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“Sfidare le contraddizioni” è stato il tema della 12ma edizione del Salone della Csr: circa 270 le organizzazioni coinvolte nei dibattiti.
Basta aprire un giornale per rendersi conto che di motivi per preoccuparsi ce ne sono a bizzeffe. Nonostante ciò, gli italiani e le italiane vogliono guardare al futuro con ottimismo: il 49 per cento dei cittadini e il 77 per cento delle imprese confidano nel fatto che tra vent’anni il mondo sia più sostenibile di oggi. È quanto emerge da una ricerca commissionata a Ipsos in occasione del Salone della Csr e dell’innovazione sociale, un appuntamento che da dodici anni chiama a raccolta aziende, organizzazioni ed enti del terzo settore e li invita a confrontarsi proprio su questo tema: le strategie per coniugare lo sviluppo con il benessere dell’ambiente e delle persone.
In questi dodici anni, la platea di organizzazioni che hanno iniziato a occuparsi dei temi ambientali, sociali e di governance (Esg) si è ampliata moltissimo. Non sempre il loro percorso è stato lineare. Da qui le accuse di greenwashing (ambientalismo di facciata), le polemiche, le istituzioni (soprattutto europee) costrette a fare ordine e imporre standard molto più severi per la rendicontazione e la comunicazione delle iniziative legate alla sostenibilità. Il Salone della Csr ne prende atto, tanto da scegliere “Sfidare le contraddizioni” come filo conduttore dell’edizione 2024, tenutasi dal 9 all’11 ottobre, come sempre all’università Bocconi di Milano.
“Lo sappiamo che essere coerenti non è sempre facile”, commenta a LifeGate Rossella Sobrero, fondatrice di Koinètica e ideatrice dell’evento. Il 52 per cento delle aziende partecipanti, non a caso, descrive le contraddizioni come inevitabili. “A volte nascono perché manca nell’organizzazione una visione olistica della sostenibilità”, continua Sobrero. “Per esempio, parlando di Esg, la “G” di governance è spesso trascurata mentre quando è inclusiva, generativa può fare la differenza nel percorso verso uno sviluppo sempre più responsabile. Se pensiamo alla “S”, cioè alla dimensione sociale, alcune imprese rischiano di essere accusate di washing perché decidono di sposare una buona causa senza crederci veramente e senza assumere una posizione chiara su quel problema specifico”. Ma il 31 per cento degli italiani da Ipsos sostiene che ne valga comunque la pena: un percorso di sviluppo che porta con sé delle incongruenze è in ogni caso preferibile all’immobilismo.
Anche quest’anno il Salone della Csr ha visto coinvolta anche LifeGate, con le sue due anime: media network e società di consulenza. Durante il panel dedicato all’economia circolare, la general manager Erika Colciago è partita dai dati dell’Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile, che vedono circa la metà degli italiani a conoscenza del significato di questa espressione, per sottolineare però quanto il consumo di materie prime vergini da parte della nostra economia sia ancora a livelli esorbitanti. “Con LifeGate Impact lavoriamo per creare alleanze tra settori produttivi e avere un impatto positivo sui territori”, ha spiegato. “Abbiamo fatto evolvere LifeGate PlasticLess, che viveva su un modello di sponsorship, trasformandolo in un’alleanza di imprese, cittadini, enti scientifici e istituzioni, per la tutela dei nostri mari: la Water Defenders Alliance”. Tra le adesioni anche quella di Ecomondo, rappresentata al panel da Alessandra Astolfi, global exhibition director green & technology division di Italian Exhibition Group. Il business development manager Fabio Merafino, invece, ha ripercorso l’esperienza di LifeGate nel campo dell’educazione alla sostenibilità, ormai indispensabile a tutti i livelli, dalla scuola fino alle imprese.
È sempre l’economia circolare il tema dell’incontro moderato da Emanuela Taverna, giornalista e senior project manager. Perché è vero che, come testimoniano i dati Altroconsumo, l’Italia è al sesto posto tra tredici paesi europei monitorati per propensione ad adottare comportamenti sostenibili. Ed è anche ai primi posti in termini di tasso di riciclo delle varie quote di imballaggi, a partire dalla carta. Ma il prossimo grande passo da compiere è quello di ridurre la quantità di rifiuti alla fonte; ed è tutt’altro che banale, perché impone di ripensare radicalmente il prodotto. Ne hanno parlato Cristiana Sormani, per Bayer Consumer Healthcare, e Laura Tondi, per Ikea. Il direttore di LifeGate Tommaso Perrone, invece, ha coordinato i lavori sulla rigenerazione urbana. Un tema poliedrico, come poliedrico è il profilo dei relatori, tra amministrazioni pubbliche (comune di Milano), società di consulenza (Stantec), studi di design (SuperForma), imprese (3Bee), mondo accademico (Sda Bocconi School of management). Un dibattito molto incentrato su Milano, una città che negli ultimi anni è cambiata in modo visibile e cambierà ancora. Tra le linee di sviluppo più promettenti, il modello della “città a 15 minuti” sostenuto anche dai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il monitoraggio e la tutela della biodiversità, l’innovazione tecnologica.
Per dare una dimostrazione concreta della volontà di sfidare le contraddizioni, l’organizzazione del Salone della Csr si è messa in gioco in prima persona organizzando il Processo al Salone, con tanto di giudice, pubblico ministero, avvocato della difesa e giuria. Innestandoci su questa riflessione critica e autocritica, abbiamo chiesto a Rossella Sobrero qual è l’aspetto di cui è più soddisfatta se guarda al percorso fatto fin qui. “Penso che il Salone abbia contribuito alla diffusione della cultura della sostenibilità: la presenza di un numero di visitatori sempre crescente lo dimostra. Credo che Salone abbia portato un contributo positivo anche nel facilitare la comprensione di tematiche complesse come, per esempio, l’importanza di misurare e valutare l’impatto generato”, risponde. L’aspetto da migliorare per le prossime edizioni, invece? “Dobbiamo impegnarci a creare più momenti di confronto con chi ha una visione diversa della sostenibilità, facendo partecipare anche soggetti esterni con opinioni molto diverse”, promette.
La partecipazione sempre più nutrita, con 270 organizzazioni coinvolte nella tre giorni di eventi, apre infatti uno squarcio di ottimismo. Ma il lavoro da svolgere per un’autentica transizione sostenibile è ancora imponente e non è scontato disporre dei mezzi, della volontà e delle competenze per affrontarlo. “Purtroppo non tutte le aziende sono pronte, anche se molte piccole e medie imprese hanno capito che la sostenibilità è una leva competitiva, un’opportunità, non solo un obbligo”, conclude Sobrero. “In questo percorso le grandi imprese possono fare la differenza investendo tempo e risorse per migliorare la catena di fornitura, promuovendo momenti di confronto, facendo capire che i fornitori saranno scelti sempre di più anche in base alle loro performance ambientali e sociali”.
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