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A Sanaa, molti edifici costruiti prima dell’XI secolo e ora patrimonio Unesco sono crollati o danneggiati da piogge torrenziali senza precedenti.
Un altro patrimonio Unesco è stato danneggiato dai cambiamenti climatici. A fare le spese degli eventi meteorologici estremi è stavolta il bellissimo centro storico di XI secolo della città yemenita di Sanaa: centinaia di costruzioni in fango essiccato iscritte nella lista dei Patrimoni dell’umanità dal 1986 sono crollate o sono state danneggiate dalle piogge torrenziali e senza precedenti che interessano il paese dal mese di aprile.
Secondo le stime riportate Aqeel Saleh Nassar, vicedirettore dell’autorità per la preservazione storica delle città, sarebbero cinquemila gli edifici del centro storico con perdite nel tetto, e 107 quelle con il tetto completamente collassato. Moltissime le persone rimaste senza casa. Si tratta della quasi totalità del sito, se si considera che la città vecchia è composta da 103 moschee, 14 hammam e oltre seimila case, costruite tutte prima dell’XI secolo.
I crolli sono solo l’ultima piaga per un paese già fortemente provato da una violentissima crisi umanitaria: in cinque anni di guerra civile sono morte oltre centomila persone, mentre la carestia e malattie come dengue, malaria, colera e, attualmente, anche coronavirus hanno colpito gran parte della popolazione, che ora necessiterebbe di aiuti.
Quella di Sanaa era una tragedia annunciata (la città era tra i siti Unesco a rischio già dal 2015) e riporta l’attenzione sui danni inflitti ai beni patrimonio dell’umanità sia dalle guerre e sia dai cambiamenti climatici, sempre più pericolosi e difficili da gestire.
Per tentare di mitigare la situazione, l’Unesco ha adottato nel 2006 diverse strategie, pubblicando tra gli altri il documento di policy sull’impatto dei cambiamenti climatici, aggiornato lo scorso 31 luglio in collaborazione con Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura) e Iccrom (Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali).
Secondo la nuova versione, entro il 2030, il documento suggerisce a tutti gli Stati una serie di linee guida per migliorare le misure di adattamento dei siti al cambiamento climatico e auspica la riduzione dell’impronta di carbonio dei singoli patrimoni rispetto ai valori del 2020. Si afferma insomma che i siti Unesco devono prendere le misure necessarie per ridurre le proprie emissioni e dare il proprio contributo alla lotta al cambiamento climatico. Una buona dichiarazione d’intenti, ma con poche misure concrete, che rischia di restare inascoltata e che, una volta di più, non protegge i siti fragili come Sanaa.
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