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Si abbassa il sipario sulla decima edizione del Salone della Csr che si è tenuta a Milano dal 3 al 5 ottobre. Un evento partecipato e ricco di spunti.
Dieci anni non sono pochi, per un appuntamento che parla di responsabilità sociale d’impresa (Csr) e, in senso più ampio, di sostenibilità. Non sono pochi perché adesso è la normalità che questi argomenti vengano affrontati dalle imprese, fino a entrare a pieno titolo nelle loro linee strategiche. Dieci anni fa, però, non era così. Solo pochi visionari erano disposti a studiare e sperimentare nuove vie per coniugare la crescita economica con l’impatto positivo sul pianeta e sulla società. Tra di loro c’è proprio il Salone della Csr e dell’innovazione sociale che il 3, 4 e 5 ottobre 2022 è tornato all’università Bocconi di Milano per la sua decima edizione.
Quando le chiediamo qual è la soddisfazione più grande che ha incassato in questi dieci anni, Rossella Sobrero – fondatrice di Koinètica, ideatrice e anima della manifestazione – non ha dubbi. “Sempre più aziende cercano il Salone, non siamo noi a cercarle. Questo significa due cose: da una parte che il Salone è considerato un evento importante, dall’altra che tante imprese hanno avviato un percorso verso la sostenibilità, anche in settori merceologici diversi. Questa edizione per esempio è la prima in cui abbiamo anche anche nomi del mondo della cosmesi”. E il risultato che ancora manca all’appello, invece? “Questo è il Salone delle imprese quindi, per scelta, non abbiamo mai puntato al coinvolgimento di rappresentanti dell’amministrazione centrale. Vorremmo invece avere con noi più esponenti degli enti locali perché sono loro, con la collaborazione delle imprese e del terzo settore, a poter fare la differenza sui territori”.
Anche noi di LifeGate eravamo al Salone della Csr, in qualità di media partner e come relatori a quattro panel del programma culturale. L’executive vice president Guerino Delfino, che ha alle spalle vent’anni di carriera nel mondo della pubblicità, non poteva non intervenire al dibattito su opportunità e rischi della comunicazione digitale. Ricordandoci che internet, prima di tutto, è un canale che permette a ciascuno di noi di comunicare senza mediazioni, anche andando contro il potere precostituito. “Era il 1972 quando uscì il Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma. Se all’epoca fossero esistiti i social media, non avremmo perso tutto questo tempo. Un tempo usato per nascondere e per negare”, ha sottolineato. “Greta Thunberg è diventata quello che è diventata perché esistevano i social media. Anche il tema delle microplastiche è nato dal basso”.
Al dibattito sui metodi per calcolare, ridurre e compensare le emissioni di CO2, il direttore scientifico di LifeGate Simone Molteni ha raccontato l’esperienza di Impatto Zero, il primo progetto italiano per l’attuazione volontaria del Protocollo di Kyoto. “All’epoca, il meccanismo dei crediti di carbonio ancora non esisteva, oggi ci sono migliaia di iniziative di compensazione. Il che da un lato è un ottimo segnale, dall’altro lato ha dato vita ad alcune storture. È facile dire di aver piantato alberi in Costa Rica per assorbire CO2; è più difficile realizzare un progetto strutturato, mantenendo il controllo sulla filiera”.
Il Salone della Csr, per sua natura, dà ampio spazio ai progetti concreti avviati dalle imprese. Come quelli contro lo spreco, alimentare ma anche di risorse, materiali ed energia: è questo il tema del panel moderato dal direttore responsabile di LifeGate, Tommaso Perrone, che ha visto la partecipazione di realtà molto eterogenee come Camst Group, Carrefour, Humana People to People Italia, Simonelli Group e Citrus l’Orto Italiano.
L’educazione e la formazione è stata invece al centro del dibattito coordinato da Emanuela Taverna, giornalista e project manager di LifeGate Edu, piattaforma di e-learning che offre corsi sulle varie dimensioni della sostenibilità per aziende e professionisti. A confrontarsi sugli scenari trasformativi imposti da questo cambio di paradigma, e sulle competenze necessarie per approcciarli, sono stati Fondazione DiaSorin, FamilyEconomy, La Fabbrica, Sky Italia e Conad.
Nella tre giorni si è discusso anche di tracciabilità e trasparenza della catena di fornitura, della crescente centralità (anche agli occhi degli investitori) dei valori di diversità e inclusione, di come affrontare la transizione energetica in settori di per sé critici come il trasporto aereo e la logistica. Sempre all’insegna delle connessioni sostenibili, scelte come filo conduttore di questa decima edizione.
Valutazione d’impatto, rendicontazione, misurazione. Questi erano alcuni dei termini in cui ci si imbatteva più spesso, passando da un dibattito all’altro. Il motivo è chiaro. Ora che pressoché qualsiasi azienda si trova a intraprendere iniziative connotate come sostenibili, per sincera convinzione o perché spinta dal mercato, diventa necessario riconoscere quelle che hanno un impatto tangibile e distinguerle dalle mere operazioni di facciata (il cosiddetto greenwashing). Da qui la nascita di numerosi strumenti e standard volti a rendicontare queste ricadute positive. Ma le realtà piccole e medie (Pmi), che costituiscono il 99,9 per cento del tessuto imprenditoriale del nostro paese, hanno le capacità e le risorse per saper svolgere anche questo compito? Secondo Rossella Sobrero, “è prima di tutto una questione culturale”.
Una prova arriva anche dal Premio Impatto, conferito proprio durante il Salone della Csr da una giuria di esperti. Sulle 89 candidature, sono state selezionate tre organizzazioni no profit (Associazione italiana contro le leucemie, Fondazione Comunità di Messina e Fondazione Banco Alimentare), e tre imprese profit: una grande, Lendlease, e due pmi, Jointly e Conceria Nuvolari. “È vero che una piccola impresa ha meno persone da dedicare a queste attività, ma oggi esistono anche sistemi e software che misurano gli indicatori sociali e ambientali”, fa notare Sobrero. “Se un’azienda vuole davvero dimostrare le conseguenze positive che ha generato, gli strumenti ci sono”.
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