Salute mentale, in Italia solo tre psicologi ogni centomila abitanti

La pandemia ha peggiorato il servizio pubblico per la cura dei disturbi mentali. Ansia, stress e depressione sono in aumento, per la prima volta anche tra i giovani. Manca un piano governativo che faccia fronte alla situazione. I servizi di salute mentale “non erano una priorità prima della pandemia, figuriamoci adesso”. Le parole scritte nel

  • La pandemia ha peggiorato il servizio pubblico per la cura dei disturbi mentali.
  • Ansia, stress e depressione sono in aumento, per la prima volta anche tra i giovani.
  • Manca un piano governativo che faccia fronte alla situazione.

I servizi di salute mentale “non erano una priorità prima della pandemia, figuriamoci adesso”. Le parole scritte nel nuovo Rapporto civico sulla salute di Cittadinanzattiva fanno eco a un paradosso che supera i confini nazionali. Aumentano i disturbi, calano i servizi. A denunciarlo per primi sono stati gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità con un’indagine diffusa a ottobre 2020: nel 93 per cento dei 130 Paesi monitorati, i pazienti con disturbi mentali sono praticamente stati abbandonati a loro stessi. Intanto in Italia il rapporto censisce 3,3 psicologi ogni 100mila abitanti: un dato facile che fa rumore ma che nasconde un iceberg di carenze e lamentele. 

Cosa segnalano i cittadini 

“Mancano personale, risorse e formazione. In Europa, nei Paesi a reddito paragonabile a quello italiano, troviamo circa 10 psicologi ogni 100mila abitanti all’interno delle Asl pubbliche”, spiega a Lifegate la vice segretaria generale di Cittadinanzattiva, Francesca Moccia, “questo vuol dire che pur avendo meno psicologi in totale, altre nazioni investono nella salute mentale pubblica il triplo dell’Italia”. Per l’esattezza, secondo l’Headway 2023 – Mental health index si spende il 3,5 per cento della spesa sanitaria per la salute mentale contro il 12 per cento europeo. 

salute mentale in italia
Alcune regioni stanno introducendo lo psicologo di base © Cottonbro/Pexels

C’è bisogno di più strutture, visto che ad oggi due regioni su tre presentano valori inferiori alla media nazionale, pari a 2,6. Servono nuove competenze infermieristiche e va colmato l’abisso territoriale su prestazioni e costi medi (si balza dai 36 euro del Friuli-Venezia Giulia ai 716 euro della Sardegna). In altre parole, si tratta di migliorare la qualità dell’assistenza, partendo anche dalle segnalazioni dei cittadini. Cinque tra le più frequenti rivolte al Pit (Progetto integrato di tutela) nel 2021, online e negli sportelli fisici, sono ordinate in una classifica a pagina 224 del Rapporto civico. 

Un termometro del disagio che parte dallo “strazio legato alle procedure per il trattamento sanitario obbligatorio” (8 per cento), attraversa la gestione degli effetti collaterali delle cure farmacologiche (12 per cento) e la difficoltà di accesso alle cure pubbliche (20 per cento), e infine culmina nelle lamentele per la scarsa qualità dell’assistenza fornita dal Dipartimento di salute mentale (24 per cento). Alla fine, tocca la questione più delicata: la famiglia. A supplire il deficit del servizio pubblico e a convivere con la “disperazione per la gestione di una situazione ormai diventata insostenibile a livello famigliare” è addirittura il 29 per cento di chi chiede aiuto. 

Non c’è salute senza salute mentale.

