Uno degli svantaggi delle auto a guida autonoma è nel tempo impiegato per riconoscere gli ostacoli: ora si punta ad arrivare a 20 millisecondi.
San Francisco, la città californiana apre ai taxi a guida autonoma. Un video mostra i primi effetti
Il servizio di robotaxi a guida autonoma inaugurato a San Francisco apre affascinanti scenari sulla mobilità del futuro. Anche se ingorghi e incidenti testimoniati da un video mostrano le criticità da risolvere.
- San Francisco è la prima città al mondo a lanciare un servizio pubblico 24h di robotaxi a guida autonoma.
- Stupore e curiosità gli effetti. Ma anche preoccupazione per caos e ingorghi, come mostra un video.
- Secondo gli esperti l’intelligenza artificiale applicata alla mobilità ha comunque più benefici che limiti.
San Francisco, California. A distanza di pochi giorni dalla decisione dello stato americano di autorizzare senza limitazioni la circolazione di robotaxi in città, ossia di auto a guida autonoma e senza conducente destinate al trasporto pubblico di persone, arrivano i primi effetti, non tutti positivi… Ma cominciamo dall’inizio. Il 10 di agosto la California public utilities commission, l’agenzia che regola fra gli altri servizi pubblici come la mobilità, comunica di aver autorizzato le società Alphabet, Waymo e Cruise al trasporto persone su robotaxi senza conducente, 24 ore al giorno e in tutta la città.
Una decisione accolta positivamente dall’industria automotive ma che ha suscitato anche l’opposizione di residenti e associazioni, oltre alle perplessità sulla sicurezza sollevate da enti come polizia e vigili del fuoco. Ad oggi sono già 500 i veicoli a guida autonoma disponibili a San Francisco, destinati ad aumentare (o a ridursi) in funzione dei risultati del servizio. Ma come sta andando la sperimentazione a quasi un mese dall’avvio? Dopo gli entusiasmi iniziali stanno emergendo numerose criticità che, come mostra un servizio di NBC News, potrebbero indurre la città a rimodulare il servizio.
Il ruolo della guida autonoma e i dubbi sulla sicurezza
“Sebbene non disponiamo ancora dei dati definitivi per giudicare il funzionamento delle auto a guida autonoma rispetto ai conducenti umani, credo nel potenziale di questa tecnologia per aumentare la sicurezza sulle strade”, aveva dichiarato alla stampa John Reynolds, un responsabile della California public utilities commission, rispondendo alle preoccupazioni espresse da una parte dei cittadini sulla sicurezza offerta dai robotaxi. Di fatto San Francisco diventa così il più grande laboratorio di prova per l’auto a guida autonoma, un passo importante per testare in un ambiente urbano reale le potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata alla mobilità.
Velocità e condizioni meteo le uniche limitazioni
Le regole però non sono uguali per tutti i fornitori del servizio di robotaxi. Waymo, per esempio, è autorizzato a viaggiare a velocità fino a 65 miglia all’ora (circa 100 km/h) e in condizioni meteorologiche avverse, mentre Cruise deve limitare la velocità dei suoi taxi autonomi a 35 miglia all’ora (meno di 60 km/h) e non è autorizzato ad erogare il servizio quando le condizioni meteorologiche non lo consentono. Insomma, a San Francisco si è aperta la corsa all’auto senza conducente e crescono le aziende che hanno presentato domanda alla commissione per ottenere il permesso di espandere l’innovativo servizio, fra gli ultimi anche Uber e Lyft.
Sedili vuoti e volanti che girano da soli diventano virali sui social
I robotaxi, ripresi in numerosi video sui social mentre portano a spasso divertiti (ma anche preoccupati) passeggeri, sono diventati virali, con tanto di primi piani di sedili del conducente vuoti e volanti che girano da soli. Tanti anche gli interrogativi, e le perplessità, espresse in questi primi giorni dalla cittadinanza, preoccupata da molti aspetti legati all’accessibilità per i disabili, passando dalla sicurezza, fino ai problemi sindacali sollevati dalle associazioni di taxisti. D’altro canto, il problema della sicurezza era già noto da tempo: secondo un report della San Francisco municipal transportation agency, solo dalla primavera del 2022 (quando la sperimentazione sui robotaxi era già avviata) si sono registrati quasi 600 incidenti che hanno visto coinvolti a vario titolo veicoli autonomi. Eppure, progetti come quelli di San Francisco sono fondamentali per lo sviluppo dell’auto a guida autonoma, una realtà destinata a rivoluzionare la mobilità del futuro.
