che rischiano di soffrire la fame è aumentato enormemente nel giro di soli tre anni. E le migrazioni interne sono aumentate del 400 per cento. A spiegarlo è il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, il cui direttore esecutivo David Beasley ha parlato della “peggiore crisi alimentare da oltre un decennio”.
An absolute crisis is unfolding before our eyes in the #Sahel region. Families have been chased from their homes by extremist groups, starved by drought & plunged into despair by Covid's economic ripple effects.
In tre anni il numero di persone a rischio fame passato da 3,6 a 10,5 milioni
Le nazioni a sud del deserto del Sahara sono colpite da un’ondata di siccità che dura ormai dal 2011. Così, in Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauriania e Niger il totale di abitanti sul punto di patire la fame è passato da 3,6 a 10,5 milioni. Una situazione sulla quale, precisa il Pam, si innestano problemi di sicurezza derivanti dalla situazione politica, un aumento della povertà dipeso dalla pandemia e l’enorme aumento del costo di alcuni beni alimentari fondamentali per il nutrimento delle popolazioni.
L’inflazione su alcuni cibi è fa tempo fonte di preoccupazione. “A novembre 2021 – spiega un’analisi di Valori.it– il Food price index della Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha raggiunto una media di 134,4 punti. Non toccava valori simili da un decennio. Lo squilibrio tra domanda e offerta ha provocato un balzo in avanti dei prezzi dei cereali pari al 23,2% in un anno (141,5 punti a novembre). Sempre rispetto a novembre 2020, i prezzi dello zucchero salgono quasi del 40% e quelli di latte e derivati del 20,2%. In leggera flessione gli oli vegetali, reduci però da una cavalcata che ha portato il relativo indice dai 138,2 punti di gennaio ai 183,6 di novembre”.
Pandemia, tensioni locali, siccità e prezzi alimentari alle stelle
Tutto ciò ha ripercussioni dirette su chi vive sull’orlo della crisi alimentare. “Ho parlato – ha raccontato Beasley, parlando dal Benin dopo aver visitato in particolare Niger e Ciad – con famiglie che hanno vissuto esperienze inimmaginabili. Sono state cacciate dalle loro terre da gruppi estremisti, affamate dalla siccità, sprofondate nella disperazione delle ricadute economiche provocate dal coronavirus”.
"Cacciati dalle loro case da gruppi estremisti, affamati a causa della siccità e gettati nella disperazione dalle conseguenze economiche del COVID. Noi stiamo esaurendo le risorse, loro la speranza”. @WFPChief#Sahel ⤵️https://t.co/NXQlUsmBeppic.twitter.com/UxV42JIpMT
Lo stesso dirigente ha affermato di essere “senza soldi”. Di fronte a problemi enormi e crescenti, le risorse a disposizione del Programma alimentare mondiale sono giudicate infatti insufficienti: “Siamo costretti – spiega l’agenzia Onu – a chi ha fame per dare a chi ne ancora di più. Nel Niger, ad esempio, la mancanza di finanziamenti adeguati ci ha portati a dimezzare le razioni alimentari concesse”.
Il Pam: “Non abbiamo fondi sufficienti per nutrire le persone nel Sahel”
In particolare, il Pam avrebbe bisogno di 470 milioni di dollari per proseguire le operazioni umanitarie nel Sahel nei prossimi sei mesi. Ciò consentirebbe, ad esempio, di proseguire il lavoro di trasformazione di campi aridi in terre coltivabili. Di avviare nuovi progetti di formazione per insegnare alle persone tecniche di resilienza di fronte ai rischi legati alla fame. O ancora continuare a sostenere l’alimentazione dei bambini con i programmi alimentari scolastici, che hanno già consentito di fornire pasti a 700mila alunni, creando al contempo posti di lavoro e rafforzando l’economia locale.
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