Organizzazione mondiale della sanità

I ragazzi non stanno bene

Quello che colpisce rispetto al pre-pandemia è l’età dei pazienti. A Bologna, ad esempio, si contano sempre più minorenni nelle lunghe liste d’attesa dei sei psicologi che ricevono in dodici sportelli gratuiti coordinati dall’associazione Centro studi e ricerche in terapia psicosomatica. Per Virginia Martelli, psicologa di base e responsabile del progetto avviato grazie alla caparbietà di un gruppo di volontari nel 2015, “si tratta per lo più di adolescenti ansiosi o ritirati (hikikomori). È come se la pandemia avesse amplificato le loro fragilità latenti. Ora che l’emergenza sembra passata, sono venute fuori tutte insieme e dobbiamo aiutarli a ricomporre i cocci”. A questo si aggiunge la preoccupazione per il clima, la cosiddetta ‘eco-ansia’: “La paura del domani è normale nella fase di crescita, ma ora i ragazzi si chiedono se ci sarà un futuro. Sono informati, sanno che c’è un legame tra pandemia e ambiente e sono la prima generazione che vive con la consapevolezza di ereditare dai genitori un mondo peggiore”. 

salute mentale in italia
L’eco-ansia è un disturbo che colpisce soprattutto gli adolescenti © Fernando Cferdo Photography/Unsplash

Il 26 aprile l’Istituto superiore di sanità ha reso noti i risultati del primo studio italiano e uno dei pochi al mondo capace di esaminare i sintomi depressivi durante la pandemia in un arco temporale lungo. Ne emerge che, mentre in media la popolazione ha dimostrato una certa resilienza di fronte allo stress generato dall’emergenza, alcune categorie tra cui giovani (18-34), donne e soggetti con difficoltà economiche hanno vissuto un “severo peggioramento” delle condizioni psicologiche rispetto agli anni precedenti.

Una grave dimenticanza

Per cambiare le cose servono risorse e riforme. Sul tavolo c’è il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dal governo per sostenere il Paese dopo l’emergenza Covid-19, ma c’è un problema: “La salute mentale in Italia è passata dall’essere Cenerentola del sistema sanitario nazionale a fantasma nel Pnrr che neanche la menziona”, commentano dal Coordinamento nazionale dei direttori dei Dipartimenti di salute mentale (Dsm) italiani.

Una “grave dimenticanza”, per molti all’origine del bonus psicologo. Il contributo fino a 600 euro l’anno a persona è stato stanziato per sostenere le spese per sessioni di psicoterapia e, forse, per compensare lo spazio bianco nel Pnrr. A riguardo, tra le voci dei delusi e quelli del “piuttosto che niente è meglio piuttosto”, il Coordinamento nazionale per la salute mentale ha speso le parole più sensate: “Non è con l’introduzione di un bonus che si affronta la ‘pandemia nella pandemia’ causata dalla Covid, ma con misure strutturali che rafforzino la rete del servizio pubblico”. Come l’introduzione dello psicologo di base. La Campania è la prima regione a istituire nei distretti delle Asl una simile figura che, al pari di medico e pediatra, sarà di libera scelta per le famiglie. 

È più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona.

Ippocrate

Quello che i dati non dicono

Numeri e percentuali aiutano a interpretare questa realtà complessa, ma è interessante capire anche ciò che non dicono. Non dicono che alle malattie mentali, che siano depressione o attacchi di panico, sono ancora associati pregiudizi, paure e bisogni inespressi e che i giovani stanno sfidando questo stigma. Non dicono che esistono ovunque storie di buio e rinascita, basta volerle ascoltare (Cittadinanzattiva ne ha raccolte alcune nell’ebook gratuito “In equilibrio”). Non dicono quanti sono i medici e i volontari che ogni giorno sostengono i cittadini sul territorio perché, come dice la dottoressa Martelli, “la psicologia è una scienza recente, siamo abituati a lottare nelle retrovie per ottenere azioni concrete e continueremo a farlo”. Non dicono, infine, quando sarà riconosciuta anche dalle istituzioni l’urgenza di promuovere dall’alto una nuova cultura che smetta di combattere e inizi ad accettare la fragilità psichica di ogni persona e di ogni comunità. Per fortuna, in molti l’hanno già capito.

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