L’opinione di Paul Mitchell, presidente dell’Indy autonomous challenge
Il caso di San Francisco ha riacceso il dibattito sull’auto a guida autonoma. Così per fare un punto abbiamo rivolto alcune domande a Paul Mitchell, presidente dell’Indy autonomous challenge, un progetto internazionale al quale partecipano studenti e ricercatori delle più importanti università e centri di ricerca del mondo (per l’Italia il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia), che vede sfidarsi in pista auto da gara guidate dall’intelligenza artificiale. Vediamo cosa ci ha riposto.
Dopo anni di scetticismo e alcune battute di arresto, la sperimentazione di San Francisco ha riaperto nuovi scenari sull’auto autonoma, verosimilmente quando ne vedremo una vera diffusione?
Le auto autonome sono già qui, e sono destinate a rimanere! Le abbiamo già sulle strade degli Stati Uniti, compresi servizi come la navetta autonoma di May Mobility in funzione in alcune città dell’Indiana, come Indianapolis e Fishers. Ci sono diverse aziende, alcune coinvolte in varie sperimentazioni attive, come Waymo, Cruise, Uber e altre, che offrono già servizi di robotaxi, e una dozzina di aziende che stanno testando sistemi di camion autonomi sulle autostrade americane. Inoltre, la maggior parte delle nuove auto attualmente in vendita offre già sistemi di assistenza alla guida, di fatto sistemi di guida autonoma che grazie a sensori, radar e telecamere incrementano di molto la sicurezza, contribuendo alla riduzione dell’incidentalità stradale.
Come verrà integrata la guida autonoma nei diversi Paesi del mondo?
Quello che molte persone potrebbero non sapere è che alcuni elementi importanti per la sicurezza oggi diffusi sulle nostre auto, specchietti retrovisori, cinture di sicurezza, pneumatici e sistemi frenanti, negli Usa sono stati sviluppati grazie all’esperienza in pista, nelle corse professionistiche. L’Indy autonomous challenge è la dimostrazione di come le competizioni possono accelerare l’innovazione, con ricadute positive sull’industria automobilistica. Il ritmo di integrazione dei veicoli autonomi tra i Paesi dipenderà molto dal supporto fornito dai singoli governi e dalla regolamentazione delle tecnologie. Le aziende che forniscono le tecnologie necessarie allo sviluppo della guida autonoma e le case automobilistiche attualmente sono concentrate su mercati come Stati Uniti, Cina e l’Europa occidentale. Ma col tempo i veicoli a guida autonoma sono destinati a diffondersi globalmente abbastanza rapidamente, soprattutto se i dati dimostreranno che la loro adozione può salvare vite e creare nuove frontiere economiche.
Qual è il ruolo dell’intelligenza artificiale nelle auto del futuro?
Le università dell’Indiana, dell’Italia e di tutto il mondo stanno creando team di esperti per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, dell’apprendimento automatico e di tutte quelle tecnologie e innovazioni che possiamo sfruttare per migliorare la sicurezza stradale e ridurre l’errore umano. Ma l’intelligenza artificiale è un termine ampio; gran parte dell’attenzione di governi e opinione pubblica si concentra sulla sua capacità di replicare emozioni o conoscenze umane. Ma la realtà è che l’IA, l’intelligenza artificiale, può essere applicata a molti ambiti e fra questi la mobilità è uno dei più adatti, perché vede coinvolta l’elaborazione di un gran numero di variabili, con la necessità di prendere decisioni razionali, coerenti e sicure. E prendere decisioni è qualcosa che l’IA fa molto bene; pensate che nell’ambito delle sperimentazioni in pista realizzate grazie al progetto Indy autonomous challenge, le auto guidate dall’intelligenza artificiale in meno di un anno hanno incrementato le loro performance, passando da una velocità in pista iniziale di 60 km/h agli attuali oltre 300. Concludo sottolineando che progetti come quello dell’Indiana non cercano di sostituire i piloti umani nelle competizioni. Piuttosto hanno l’obiettivo di migliorare la capacità dell’intelligenza artificiale di ridurre gli errori umani durante la guida, oggi la principale causa di incidenti stradali.
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