Cambiamenti climatici e impatto sull’habitat impongono di ripensare la vita in montagna. E il turismo, che resta un grande volano economico.
Cos’è la vaquita e perché è a rischio estinzione
Questa rara specie di focena endemica della parte settentrionale del Golfo della California è a un passo dall’estinzione.
Meno di cento esemplari, 97 per la precisione, separano la vaquita, il più piccolo cetaceo del mondo (e anche il più minacciato), dall’estinzione. Il suo nome comune significa “piccola mucca”, mentre il nome scientifico, Phocoena sinus, indica che si tratta di una focena, piccolo mammifero marino lungo circa quattro metri per 90 chili di peso simile ad un delfino.
Secondo un nuovo studio condotto dal Natural Resources Defense Council, uno dei più importanti gruppi ambientalisti statunitensi, la specie, che vive in un territorio molto circoscritto, potrebbe estinguersi entro il 2018. La colpa dell’imminente scomparsa della vaquita è dell’uomo, anche senza effettiva premeditazione. Gli animali infatti, che non hanno alcun particolare valore commerciale, sono vittime delle cosiddette “catture accidentali” e trovano la morte dopo essere rimasti intrappolati nelle reti da pesca.
La vaquita è particolarmente sfortunata perché condivide l’habitat, un’area molto limitata del Golfo della California, in Messico, con i totoaba, enormi pesci la cui vescica natatoria è molto richiesta sul mercato nero ed è particolarmente apprezzata dai cuochi asiatici pronti a pagare anche 10mila dollari (circa 8mila euro) per una singola vescica che si ritiene dotata di capacità taumaturgiche.
Per provare a salvare i cetacei il Ministero dell’Agricoltura e della Pesca messicano ha presentato un piano da 37 milioni di dollari (circa 30 milioni di euro) per vietare la pesca nella maggior parte del mare superiore di Cortez per tutelare l’habitat della vaquita. Il piano prevede che i pescatori passino dal ruolo di carnefici a quello di guardiani, offrendo loro sovvenzioni per ripagarli dei mancati introiti della pesca e impiegandoli per pattugliare l’area di tutela e per rilevare le violazioni. Secondo gli autori dello studio però il solo impegno del Messico potrebbe non bastare e sarà necessario coinvolgere anche Stati Uniti e Cina.
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